dal nostro inviato a Madrid
Confesso che, quando la redazione mi ha chiesto gentilmente di raccontare il match del giorno qui alla Caja Magica, sono rimasto in dubbio fino all’ultimo. Dopo aver visionato l’order of play ed essermi affidato alla sfera di cristallo, ho dovuto estrarre una monetina per scegliere tra il debutto di Stan Wawrinka contro Nick Kyrgios e l’elettrizzante match femminile sul campo 4 tra Laura Siegemund e Sorana Cirstea. Alla fine ho optato, anche se di un’incollatura scarsa, per il primo.
Programmata come secondo match sul Grand Stand (che sarebbe il terzo centrale) dopo Berdych-Istomin, la sfida tra il campione in carica del Roland Garros e l’uomo che ha prenotato il prossimo futuro del tennis mondiale ha fatto registrare il sold-out con file di decine e decine di spettatori in ciascuna delle sedici porte di accesso all’impianto, in attesa che si liberasse un posto. Tutto esaurito anche in tribuna stampa e, dopo i primi commenti al match con i colleghi di altre testate, uno spettatore italiano alle mie spalle mi ha chiesto gentilmente un parere su quella che lui, oggi come nei giorni passati, riteneva una programmazione quantomeno discutibile che, sempre secondo lui, al Foro Italico non sarebbe mai passata.
Ora, premesso che sull’organizzazione di questo torneo e sul confronto che ormai da anni viene fatto con Roma tornerò nei prossimi giorni (se ne avrò la possibilità), in due parole ho cercato di far capire allo spettatore (che tra virgolette si è detto anche nostro lettore) che ogni torneo ha le sue esigenze e che verso spagnoli/e e rumene/i c’è sempre un occhio di riguardo perché siamo in Spagna e il patron del Mutua Madrid Open è Ion Tiriac, rumeno. Poi c’è la questione del rango dei giocatori e quindi Andy Murray, n°2 del mondo e campione in carica, non può debuttare fuori dal Manolo Santana nemmeno se il suo avversario è il qualificato Radek Stepanek (che peraltro è sempre in grado di garantire un certo spettacolo) così come Nadal, Djokovic, Sharapova e Serena Williams (se ci fossero state).
Detto questo, Wawrinka-Kyrgios potevano tranquillamente metterlo sul Sanchez che ha mille seggiolini in più (3.500 contro 2.500) e sarebbero stati comunque pochi. Perché l’unico elvetico rimasto quando è in giornata fa spavento (oltre ad avere due slam in bacheca) mentre l’australiano è suo malgrado uno show-man e alla gente piace il tennis ma non disdegna lo show. Poi, non trascurabile, la presenza di Mohamed Lahyani sullo scranno del giudice: spettacolo nello spettacolo.
Il colpo d’occhio cromatico, sotto il sole abbagliante di Madrid, è di eccellente qualità: Stan the Man in giallo-nero, Nick in blu e vinaccia. Tra i due non corre buon sangue fin dal loro secondo head-to-head, quello di Montreal 2015, quando insieme alle palline volarono oltre le righe pure parole grosse che coinvolsero anche Donna Vekic e Thanasi Kokkinakis. Insomma, probabilmente si detestano amichevolmente ma nel momento in cui si gioca a tennis contano i fatti.
E i fatti sono questi: ventisei giochi senza un break, con il ragazzo di Canberra che ha avuto il merito di portare a casa entrambi i tie-break. Nick sembra sempre trascinarsi stancamente per il campo, quasi come se si portasse il mondo sulle spalle curve. Scuote la testa, di tanto in tanto lancia qualche urlo belluino, il pubblico lo becca e fischia perché vorrebbe vedere il sangue e quando il nostro uomo si mette a discutere con Lahyani su una seconda a tremila all’ora terminata nei pressi della riga allora si scatena il finimondo. Mohamed, mister “thirty-fiftinnnne”, è un’istituzione e contraddirlo non è mai un gran gesto ma Nick pensa di aver ragione (e, detto tra noi, molto probabilmente ce l’ha) e quella palla lo porterebbe 5-2 avanti nel gioco decisivo del primo set e invece così è solo 4-3 con due servizi svizzeri e insomma scuote la testa e indica a Lahyani il segno e non vuol sentire ragioni. Poi guarda verso il suo angolo e non si dà pace. Il popolo fischia e rumoreggia e infine prevale la ragion di stato e si torna a giocare.
E Wawrinka infila due servizi e ti aspetti che a quel punto il ragazzo si sciolga sotto il sole ma questo, signori, piaccia o no, questo è il futuro e reagisce, si porta a set-point, cambia campo e ancora indica il segno e Stan infila due punti e adesso la palla set ce l’ha lui ma Kyrgios non ci sta, alterna potenza e precisione al servizio, sale 8-7 e infine Stan mette lungo il rovescio e gli consegna il parziale e il Grand Stand esplode come una polveriera.
L’impressione da bordo campo è che il rovescio bimane del canguro sia tanto migliorato e che Nick abbia parecchie frecce nella sua faretra, non ultima l’imprevedibilità che gli fa optare per una seconda carica seguita a rete su una palla-break o un paio di drop millimetrici che sono miele sul formaggio di fossa. Insomma, anche Agassi fece storcere il naso ai puristi che mal sopportavano il fatto che “image is everything”. Poi il tennista si affiancò al personaggio e mise tutti d’accordo.
C’è equilibrio anche nel secondo set ma con uno che quest’anno ha giocato otto tie-break e ne ha perso uno solo non è un buon affare tentare la lotteria. Anche perché può succedere che gli dei del tennis si scoprano per un attimo australiani e decidano che un dritto di Stan si debba fermare sul nastro e quello di Nick debba carambolare oltre. Game, set and match. Il futuro forse è già arrivato.