[5] R. Nadal b. [13] G. Monfils 7-5 5-7 6-0 (da Montecarlo, Carlo Carnevale)
In ginocchio, con i pugni stretti dopo un pauroso vincente di dritto in corsa lungolinea, uno dei suoi. Con il completo arancione ad amalgamarsi con il terreno del Centrale Ranieri III, come a sottolineare l’appartenenza del torneo di Montecarlo al cuore di Rafael Nadal, e viceversa. È questa la fotografia conclusiva del Montecarlo Rolex Masters 2016, la numero 110.
Era una mattinata buia e tempestosa, poi lo squarcio di sole nel cielo della Costa Azzurra: Rafael Nadal rivendica il trono di Principe a Montecarlo, sollevando il trofeo per la nona volta in dieci finali. È il Masters 1000 numero 28 per lo spagnolo, che artiglia Novak Djokovic in cima alla lista dei più vincenti della categoria: pareggiato anche il conto dei trionfi al Roland Garros, con Parigi a poche settimane di distanza e quindi una enorme iniezione di fiducia per tentare l’assalto alla “decima”. Si tratta inoltre del 48esimo titolo sulla terra rossa, a fronte di sole 8 finali perse (l’ultima a Madrid contro Murray, lo scorso anno), superficie sulla quale ha vinto, con questo, almeno un torneo negli ultimi tredici anni (l’ultimo successo ad Amburgo 2015, nella finale in cui Fabio Fognini accusò lo zio dello spagnolo di disturbarlo dalla tribuna).
Tribune gremite ma non esaurite, pochi posti vuoti probabilmente dovuti al pesante scroscio d’acqua delle ore precedenti, che ha ritardato l’inizio delle attività al Country Club (la finale del doppio è stata vinta dai francese Herbert/Mahut, contro Jamie Murray e Bruno Soares); Nadal combatte con la pressione e le aspettative di un paese intero, che sospinge Monfils con boati forse più consoni allo stadio Louis II, distante pochi chilometri. Il guadalupense arringa più volte la folla con ampi gesti, voltandosi, dopo i punti più importanti, con sguardo determinato verso il proprio box (dove siede anche Caroline Wozniacki, con il tutore alla gamba, qui presente per un evento Rolex a cui ha partecipato ieri, oltre che residente a Montecarlo). L’ultimo francese a vincere questo torneo resta però Cedric Pioline, che ci riuscì nel 2000 sconfiggendo nell’atto conclusivo Dominic Hrbaty in tre set (si giocava ancora tre su cinque in finale).
Monfils soffre il palleggio paziente dell’avversario, dovuto anche all’estrema lentezza del terreno impregnato, e cerca soluzioni vincenti appena possibile: il gioco tutt’altro che percentuale rende l’intero match un viaggio sulle montagne russe, con bolidi di dritto sulle righe che si alternano a pallate sui teloni di fondo campo. Il servizio di entrambi si rivela fattore ininfluente per i primi due set, la metà dei turni di battuta è a favore di chi risponde e nel complesso il terzo set è la soluzione più giusta, con un 7-5 per ciascuno dopo due ore e un quarto: Nadal conduce gli scambi, ma soffre in uscita dal servizio, Monfils indovina clamorose accelerazioni e subito dopo commette doppio fallo. Nel primo set lo spagnolo non sfrutta per due volte un vantaggio di un break, fino a quello decisivo del dodicesimo gioco, che si chiude su un doppio fallo del francese. Il dritto è il colpo chiave per entrambi, con Monfils lo cerca anche quando costretto a girare attorno alla palla, per non rimanere imbrigliato nella diagonale sulla propria sinistra. Nadal si vede infliggere anche un warning per time violation, da quel Carlos Bernardes cui aveva destinato le sue polemiche lo scorso anno, e al quale invece sorride cordialmente sia prima che dopo il match, stringendogli la mano. Il richiamo di Bernardes non è però passato inosservato a James Blake, ex numero 4 del mondo (che durante gli ultimi US Open fu arrestato per errore dalla polizia di New York), che su Twitter ha lanciato una velenosa frecciatina al giudice brasiliano. Monfils ricuce lo strappo con un secondo set meno impulsivo e di grande tenacia, bravo a non sciogliersi quando a sua volta non riesce a confermare il break in due occasioni: il ruggito del Centrale sulla volèe che Nadal sbaglia per portare Monfils a palla break, poi convertita e finalmente seguita dalla chiusura del set, sottolinea la passione con cui il popolo monegasco cerca di sostenere il coloured parigino.
