MONTECARLO – Non do mai troppo peso ai miei pronostici. So che azzardandoli è inevitabile anche sbagliarli. Resta, tuttavia, un problema di misura: non è piacevole sbagliarli clamorosamente (e nemmeno sbagliarli con clamorose percentuali negative). Ma confesso che dopo il 6-2 inflitto da Andy Murray in 50 minuti a Rafa Nadal, ho provato un certo imbarazzo. E, faccio outing, nell’intimo ho sperato che Rafa, preso in velocità dai rovesci traccianti dello scozzese e dominato nel primo set a quel modo, avesse quantomeno una reazione che gli evitasse una severa, umiliante punizione anche nel secondo set. È finita come sapete. E davvero non mi esalto per aver azzeccato il pronostico, perché so già che prima o poi ne sbaglierò più d’uno. Tuttavia non credo proprio di poter sbagliare quello anticipato ieri e che ribadisco adesso: non vedo davvero come questo Nadal possa perdere da Gael Monfils, battuto 11 volte su 13 (le due perse a Doha sul cemento), con un pessimo record nelle finali (appena 5 vinte su 23), ma soprattutto con un tipo di tennis che a mio avviso non può dar alcun fastidio a Rafa. Infatti chi non riesce ad anticipare i colpi e a prenderlo in velocità (come può fare Murray con il rovescio e Djokovic con entrambi i fondamentali) è destinato a soccombere, ogni volta che il maiorchino versi in una condizione psicofisica sufficiente.
Monfils non è davvero un tipo che anticipa molto i propri colpi. Troppo spesso si ritrova a “remare” quattro metri oltre la riga di fondocampo. Immagino che tenterà di aggredire la seconda servizio di Rafa che però anche oggi ha servito la prima palla il 76% di volte, 3 su 4 quindi. Insomma non è che ti dia tante occasioni di attaccarlo. Monfils non si illuda troppo. Del resto i bookamakers della SNAI mi pare si trovino sulla mia stessa lunghezza d’onda: la nona vittoria di Rafa Nadal nel Principato viene pagata ad un quarto della puntata, 1-4, davvero poco, anche se i frequentatori del Casinò qui potrebbero pensare di investire un milione di euro per puntare a prenderne 250.000 (non lo sto suggerendo eh, è che qui ho visto fare delle puntate folli su roulette e Black Jack quindi ci sta di tutto!), mentre quella di Monfils quasi tre volte la posta: 4-11. Su 100 finali di Rafa Nadal, 20 sono di Slam (14 vinte) e 42 di Masters 1000 (27 vinte). Insomma Nadal ha conquistato 41 vittorie di grandissimo prestigio su 100 finali. Perfino io, noto matematico, riesco a scrivere la percentuale. Sono già in maggiore difficoltà con il record di Ivan Lendl: il campione di Ostrava ha giocato 146 finali vincendone 94 e perdendone 52. Di quelle 94 sono grandissimi tornei 8 Slam, 5 Masters di fine anno, 3 WCT finals e 22 “pseudo” Masters 1000: totale 38. La sua percentuale di grandi vittorie su 94 trionfi è pari al 40,5%. Pazzesco no? Una percentuale quasi identica a quella di Nadal! Un pelino inferiore (se non ho sbagliato il conto dei tornei da ritenere davvero importanti: ce ne sono stati molti del circuito WCT, ad esempio, che è difficile lasciar fuori… ma un criterio andava trovato).
