Federer dà una lezione a Zverev, ma Roma resta un rebus (Riccardo Crivelli, Gazzetta dello Sport)
Racconta la leggenda che il Verrocchio restò abbagliato dal talento di Leonardo quando l’allievo disegnò una mosca sul muro e lui provò invano a scacciarla credendola vera. Ecco: quando Zverev sarà capace di dipingere una palla corta sulla risposta al servizio come quella del divino Federer per procurarsi il break del 4-2 nel primo set e indirizzare in modo netto la partita, la bottega dell’arte tennistica avrà trovato un genio degno di raccogliere l’eredità di una generazione di artisti fenomenali. Perché il futuro sa far parlare, ma il presente ti tiene ancorato alla realtà: e questo Roger, seppur acciaccato e perfino dimesso in parole e opere nella sua prima romana, è ancora tecnicamente e psicologicamente irraggiungibile per il pupillo tedesco con cui si diletta a palleggiare nei tanti allenamenti in giro per il circuito e al quale ha già impartito la benedizione della successione al trono.
Alle nove e mezza del mattino, tutta la città sospira per l’attesa: nessuna nuova, buona nuova. Se Federer non si è ancora ritirato a quest’ora, a mezzogiorno gioca. E infatti, allo scoccare, esce dallo spogliatoio travolto dall’ovazione del Centrale. Ed è chiaro dopo pochi istanti che ne uscirà una partita ovattata, perché Roger è troppo rispettoso del suo corpo e Sascha troppo rispettoso dell’avversario. In queste condizioni, pesano a dismisura il carisma e l’abitudine al proscenio: il tedesco, perso rapidamente il primo set, lotta finalmente nel secondo, recupera un break e nel 12 game annulla tre match point prima di inchinarsi all’idolo. Che, a sentir lui, mica se l’aspettava di passeggiare così: «A dire il vero credevo di perdere in due set – affermerà sornione Fed – e quindi questa vittoria mi rende felice, anche se rimango cauto. Una bella sorpresa».
Chissà quanto c’è di vero e quanto invece sia una diavoleria per sottrarsi da pressioni e attenzioni, ma in ogni caso quella schiena dolorante non smette di preoccuparlo: «Ho deciso di scendere in campo solo dopo il riscaldamento, per questo ritengo sia stato un match soddisfacente come tutti quelli in cui puoi prendere buone informazioni sul tuo fisico, il tuo gioco e le tue condizioni. Ma davvero sto decidendo cosa fare solo allenamento dopo allenamento, quindi non so se giocherò la prossima partita (oggi, ndr), dipende da come mi sentirò. Vado avanti a piccoli passi. Perciò, pur se questo torneo è meraviglioso, quest’anno non lo vincerò. Magari il prossimo…». Una promessa che manderà in sollucchero gli adoranti fan italiani, ma anche un sigillo sul tempo che verrà, alla faccia degli Zverev emergenti: «Sascha ha l’attitudine e la tecnica per diventare uno dei più forti del mondo, anche se non l’ha dimostrato in questa partita. Sono sicuro che sarà presto fra i primi 10 del mondo, forse i primi 5, ma per il numero uno è difficile ogni pronostico, perché tanti ci provano e e pochi ci arrivano. L’importante – lo consiglia da lontano come un buon padre di famiglia – è che non smetta di imparare per acquisire la consistenza mentale, fisica e tecnica per stare ad alto livello. Comunque ha un gran talento». Fuori uno, tocca a un altro: se scenderà dal letto dalla parte giusta, oggi Federer incrocerà Thiem, che fino a marzo sembrava il più pronto a banchettare alla tavola dei grandi. L’austriaco, se vorrà incendiare la rivoluzione, ricordi gli esempi di Nadal e Djokovic non ancora ventenni di fronte a Roger: Rafa non si girò dall’altra parte negli spogliatoi e, anziché l’autografo, si prese l’illustre scalpo a Miami 2004 (…)
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Federer, una lezione a fiato sospeso (Mario Viggiani, Corriere dello Sport)
E alla fine Roger Federer giocò. E vinse. Per la gioia e la soddisfazione di tutti, al Foro Italico e non solo: rispedito a casa il talentino Alexander Zverev, senza particolari affanni. Oggi però è un altro giorno e si vedrà: lo dice lui, mica noi. Il dubbio estremo, se scendere regolarmente in campo per la partita d’esordio agli Internazionali BNL d’Italia, il torneo stregato che l’ha avuto per quattro volte in finale ma che poi si è sempre negato, il Genio del Tennis l’ha dissolto soltanto ieri mattina, dopo l’allenamento. Il tempo di un ultimo check-up, con i suoi coach Ivan Ljubicic e Severin Luthi, e un’ora più tardi ecco rispuntare Roger sul Centrale, accolto dal boato dei diecimila di turno, per aprire un programma di giornata davvero d’eccezione.
