Avere l’opportunità di essere inviato al torneo di Montecarlo, oltre all’enorme soddisfazione di realizzare la terza trasferta per Ubitennis, dopo Montecarlo 2014 (qui il racconto del mio strampalato battesimo all’epoca da inviato sul posto) e US Open 2015 (qui le peripezie fantozziane dell’avventura newyorkese), permette di vivere esperienze sempre nuove (a dispetto dell’apparente ripetitività di cronache e conferenze stampa post-match), sebbene costantemente caratterizzate per chi scrive da situazioni grottesche e tragicomiche.
La profezia di Martin Skinner, coach di Aljaz Bedene
Il primo match che scelgo di seguire alle 10:30 di lunedì 11 aprile, per scriverne la cronaca, è l’imperdibile Bedene-Rosol: perché una scelta così brillante? Perché non vedevo l’ora di sistemarmi sugli spalti, prendere appunti, correre in sala stampa a scrivere di getto. Divertimento, sofferenza, frenesia, corse in mezzo ai tifosi. Tutte emozioni che mi mancavano, così battezzo il primo match di giornata non scelto dai miei compagni di viaggio, Laura Guidobaldi e Carlo Carnevale, tutti baldanzosi perché ancora liberi dal giogo del Direttore Scanagatta, autentico spauracchio di ogni collaboratore inviato. Raggiungo il periferico campo 9 e scelgo di sedermi vicino a un tizio che dimostra circa 35 anni e attira la mia attenzione per avere un pass al collo con scritto sopra “COACH”. Si tratta di Martin Skinner, che mi fa venire in mente il direttore Skinner della scuola elementare di Springfield de “I Simpsons”. Il mio scopo non è chiedergli cosa provi ad avere lo stesso nome di uno dei più amati personaggi dell’indimenticabile serie TV, ma carpire qualche dritta sul giocatore che segue, Aljaz Bedene. Coach Skinner si dimostra molto disponibile e chiacchiera amabilmente con me durante i campi campo. La frase che sembra la classica banalità si rivela invece profetica: “Mi chiedi cosa mi aspetto se Aljaz vince oggi (come farà, ndA) e affronterà domani Rafa Nadal? Mi piacerebbe giocasse con la massima tranquillità, sciolto come chi non ha niente da perdere, perché Rafa è imbattibile”. Beh, visto come si è concluso il torneo, devo dire che il cognome Skinner è garanzia di qualità, del resto l’altro (Seymour, quello dei Simpsons), oltre ad avere conquistato il cuore di Edna Caprapall (maestra sola e abbandonata dal marito, ancorché con un fascino nascosto ma seducente), aveva pure fatto il Vietnam…
Il party allo Yacht Club di Montecarlo in compagnia di un Gianni Clerici sommelier e malinconico
Le giornate si susseguono intense e frenetiche, ma il meglio deve ancora venire e non sarà sulla terra rossa del Centrale di Montecarlo. Giovedì 14 Ubaldo, che ci ha raggiunto il giorno prima, rimedia per noi fedeli inviati un preziosissimo invito all’esclusivo party alla Ballroom dello Yacht Club del Principato che celebra i 50 anni del connubio tra Sergio Tacchini e il mondo della racchetta. L’occasione è troppo ghiotta per… lasciarsi sfuggire patè de foie gras, agnello, sushi di livello siderale, dolci e grandi vini. Già, i vini: a parte (numerosi) calici di Champagne, su cosa orientarsi per accompagnare fois gras e agnello? Mentre mi arrovello sull’affannosa questione, si materializza Lui, lo Scriba, Gianni Clerici (intervistato da Ubitennis poco meno di un anno fa): “Buona sera Gianni, ci siamo conosciuti in sala stampa sempre qui due anni fa, sono di Ubitennis, si ricorda?”. “Ah scusa, certo, mi ricordo di te”. Strepitoso Scriba, è lui a scusarsi per non avere riconosciuto me… Anche qualora stesse facendo uso della sua proverbiale ironia per salutare un ammiratore un po’ molesto, la classe e la disponibilità dell’agile ottantacinquenne sono entusiasmanti: “Ti vedo con due piatti in mano, ma non bevi nulla? Vieni con me, ti faccio gustare il Chambertin, un rosso di Borgogna eccellente”. Il palato conferma: anche sui vini, Clerici è da Hall of Fame, come la stessa Montecarlo confermò con una premiazione dedicata nel 2012. Finita la cena, lo Scriba si fa più malinconico davanti a una foto che ritrae un biondo e vitale Vitas Gerulaitis negli anni ’70. Clerici sorride con un velo di tristezza: “Questo è stato un mio grande amico, mi soffiava qualche ragazza all’epoca, ma pazienza… La sua scomparsa fu molto brutta, sia per la perdita di un amico sia per il chiacchiericcio che si stava creando: l’incidente domestico col gas era evidente, ma in molti cominciarono a dire che era pieno come un uovo di cocaina e che avrebbe fatto comunque molto presto quella fine. Vere o meno che fossero le voci sull’uso della polvere bianca, parlarne appena era scomparso fu a dir poco squallido. Quando mi chiesero di scrivere sulla sua morte, volli vedere gli esiti dell’autopsia, che naturalmente riportai: nel suo corpo non c’era un briciolo di coca”.
