[2] A. Murray b. [5] R. Nadal 7-5 6-4 (dal nostro inviato a Madrid)
Non solo i pipistrelli, ma anche gli spettri aleggiano sul Manolo Santana nel momento in cui il figliol prodigo, il sole a cui ruota attorno tutto il tennis di Madrid e della Spagna, fa il suo ingresso nel Manolo Santana. Uno sguardo verso il cielo, grigio ma non abbastanza da consigliare la chiusura del tetto, e un respiro profondo, di quelli che ieri stentava a trovare nella sfida divenuta all’improvviso complicata contro l’outsider portoghese Joao Sousa.
Per “Vamos Rafa” lo spettro è quello che sta dall’altra parte della rete e il ricordo non può non tornare alla finale di un anno fa, quando Andy Murray lo dominò e lo vinse per la prima volta sul rosso dopo sette sconfitte consecutive e si scoprì buono anche da superfici lente, se è lecito definire tale la terra della Caja. Quel Nadal aveva però appena mosso i primi passi dentro il tunnel della cupa disperazione, già battuto un paio di volte sul suo terreno preferito da Fognini (oltre che da Djokovic a Montecarlo) e in procinto di subire il secondo affronto in carriera nella sua seconda casa, il Roland Garros.
Questo invece è un Nadal che sembra aver ritrovato la retta via e, pur già in difetto con le sue medie stagionali sul mattone tritato (i ko in semifinale a Buenos Aires e Rio de Janeiro rimediati contro Thiem e Cuevas), si ripropone come il più autorevole candidato a mettersi sul petto la stella del decimo Parigi. L’ha detto Djokovic, non io.
E Murray? Il solito. Sornione, apparentemente disinteressato alle vicende che gli stanno attorno, quasi come se, parafrasando Kyrgios, ci fosse “qualcosa di più importante di Andy Murray che gioca a tennis”. Ma è solo apparenza, naturalmente. Il britannico ci tiene a confermarsi campione qui e il set smarrito con l’inossidabile Stepanek rientra nella normalità di un debutto serale nel gelo, sul campo e sugli spalti, del centrale. Ma da quel momento Andy ha cambiato marcia e ieri Berdych, che pure era 6-7 negli head-to-head e l’aveva sempre battuto sulla terra, ha fatto la figura del sparring-partner.
Ogni giorno è diverso, però, e oggi, agli ordini di Bernardes (che Rafa non ama troppo, come ben sappiamo), il pronostico è apertissimo. Tolta la parentesi blu del 2012, qui sul rosso Nadal ha sempre conquistato la finale. Nel palco presidenziale Ion Tiriac in giacca vinaccia e braccia conserte mentre Manolo Santana arriva quando Murray ha già intascato il primo gioco. Ogni dritto sbagliato da Nadal è un oooooh di delusione ma il passante del 0-15 che apre il terzo game scatena gli entusiasmi. Sul 15-30 il britannico mette due prime sopra i 210 e va 2-1 al termine di un lungo scambio sulla diagonale dritto (Murray) e rovescio (Nadal).
Il quarto gioco rompe gli equilibri. Nadal spizza il nastro con uno smash a rimbalzo e sul recupero Murray lo infila con un passantino di rovescio lungo linea (0-30) prima di trovarsi sotto 0-40 e tre palle-break. Una voce grida “Rafa te quiero” e segue l’applauso di incoraggiamento ma la risalita dello spagnolo si ferma alle soglie della gloria perché Nadal affossa un rovescio ed è break. Murray cambia campo sul 4-1 dimostrando di non temere nemmeno la diagonale opposta e vincendo di prepotenza uno scambio di rovesci incrociati sul dritto del rivale.
Il centrale è pieno ma non gremito e la vigilanza non tollera chi trova posto sui gradini. Nadal tiene facile il sesto game e due rovesci in rete del numero 2 del mondo sono altrettante palle-break (15-40); sulla prima l’iberico spedisce lunga la risposta a una seconda non irresistibile mentre sulla seconda ha poca fortuna. Il cielo si ingrigisce e il venticello che spira sugli spalti promette acqua ma Murray non si distrae e mette in saccoccia il 5-2. La sensazione è che Nadal sia in crescita; lo spagnolo fa suo a zero l’ottavo gioco e solo un brutto errore di dritto gli impedisce di essere 0-40 nel nono ma Murray ha perso di intensità e ci sono altre due palle-break. Andy salva la prima attaccando ma non la seconda, in cui affossa in rete un dritto scarico.