È finita 6-3 7-5 per il professor Federer che ha dato una bella lezione di come si debba giocare sulla terra allo studente Zverev, aspirante campione, per il momento secondo teenager nella classifica Atp al numero 44 (ma perderà qualche posizione all’aggiornamento della prossima settimana). 1119enne tedesco ha sparato prime di servizio a 202 km/h di media, pazzesca per uno come lui che non sia un due metri e che soprattutto abbia un fisico abbastanza leggero e ancora da completare, ma il rosso non è il cemento e la serie ininterrotta di bordate non gli è certo bastata, contro le risposte maligne del più bravo. Senza strafare, Roger ha ricamato qualche finezza delle sue e al massimo ha concesso un break a “Sascha” nel quarto game del secondo set, quando era già in vantaggio per 2-1. Baci e abbracci al pubblico dopo 1h27′ di gioco a tratti molto divertente.
Federer fino a ieri aveva tenuto tutti in sospeso, senza rilasciare interviste dall’arrivo a Roma. Ha ovviamente parlato a lungo dopo questo vittorioso esordio, ma ha lasciato ancora intorno a sé non poco mistero. O comunque poche certezze, specie ai fedelissimi che lo vorrebbero highlander. Sulla vigilia: «Non avevo fatto richieste particolari, tipo giocare presto o più avanti nel programma di giornata, di mattina o di sera. Solo quella di andare in campo di mercoledì e non martedì. Sono stati i responsabili del torneo a mettermi in campo per primo alle 12, così da non rovinare il programma in caso di mio forfait». Sul match di ieri: «Sono felice. Onestamente, mi aspettavo di perdere in due set. E invece ho vinto io in due, con mia grande sorpresa. Sono sceso in campo con prudenza, mi fa piacere essere arrivato fino in fondo senza problemi. Sono soddisfatto di essermi sentito bene, in partita, e di esserne uscito altrettanto bene, così da sapere di avere a disposizione ancora altri giorni preziosi prima del Roland Garros».
Sul match di oggi (ancora alle 12…), dove negli ottavi è atteso dall’austriaco Dominic Thiem, numero 16 del mondo, battuto nell’unico precedente in gennaio a Brisbane: «Vediamo come starò. In questo periodo mi alleno e ogni quindici minuti parlo con Ivan e Severin per decidere come andare avanti nel training». Su Roma, torneo che non ha mai vinto: «Sarebbe meraviglioso, riusarci, ma non credo che accadrà quest’anno. Di sicuro manca ancora molto, a tale eventualità. O magari accadrà l’anno prossimo, chissà. Sono già felice, per essere riuscito a giocare in questa circostanza: il resto si vedrà». Su Zverev: «Ha tutte le carte in regola per far bene: talento gran gioco, bella tecnica, attitudine a ogni situazione (…)
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La Germania trova in Zverev un piccolo Borg (Gianni Clerici, La Repubblica)
Ci chiedevamo spesso, nella nostra portineria detta sala stampa, come mai in un paese dell’importanza della Germania non fosse più nato un tennista di qualità, dopo Becker, per non parlare della Graf. Becker, ricordavo io che un po’ l’ho conosciuto, aveva avuto due fortune: un campo nel giardino paterno, e l’incontro con il più furbo — forse anche intelligente —tennis man dell’ultimo quarantennio, Ion Tiriac. L’improvviso esordio di Alexander Zverev jr. mi aveva dunque sorpreso, prima di tutto per il nome russo, insolito in un luogo che è stata la capitale del tennis tedesco del dopoguerra, Amburgo, già sede di grandi Campionati che quel fenomeno di Tiriac ha dirottato a Madrid. Zverev, avevo letto, era l’ultimo frutto di una famiglia tennistica, il Papà Campione, quando i tennisti non venivano lasciati uscire dall’Unione Sovietica, e magari indagati per il peccato di praticare uno sport borghese.