Al di là di chi ha vinto e di chi ha perso la prima semifinale che, prevedibilmente, è stata di gran lunga la più interessante (salvo che per i francesi…), devo qui dire che sono proprio contento per il fatto che abbiamo rivisto una sfida di ottimo livello, salvo qualche inevitabile pausa qua e là dell’uno e dell’altro. Abbiamo rivisto due giocatori che cercavano di fare il punto e non solo di difendersi. Entrambi sono stati spesso accusati da molti aficionados – in particolare naturalmente quelli di Federer e Djokovic – di essere addirittura due “pseudo-pallettari” (definizione dei più critici) o di essere “troppo attendisti” (definizione dei più tolleranti). Ha condiviso la mia osservazione relativa ad un Nadal più aggressivo Adriano Panatta, tornato a Montecarlo dopo tanti anni, lui che qui aveva vinto il doppio con l’amico Paolo Bertolucci nel 1980 (battendo due Carneadi, tali semisconosociuti Gerualaitis-McEnroe). Adriano ha infatti commentato: “Ho rivisto Rafa Nadal che cercava, e trovava, i winners. Per troppo tempo si limitava invece a tirar la palla di là…”. Va detto che ieri sera nella serata di gala dello Sporting di Montecarlo, Adriano Panatta, 66 anni, è stato uno degli ospiti d’onore insieme al novantaduenne tennista americano Budge Patty, all’ottantreenne Nicola Pietrangeli e a Zeljko Franulovic, 79 anni, direttore del torneo di cui è stato campione nel ’70 (in finale su Manolo Orantes) qui nel Principato. Forse gli applausi più forti e sentiti sono stati proprio per Adriano, che – come sapete – è stato invitato anche dalla Federazione Francese per effettuare la prossima premiazione del singolare maschile degli Internazionali di Francia 40 anni dopo il suo trionfo. Ho già scritto su questo sito che è assolutamente ridicolo che invece il suo trionfo romano, sempre 40 anni fa, venga ignorato per sciocche ed infantili ripicche dalla nostra Federtennis che quest’anno non sa che pesci pigliare per… evitare di celebrare l’anniversario dei 40 anni dalla conquista della nostra unica Coppa Davis. Vicende francamente penose. Chiunque avesse ragione sulle vicende che hanno coinvolto gli avvocati della FIT e quelli di Panatta – sulle quali non mi esprimo perché non ho letto gli atti e non conosco tutti i dettagli che le hanno provocate – trovo che nessuno dovrebbe pretendere di cancellare la storia. Se anche Panatta avesse compiuto le peggiori malefatte, nessuno può togliergli le vittorie al Foro Italico, al Roland Garros, a Santiago. Spero proprio che anche i giornali più asserviti, e i colleghi più “influenzabili”, non si lascino condizionare al punto di usare cimose e spugne per “dimenticare” alcune delle pagine più gloriose ed importanti della nostra storia tennistica.
Chiuso l’inciso panattiano torno a bomba sui winner di Nadal, sottolineati da Adriano. I vincenti di Rafa sono stati 35, tanti in effetti per uno come lui, come tanti sono anche gli errori gratuiti, 38. Su questo ultimo dato però si devono fare almeno un paio di distinguo. Il primo: tanti errori gratuiti Nadal li può fare solo se prende molti rischi. E se li prende vuole dire – segno positivo – che è tornata l’antica fiducia nei propri mezzi. Il secondo: quando Nadal e Murray si affrontano gli scambi sono spesso lunghi, intensi, giocati a grandissimo ritmo e con corse pazzesche da una parte all’altra del campo. Se alla fine di 10/12 palleggi uno dei duellanti sbaglia una palla che all’addetto alle statistiche pare SOGGETTIVAMENTE (il maiuscolo è voluto) gratuito, in realtà forse questo è la conseguenza di una situazione tecnicamente e atleticamente (a volte anche psicologicamente, se l’avversario ha compiuto un recupero pazzesco…) complessa e l’errore successivo è quindi tutt’altro che gratuito! Spero di essere riuscito a rendere l’idea. Sono quindi contento che il tennis abbia ritrovato un suo grande protagonista, Rafa Nadal, senza averne assolutamente perso per strada un altro, perché Andy Murray per circa un’ora e mezzo è stato anche lui fortissimo, molto aggressivo e determinato. Solo che, mentre 68 minuti gli erano bastati per far fuori Raonic, 90 non bastano quasi mai per mettere k.o.Nadal. Murray ha colto tanti punti con l’anticipo della sua arma migliore, il rovescio, ma tanti anche con il dritto, sebbene il suo dritto sia stato in genere più efficace quando lo ha incrociato. Quello lungolinea non è invece un pezzo pregiato del suo repertorio.
La loro semifinale ha semmai sottolineato un altro aspetto non secondario e che non sarebbe stato davvero sorprendente negli anni del dominio monegasco nadaliano (2005-2102): con il passar del tempo Rafa, che pure a giugno avrà 30 anni, non molla in fatto di condizione atletica e resistenza, mentre Murray, che ne avrà 29, un tantino cala. Secondo me perché le angolazioni mancine di Nadal sono più accentuate dei colpi destrorsi di Murray, e al di là dei chilometri percorsi dai due contendenti, lo scozzese è costretto a “bruciarsi” in molti più scatti che non non il maiorchino. E così si consuma prima. Questo non accade a Djokovic perché il serbo gioca con i piedi maggiormente dentro la riga di fondocampo rispetto a Murray e, accorciando il campo, taglia anche diversamente gli angoli e deve prodursi in scatti meno furibondi. Due ore e mezzo di match contro Nadal pesano sul fisico di Murray molto di più di quanto pesino su quello di Djokovic. Sarebbe sbagliato quindi ritenere che Murray abbia poca resistenza o che sia poco preparato atleticamente. È un problema tecnico. Che Monfils in finale avvertirà e subirà in modo ancora più pesante, perché Gael tende a giocare ancora più indietro di Andy Murray.