L’elegante “Grand Nuit du Tennis”, preceduta da un agghiacciante scena da commedia degli equivoci
Il giorno dopo, venerdì 15, arrivo al Country Club portandomi dietro l’abito e la cravatta da indossare a “La Grand Nuit du Tennis”, la tradizionale cena di gala offerta al Montecarlo Sporting Club ai giornalisti accreditati. Al termine di un’altra intensa giornata di tennis in tribuna stampa, cronache e interviste, io e il giovane collega Carlo Carnevale ci dirigiamo verso gli spogliatoi per cambiarci e indossare i completi consoni alla serata che ci aspetta. È a quel punto, al momento di infilarsi la cravatta, che il brillante uomo di punta della redazione di Ubitennis tradisce la sua giovane età: “Ruggè, mi dai una mano a fare il nodo alla cravatta? E che resti tra noi, mi raccomando!” “Ma certo Carlo, il mio aiuto non uscirà dagli spogliatoi del Country Club…” Ma qui, mentre davanti allo specchio sono dietro a Carnevale annodandogli la cravatta, passa un collega buontempone, che vede due virgulti giovanotti, uno dei quali intento a curare l’abbigliamento dell’altro: “Ah, l’amour!“, esclama il rozzo transalpino. Disgustati da siffatta esternazione d’omofobia, continuiamo la nostra affettuosa vestizione.
Pronti, la Cena di Gala ci attende. Entrati nell’atrio del Montecarlo Sporting Club, presentiamo il nostro invito e veniamo assegnati al tavolo 243. Appena si sono tutti accomodati, dopo un primo bicchiere di Champagne offerto come benvenuto, vengono annunciate le due glorie nazionali del tennis italiano. “Mesdames et messieurs, il tre volte campione di Montecarlo (sollevò il trofeo nel ’61, nel ’67 e nel ’68, ndA) e del Roland Garros ’59 e ’60 Nicola Pietrangeli” e “l’unico tennista capace di battere Bjorn Borg al Roland Garros, Adriano Panatta (ci riuscì nel ’73 e nel ’76, l’anno in cui portò a casa la Coppa dei Moschettieri, ndA)”. Mentre l’orgoglio nazionalistico stimola il mio già marcato appetito, comincia la cena, il cui menù è fortemente criticato da un Gianni Clerici al solito inarrivabile (e presente al nostro tavolo grazie ai sotterfugi messi in atto dal Direttore Scanagatta): “Ma dimmi tu se è questo il modo di presentare un piatto: <<zuppetta al delicato sentore di pomodoro>>… ma và a ciapa’ i ratt! Bastava dire <<zuppa al pomodoro>>, finito”. Già me li vedo, le creazioni elaborate e vanagloriose di personaggi come Gualtiero Marchesi, Carlo Cracco e gran parte degli chef transalpini massacrate senza pietà da questa versione inaspettatamente concreta e diretta del Dottor Divago (sembra quasi che anni e anni di telecronache spalla a spalla con Rino Tommasi gli abbiano trasmesso quell’immediatezza che ha sempre caratterizzato le parole dell’altro componente del Duo Matusa… Ah, che inarrestabile nostalgia di quei due!). D’altra parte, lo Scriba può a pieno titolo dissacrare il pretenzioso menù (che si conferma alquanto deludente, vini e dessert a parte), perché dalla sua bocca arriva un’osservazione perfetta dello spettacolo successivo alla cena. Vanno in scena mimi, musicisti, acrobati e diversi corpi di ballo, ma tutto questo risulta agli occhi di chi scrive non poco noioso. Mentre non trovo di meglio che divorarmi i quattro cioccolatini in omaggio che riproducono il marchio Rolex (una volta distrutta l’elegante confezione che li conteneva), Gianni si avvicina e sentenzia: “Questo spettacolo è una perfetta espressione dell’arte contemporanea: molto astratta, per nulla visiva”. Ecco, in tre parole, un’analisi artistica chiara e lucida, che ben pochi soloni intellettuali contemporanei avrebbero reso con tale sintesi e chiarezza.
Lo spietato Direttore Ubaldo Scanagatta… contagiato da Rino Tommasi
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