Nonostante Flavia Pennetta abbia detto e ridetto che vorrebbe dedicarsi a fare la mamma, l’approssimarsi delle Olimpiadi sembra aver risvegliato antiche tentazioni tra i vertici dello sport italiano. È intervenuto ancora una volta Giovanni Malagò, dichiarando in sede CONI – nel giorno della scontata “proclamazione” di Federica Pellegrini quale portabandiera azzurra alle Olimpiadi di Rio – che “sto lavorando per questo”. Insomma sembra che l’ansia da medaglie stia riaccendendo qualche fuoco che forse covava sotto la cenere. E del resto alcune dichiarazioni più recenti di Flavia sono apparse un filo più possibiliste. Il direttore Ubaldo Scanagatta ha pensato di scrivere in proposito una lettera aperta a Flavia Pennetta
Cara Flavia,
non so se si tratti di esercizio retorico, di Giovanni Malagò, e più di lui dell’ineffabile presidente FIT che si vanta dei grandi exploit “delle nostre donne” (ma oggi che fra loro e i primi frutti del lavoro dei nostri tecnici federali la prima giocatrice italiana è n.275, la seconda n.285, che dirà mai?) come di quei colleghi (un po’ ruffianelli vero?) che con vari appelli ed articoli invocano un tuo ritorno al tennis giocato.
Dal loro punto di vista posso anche capirli, anche a me manca la tua freschezza, la tua simpatia, il tuo sorriso e certi tuoi risultati (certi eh, non proprio tutti…), ma non sono così egoista da pensare prima a me stesso piuttosto che a te, alla tua credibilità, al rispetto per la decisione che hai preso ed annunciato. Nel momento più bello. Per te, per il tennis italiano, per noi tutti. Bello e commovente fino alle lacrime. Unico, temo, per almeno un decennio, e spero non per sempre. Io credo che non riuscirò a vederne altri così: due italiane in finale di uno Slam! Pazzesco.
Tu non dar loro retta. Chi ti consiglia a quel modo non ha la minima idea, al di là delle dichiarazioni di comodo, di sparate “acchiappasimpatia” tipiche dei “politici”… di che cosa significhi allenarsi seriamente per essere competitivi ai massimi livelli (che sono quelli cui tu hai sempre gareggiato), di che razza di concentrazione sull’obiettivo si debba avere, di che cosa un atleta di primo livello debba fare per recuperare dopo 9 mesi di distacco mentale, psicologico, fisico ed atletico dall’impegno agonistico quotidiano. E dopo, incidentalmente lì in mezzo, anche un matrimonio!
Un ripensamento, figurati, sotto un profilo strettamente giornalistico sarebbe il mio… pane! Ubitennis sarà presente a Rio de Janeiro con Vanni Gibertini oltre al sottoscritto. Sai che meraviglia se tu fossi lì in veste di partecipante! Certo che mi converrebbe poterne parlare, dissertare qui su Ubitennis, suscitare dibattiti al primo eventuale exploit o più probabilmente (scusa se la penso così…) alla prima sconfitta e pure alla seconda… oppure per qualche sognatore è ipotizzabile il ritorno sulle scene di una Flavia che domina la scena tennistica mondiale e non perde più dalla prima partita all’oro di Rio?
Ma chi ti vorrebbe spingere davvero a giocare (e alla fine io non credo che ti spingerebbe neppure Giovanni Malagò che non è uno stupido anche se ogni tanto ama recitare copioni romantici) è gente leggera, superficiale, rimasta tale sebbene sia stata a contatto per una vita con grandissimi campioni. Gente che avrebbe quindi dovuto imparare almeno quella lezione. Nello sport non si bleffa. Si vince con il sudore, la fatica, i sacrifici, l’organizzazione non solo logistica di una equipe completa (coach, fisio, medico, nutrizionista, massaggiatore, psicologo… e chi più ne ha più ne metta) e niente, nemmeno una sola vittoria è garantita dal nome, dal solo fatto di scendere in campo.