Scelto per forza un paese più tennistico, nel 1991, papà Alexander aveva iniziato all’attività di famiglia il primogenito Mischa, giunto felicemente al numero 45, una classifica non indimenticabile, ma sufficiente a garantire un buono standard economico ai neo-alemanni. Non aveva dunque prodotto conseguenze, se non positive, la nascita nel ’97 di un nuovo Zverevino, che aveva pronunziato mamma e papà direttamente in tedesco, e, già a otto anni, aveva vinto il suo primo torneo per bambini, segnalandosi nel mestiere di famiglia. Era cresciuto, il bimbo, sino a quasi due metri, e avevo faticato, ieri, nel riconoscere in lui il finalista di Roland Garros 2013. Ci trovavamo non certo su un campo, ma al ristorante dei giocatori, e, nel ricordare i suoi lineamenti circondati da capelli rossicci, mi aveva colpita la determinazione con la quale affondava il coltello in una bistecca.
Con l’identica efficienza ha affrontato sul Centrale il Divino Federer, accolto dai romani con la stessa rumorosa ammirazione di Papa Francesco, a Piazza San Pietro. Il divino ci aveva lasciati sino all’ultimo dubitare della sua presenza, forse per un irrispettoso dolorino alla schiena, forse per altre ragioni che non posso permettermi di sospettare. Salutato, come ho detto, da amorose ovazioni, Federer ha si consentito al Campione del Futuro di mostrare le sue qualità, senza che il punteggio mettesse mai in dubbio il risultato (…)
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Terra rosso sangue, fuori tutti gli italiani al Foro Italico (Alberto Giorni – Il Giorno, Il Resto del Carlino, La Nazione)
Allarme rosso: è sparito l’azzurro agli Internazionali d’Italia. Sia nel cielo sopra il Foro Italico (ieri sempre plumbeo, la pioggia ha interrotto per un’ora gli incontri) sia soprattutto in campo. Non ci sono più italiani in singolare dopo le sconfitte di Andreas Seppi e Roberta Vinci, che hanno alzato bandiera bianca al secondo turno; per la tarantina, esentata dal primo, era il debutto.
Il bilancio è sconfortante: dei nostri dodici portacolori, Seppi è stato l’unico ad aver vinto una partita, lunedì. Si sapeva che non era al meglio fisicamente; non giocava da marzo e nel frattempo si è sottoposto a un’infiltrazione all’anca, che deve ripetere ogni sei mesi. Il campo Pietrangeli, incorniciato dalle stupende statue di marmo, non gli ha portato fortuna come nel 2012, quando esaltò il pubblico con le imprese su Isner e Wawrinka. Stavolta Andreas aveva di fronte il n.12 Richard Gasquet, che lo ha messo alle corde con il suo elegante rovescio a una mano imponendosi 6-3, 6-4. Troppi i 27 errori gratuiti dell’altoatesino: «Ho avuto qualche occasione, ma faccio fatica negli scambi lunghi; ci vorrà un po’ per ritrovare la condizione».
Pochi minuti dopo, sul Centrale, è finita anche la breve avventura della Vinci, dominata nel primo set dalla britannica Johanna Konta; poi Roberta ha lottato di più, ma si è dovuta arrendere 6-0, 6-4. E’ la quinta eliminazione all’esordio nelle ultime sei partecipazioni agli Internazionali per lei, che a fine anno potrebbe ritirarsi: «Se sarò a Roma l’anno prossimo? Diciamo “ni”, vedrò al termine della stagione».
Il pubblico romano si è parzialmente consolato ammirando uno dopo l’altro gli attesi Fab Four e l’applausometro ha raggiunto il picco per Roger Federer, in dubbio fino all’ultimo. Assente da Montecarlo, il fuoriclasse svizzero si trascina un problema alla schiena e ha deciso solo in mattinata di scendere in campo. A mezzogiorno, orario insolito per lui, si è goduto una standing ovation prima di affrontare il talentuoso tedesco Alexander Zverev, 19 anni, pronosticato da molti come futuro n.1 del mondo.
Poteva essere un simbolico passaggio di consegne, come quello tra Sampras e Federer a Wimbledon nel 2001, invece il campione di 17 Slam è apparso in discrete condizioni e il 6-3, 7-5 lo promuove agli ottavi di oggi dove troverà (sempre alle 12) un altro giovane rampante, l’austriaco Thiem. Ma il rischio forfait non è scongiurato: «Sarebbe bello vincere finalmente a Roma, ma non accadrà quest’anno – frena Roger –, magari il prossimo. Valuterò di volta in volta se giocare; la schiena ha retto, ma non ho forzato».