Le raccattapalle-modelle fanno stretching nella zona dietro i salottini vip in attesa di sostituire le colleghe sul campo. Murray è una mosca che Nadal vorrebbe catturare nella sua ragnatela e sul 15-30 il warning di Bernardes allo spagnolo per time-violation potrebbe scatenare il finimondo ma Rafa non fa una piega e porta a casa il 5-5 in recupero.
Nadal è quello doc e per fargli punto Murray deve metterci del suo. Allo scozzese esce di un soffio un rovescio (15-15) ma poche prime in campo lo costringono a metterla sul palleggio e adesso Rafa non sbaglia più. Intanto Tiriac, assente per qualche giorno, è tornato con il soprabito giusto in tempo per vedere Murray ritrovare feeling con la prima e riconquistare un gioco con due smash controllati e la successiva voleé (6-5). Senza segnali apparenti, il crollo di Nadal arriva rapido e inatteso; Murray è quello di inizio partita, un bel drop di rovescio sbagliato un paio di volte in precedenza gli dà lo 0-30, poi Nadal mette a lato un rovescio e infine si distende sull’altare del sacrificio con una seconda che Andy violenta in risposta: 7-5 in un’ora e due minuti.
Il secondo set si apre con tre palle-break non consecutive per lo spagnolo annullate da Murray con due ace e un terribile vincente di rovescio. Poi, sulla terza parità, Nadal cerca di liberarsi dello scambio con una smorzata che gli resta sulla racchetta e Andy si salva. Nonostante tutto, da qui a due passi dal campo la mia impressione è che alla lunga Rafa la spunterà ma Murray fa di tutto per smentirmi e nel terzo gioco serve al meglio oltre ad aggiudicarsi uno scambio di fioretto con palla corta, lob al volo, smash di contenimento e volee di rovescio vincente (2-1).
Sono di fronte due dei tre migliori difensori del circuito (indovinate chi è l’altro?) e Nadal ne dà un saggio nell’ultimo punto del quarto game, chiuso con un passante che lo fa esultare alla sua maniera per la prima volta. Penelope Murray viene a capo di un altro gioco complicato, il quinto, in cui fa e disfa con ace (3) e il primo doppio fallo, annulla altre due palle-break e cambia campo 3-2.
Il sesto è un gioco strano. Murray potrebbe andare 15-30 con una facile volée dopo la solita smorzata ma sbaglia, poi però Nadal gli ricambia il favore ingannato anche da un cattivo rimbalzo e alla fine gli concede il break mettendo in rete un passante non impossibile. Le emozioni continuano nel gioco successivo; Nadal si difende da tre traccianti del britannico e lo induce a sbagliare lo smash su un candelone che avrebbe sbattuto contro il tetto fosse stato chiuso. Ci sono altre due palle-break per lo spagnolo che Murray annulla con una coraggiosa palla corta di dritto e grazie a una pessima risposta dell’iberico su una seconda a 150 km/h. Nadal trova il modo di bisticciare con Bernardes su una palla dubbia ma la sostanza è che Murray si salva di nuovo e si va a sedere avanti 5-2.
Rafa resta in partita e rimanda la pressione sulle spalle dello scozzese (4-5) ma Murray arriva a un punto dalla finale. Sul match-point lo scozzese mette lungo un rovescio in sforbiciata e sul Santana parte l’urlo terrificante “SI SE PUEDE”. Nadal ci crede, si riprende il servizio e torna in corsa ma giusto il tempo di cambiare campo. Il decimo gioco tradisce nuovamente lo spagnolo ed esalta una volta di più le difese di Murray; sul 15-30 lo scozzese alza due campanili e sul secondo Rafa affossa in rete lo smash della resa. Sarà un altro errore a condannarlo alla prima sconfitta europea stagionale sulla terra. La mia sensazione era sbagliata e Murray entra in finale con pieno merito.