Sarebbe folle crederlo. Folle, superficiale e leggero come le persone, che senza nemmeno ricordare i tuoi 33 anni, il tuo sbandierato diritto-dovere-piacere a compiere una svolta nella tua vita fin qui dedicata quasi completamente al tennis, insistono a suggerirtelo. Arrivando anche a citare aspetti che non li riguardano, tipo i soldi che perdi… (chiaro che qui non mi riferisco a Giovanni Malagò che questi discorsi non li ha mai fatti) come se ad una tennista che ha fatto la carriera che hai fatto, che ha raggiunto i traguardi che hai raggiunto, le motivazioni economiche dovessero avere o prendere il sopravvento sull’orgoglio di chi non accetterebbe mai di non essere, di non ritrovarsi all’altezza con se stessa, con le proprie aspirazioni, con il proprio brillante passato e… addirittura con l’ingombrante presente che ancora ti vede, cara Flavia, fra le prime 15 tenniste del mondo, dopo essere salita fino al sesto e via via discesa solo perché non hai più giocato.
Se tu tornassi a competere nel circuito WTA, saresti subito attorniata da decine di tenniste “piranha” eccitate all’idea di poter spolpare una top-15, nonostante tutta la simpatia che ti sei sempre saputa attirare (con pieno merito) fra le colleghe. Ma per molte batterti resterebbe una questione di sopravvivenza, oltre che di prestigio, di lustro.
E tu sai benissimo, salvo che nel frattempo tu sia diventata quella che non sei mai stata (una gran presuntuosa cioè), che nonostante tutte le importanti esperienze che hai accumulato anche “risorgendo” da varie tipologie di infortuni e di prolungate assenze nel corso della tua carriera (dal tifo preso con le cozze da ragazzina, dalla cocente “delusione Moya” all’operazione al polso di soli pochi anni fa che ti fece uscire dalle top-100)… tornare a battersi con le migliori giocatrici del mondo significherebbe affrontare inevitabilmente anche un percorso doloroso costellato di (sicuri) dubbi, di (probabili) sconfitte, di (evitabilissime) critiche.
Le stesse che sono sempre piovute su quei campioni che non hanno avuto la forza, la tua forza, di ritirarsi quando erano sulla cresta dell’onda, diventando invece spesso patetiche controfigure di se stesse.
Sei stata coraggiosa quel 12 settembre a fare quell’annuncio. Chissà magari nei mesi successivi qualche volta sarai andata a letto chiedendoti “Ma non sarò stata troppo impulsiva?”, perfino chi ti vuole bene come papà Oronzo e mamma Concita che hanno gioito, ma anche sofferto con te per tutti questi anni (non uno o due, ma almeno 25!), a momenti avrebbero sognato che tu potessi continuare per sempre. Forse anche Fabio, non so.
Ma sei troppo intelligente per non capire che un “ritorno al futuro”, di nuovo vestita dall’Adidas invece che da un abito da sposa, da mamma, sarebbe un errore. Perché, qualunque suono ti facciano udire le sirene che invocano il tuo ritorno, tu sei la prima a sapere che a Rio non si arriva senza 6 mesi di sacrifici, gare, tensioni, sconfitte, e… non è a che a Rio troveresti un bel tabellone scodellato per farti fare bella figura. Anzi.
Quindi, cara Flavia, non dar retta alle sirene, non ti fidare, loro non si preoccupano di te e per te. Vorrebbero soltanto che tu, con un colpo di racchetta magica, risolvessi i loro problemi. Troppa gente vive alle spalle degli altri, sperando che altri risolvano i loro problemi, consentendo loro di salire sul carro dei vincitori. Come hanno sempre fatto. Tu non ti fare abbindolare.
Ciao, con affetto, e senza mai dimenticare le belle emozioni che mi (e ci) hai dato, fino a quella splendida vittoria su Aga Radwanska e a quella ultima, ultimissima, dignitosa sconfitta con Maria Sharapova.
Ciao, un abbraccio affettuoso.
Ubaldo (quello tosto… come mi definisci tu!).