Al piccolo trotto il n.1 Novak Djokovic, che ha regolato 7-5, 7-5 il francese Robert e ha firmato la telecamera con un bel «Roma ti amo» circondato da un cuore: ora se la vedrà con il brasiliano Bellucci (…)
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Zverev, il bambino con la forchetta non sfigura con Sua Maestà (Claudio Giua, repubblica.it)
Dopo 60 anni di attente analisi antropologiche e comportamentali, Gianni Clerici dispone di metri di giudizio quasi rabdomantici: “Il bambino pranzava accanto a me, l’altro giorno. L’ho osservato, impugna le posate come chi ha colpi vincenti. Non mi sbaglio”. La racchetta non è una forchetta e comunque Alexander Zverev – è lui il “bambino” nel gergo di Clerici – sa come farne buon uso. Il diciannovenne di Amburgo ha tutti i fondamentali: servizio potente e preciso, rovescio a due mani che fionda la palla millimetricamente sopra la rete, diritto anticipato e spesso imprevedibile, in più mano felice quando attacca e senso della posizione in campo. Gioca sicuro, accetta compostamente le decisioni del giudice di sedia. Pretende però rispetto durante gli scambi: a Miami l’ho visto lamentarsi della telecamera che attraversa il campo come una teleferica, qui ha avuto un gesto di stizza per i troppi flash. Un atteggiamento maturo. Concede qualcosa alla teatralità acchiappaconsensi quando all’inizio del secondo set va ad abbracciare il giudice di linea quasi travolto nel fallito tentativo di raggiungere un rovescio angolatissimo. Tanto che il pubblico del Centrale, federeriano DOC e diffidente per un’ora, poi lo adotta, consapevole com’è d’aver bisogno di nuovi beniamini nel prossimo futuro. Esce tra gli applausi.
Roger Federer, che appare recuperato dopo l’infortunio invernale e il discreto percorso a Monte Carlo (successi con Garcia-Lopez e Bautista Agut, eliminazione per mano di Tsonga), grazie alla rodata abitudine a leggere la gara annulla pezzetto dopo pezzetto l’handicap in termini di freschezza nei confronti di Zverev. Il match non resterà nella memoria collettiva per la qualità di gioco espressa ma piuttosto per essere stato il primo confronto tra protagonisti separati da un paio di generazioni tennistiche. Federer prevale per 6-3 7-5, Zverev conferma di essere il migliore dei ventenni (“Very talented”, ha sentenziato il Divin Svizzero in conferenza stampa): come dicono nelle aziende, un risultato win-win.
Federer apre la giornata del Centrale, Rafael Nadal la chiude (prima della sessione serale) battendo per 6-3 6-3 il tedesco Philipp Kohlschreiber a sole tramontato da un pezzo. La pioggia infatti scombussola il programma, interrompendo alle 17.30 sei partite per almeno un’ora. Alla sospensione il match blockbuster nel Pietrangeli tra Milos Raonic e Nick Kyrgios è sul 2 pari. Alla ripartenza sotto i riflettori, il giovane australiano di origine greco-malese alza il ritmo degli scambi e non lascia scampo al canadese nato a Podgorica (7-6 6-3). In contemporanea nel Grandstand si consuma la clamorosa sorpresa della sconfitta della fresca vincitrice di Barcellona, Simona Halep, opposta a Daria Gavrilova, australiana nata a Mosca. Raonic, Kyrgios, Gavrilova, Konta (della quale dico più avanti) confermano che le migrazioni e il melting post migliorano l’umanità. Spero che Matteo Salvini convenga.
Il mercoledì delle stelle serba altre sorprese, tra cui le uscite di scena delle teste di serie Vika Azarenka (3-6 2-6 con Irina-Camelia Begu) e Ana Ivanovic (7-6 4-6 1-6 con Christina McHale). Passano il turno Novak Djokovic, Andy Murray, Dominic Thiem, David Ferrer, Eugenie Bouchard e Venus Williams.
Avrei preferito non stupissero le sconfitte degli ultimi italiani in tabellone, Andreas Seppi ancora menomato dopo l’intervento all’anca e regolato agevolmente da Richard Gasquet (6-3 6-4), e Roberta Vinci, tenuta a distanza (6-0 6-4) dalla britannica cresciuta in Australia da genitori ungheresi Johanna Konta, che a 24 anni ha fatto uno straordinario salto di qualità. Sono invece subito esplose sui social network infinite discussioni sulla débâcle italiana. A mio giudizio non è una Caporetto bensì la difficoltà di due gruppi – il maschile e il femminile – a lungo di prim’ordine, con le ragazze in alcuni periodi dominanti a livello mondiale (…)