Il primo successo di Nadal a Montecarlo risale al 2005, quando al primo turno sconfisse proprio Gael Monfils nel loro primo confronto in assoluto (bilancio aggiornato a 12-2, 5-0 sul rosso): fu la prima di 46 vittorie e otto titoli consecutivi dello spagnolo nel Principato, striscia interrotta da Novak Djokovic nella finale del 2013. Djokovic era stato anche l’ultimo avversario battuto da Nadal in finale a Montecarlo, quando il tennista di Manacor trionfò nel 2012 (in quell’occasione il serbo dedicò il trofeo del finalista al nonno, defunto qualche giorno prima). Curiosamente, entrambi i finalisti di oggi hanno vinto il loro primo torneo a Sopot, in Polonia (Nadal 2004, Monfils 2005). Nadal migliora il bilancio contro i francesi su terra rossa a 29-1, con l’unica sconfitta che risale addirittura al 2004, a Palermo, contro Olivier Mutis. Il maiorchino torna quindi a stringere lo scettro monegasco, e lo fa alla sua maniera, lottando e soffrendo al massimo prima di affondare il morso decisivo (come quello che imprimerà sulla coppa) quando l’avversario è allo stremo: Monfils infatti va in caduta libera dopo aver impattato il conteggio dei set, perdendo il terzo parziale a zero, ormai svuotato di qualsiasi energia. Gael, che se avesse vinto il torneo sarebbe rientrato in top 10, perde così la sua terza finale a livello Masters 1000, dopo quelle consecutive raggiunte a Parigi-Bercy nel 2009 e 2010: resta invece il primo giocatore classificato in doppia cifra a raggiungere la finale qui a Montecarlo, proprio dai tempi di Nadal, nel 2005, ma si dimostra una volta di più privo di killer instinct, appena 5-19 nelle finali giocate.
In conferenza stampa, il parigino è contento di come ha giocato la finale: “I primi 2 set sono stati durissimi, di un’intensità incredibile, che purtroppo ho pagato nel terzo set. Ma sono soddisfatto della mia finale e del torneo che ho fatto. Proseguo la preparazione per il Roland Garros con grande fiducia in gran forma. Se mi chiedete se Rafa Nadal sia ora definitivamente tornato, vi rispondo che è un grande campione ed è di nuovo ai livelli di competitività che gli permettono di lottare ancora per i più grandi traguardi”. Rafa Nadal è felice di essere tornato al successo e lucido nell’analizzare il match: “All’inizio del terzo set, il match era in bilico: per spostarlo dalla mia parte ho dovuto portare Gael a farmi giocare il più possibile il mio dritto. Questa è stata la chiave della vittoria. In ogni caso i complimenti fatti a Monfils nel dopo partita davanti al pubblico non erano di rito: Gael è stato grandioso, del resto è 5° nella Race e, pur avendo avuto alti e bassi in carriera, quando è in forma è capace di qualsiasi colpo. Io preferisco giocare quando c’è il sole, questo tempo nuvoloso ha ridotto il rimbalzo dei miei colpi in top, ma ora che me lo fate notare (riferito ai giornalisti presenti, ndr), devo dire che anche Gael ha avuto problemi al servizio per lo stesso motivo: con le palle più pesanti la battuta non può essere velocissima”.
Lo spagnolo viene accolto da un tripudio amorevole al momento della premiazione, e mostra un sorriso quanto mai genuino quando alza il trofeo, simile ad un tulipano, rimanendo in un fiero silenzio al suonare dell’inno spagnolo (era invece letteralmente impaziente durante quello monegasco, pochi minuti prima del match). Dopo il successo in semifinale, Nadal aveva detto di sapere che “non tornerò mai quello del 2008 o del 2013. Adesso il mio obiettivo è migliorare giorno dopo giorno”. Di certo, le emozioni sono le stesse che regalava ai tempi d’oro, quando le rincorse su ogni palla lasciavano intravedere la fame di un atleta mai domo, e la voglia di vincere di un campione senza eguali. Tornato o meno, Nadal sarà protagonista senz’altro nella stagione sul rosso e al Roland Garros. Ancora una volta.