Ed eccoci di nuovo in clima slam, ma soprattutto nel momento dell’anno più importante di tutta la stagione. Roland Garros e poi Wimbledon, i due tornei più famosi della storia del tennis. Quest’anno poi a Parigi si respira un’aria che da più di dieci anni mancava, un’aria di incertezza mista a tensione. Ma procediamo per gradi e partiamo dai cenni storici.
La prima edizione del Roland Garros si giocò nel lontanissimo 1891 (le donne esordiranno nel 1897) ma in realtà fino al 1925 il torneo era riservato a tennisti francesi con la possibilità di partecipare per tennisti non francesi che fossero comunque soci di un circolo transalpino. E sarà proprio uno straniero, il britannico H. Briggs (la storia ci ha consegnato solo l’iniziale del nome) ad aggiudicarsi la prima edizione imponendosi su altri cinque partecipanti in un’edizione di un giorno solo. Il torneo ha avuto due interruzioni per i conflitti mondiali, cinque edizioni saltate dal 1915 al 1919 e sei dal 1940 al 1945. Dunque ad essere pignoli è dal 1925 che le cose da quelle parti contano davvero, anno in cui ci fu il cambio di denominazione con la nascita degli Internazionali di Francia. Il tennista con più successi è Rafael Nadal con nove dietro di lui troviamo Bjorn Borg a sei e Henri Cochet a quattro. Tre i successi italiani, due con Pietrangeli (1959 e 1960) e uno con Adriano Panatta nel 1976, quest’anno inoltre sarà proprio il secondo, nel quarantennale dal suo successo, a consegnare la Coppa dei Moschettieri al vincitore del singolare maschile. Il Roland Garros è stato vinto dai migliori giocatori della storia del tennis. Laver, Borg, Santana ma anche Wilander, Noah, Lendl tra i tanti. Tantissime inoltre le finali ricche di pathos: l’impresa di Chang contro Edberg nel 1989; quella di Agassi contro Medvedev del ’99 (chi non ha letto Open si vada a leggere il racconto di quel torneo); o per finire quella di Courier proprio contro il kid di Las Vegas nel 1991. La finale più lunga della storia invece è quella tra Wilander e Vilas del 1982, ben quattro ore e quarantadue minuti di gioco, nonostante si siano giocati solo quattro set. Una finale al quinto set invece manca dalla vittoria di Gaudio su Coria (8-6 al quinto) del 2004. Infine sono ben quindici anni che il vincitore non proviene dalla Spagna o dalla Svizzera (nove successi Nadal, uno per Federer e uno per Wawrinka).
Dopo questi piccoli cenni storici, perché per ricordare tutto ci vorrebbero altri tre articoli, è ora di passare alla vera e propria analisi dei papabili vincitori. A differenza di come fatto nelle altre edizioni più classiche della rubrica, questa volta analizzeremo tennista per tennista tutti i motivi per considerare ognuno più o meno favorito dell’altro.
Procedendo per numero di teste di serie partiamo da Novak Djokovic che nel Roland Garros vede il suo spauracchio. Tre le finali perse dal serbo (2012, 2014 e 2015, non un record perché troviamo Federer a quattro), cocente soprattutto quella della passata stagione contro Wawrinka in un match che lo vedeva fortemente favorito e che tolse a Nole anche la speranza di conquistare il Grande Slam. Nole arriva a questo Roland Garros assolutamente peggio della passata stagione nella quale su terra aveva dominato, come d’altronde nella restante gran parte della stagione. Solo un successo nei tornei di preparazione a differenza del 2015 dove aveva vinto Montecarlo e Roma (saltando Madrid). Il sorteggio del main draw l’ha assolutamente aiutato però, non ci nascondiamo a dirlo: prima dei quarti non c’è assolutamente nessun tennista in grado di impensierirlo e anche dopo le cose cambiano poco. Sia Ferrer che Berdych infatti, i papabili avversari del quarto, considerata soprattutto la stagione, sono tennisti nettamente sfavoriti nei suoi confronti. In semi tutti sperano di rivedere il match con Nadal ma lo spagnolo rischia di arrivarci più stanco perché tra un possibile terzo turno con Fognini, un ottavo con Thiem (o magari Zverev) e un quarto con uno tra Goffin o Tsonga il maiorchino rischia di sudare molto di più prima del grande evento. Analisi quest’ultima molto importante perché proprio a Roma abbiamo visto come Djokovic sia arrivato in finale provato dai match con Nadal e Nishikori, variabile però che, come visto, a Parigi rischia fortemente di non ripetersi. Bisogna comunque ammettere, prima di chiudere con il discorso Djokovic, che indubbiamente il serbo ha dimostrato negli ultimi anni di sentire fortemente la pressione quando si tratta di scendere in campo in questo torneo. Si dichiarerà tranquillo all’infinito ma il cruccio Roland Garros sarà sempre un tarlo pressante nella sua testa. Le chance di vederlo in finale, mai come quest’anno, dipendono molto da lui.
Testa di serie numero due Andy Murray. Negli ultimi due anni lo stereotipo del Murray misera comparsa per la stagione su terra ha abbondonato la mente di tutti. Quest’anno poi lo scozzese non era mai arrivato a Parigi con tante possibilità di vincere il torneo. In pratica il vincitore di Roma arriva all’esordio parigino con una vittoria ed una sconfitta con Nadal ed una vittoria su Djokovic. Bilancio fortemente positivo. La sconfitta su Nadal però è arrivata a Monte-Carlo dove le condizioni sono molto più simili a queste mentre il successo a Madrid si era anche ripetuto la stagione precedente. Fino ai quarti non dovrebbe avere problemi, se dovesse incontrare Nishikori sarà senza dubbio la partita più combattuta, e più affascinante, di quel turno. I due si sono sfidati sette volte con sei successi scozzesi, solo uno su terra rossa (Madrid 2015, 6-3 6-4 Murray). Il più quotato suo avversario in semifinale è Wawrinka ma da quella parte di tabellone tra Raonic, Simon e Cilic è davvero difficile dare qualcosa per scontato. Ricapitolando: perché puntare su Andy Murray? Innanzitutto per i risultati su questa superficie negli ultimi due anni e in secondo luogo per come sono arrivati, o meglio perché sono arrivati solo adesso. L’ex allievo di Mauresmo ha dimostrato di aver trovato la formula vincente per dire la sua anche sui campi più lenti del circuito dopo aver capito che deve avere più pazienza e deve assolutamente sfruttare tutta la sua forza, compresa la tenuta fisica, vero e proprio segreto degli ultimi successi.
Campione uscente e testa di serie numero tre Stan Wawrinka. Il successo della passata stagione rimarrà per sempre qualcosa di unico. Una finale che doveva essere dall’epilogo scontato si è trasformata in un sogno per lo svizzero e un incubo per Djokovic. D’altronde Wawrinka già in Australia aveva dimostrato di non accettare minimamente il ruolo di ovvio sconfitto. Le chance dello svizzero di vincere nuovamente il Roland Garros passano assolutamente dai primi turni. Già l’esordio con Rosol non è tutt’altro che una passeggiata (vedi semifinale di Ginevra), poi abbiamo già visto come in quella parte di tabellone ci sia molto equilibrio. Dalla sua lo svizzero però ha la sfacciataggine di chi, forse, non ha nulla da perdere. Scommettiamo anche che per la testa non abbia minimamente il pensiero dei 2000 punti da difendere. Incontrarlo ai quarti, semi o finale non è mai un sollievo, soprattutto perché se lo si becca in giornata sono davvero grattacapi per chiunque. A suo sfavore però c’è senza dubbio la preparazione al secondo slam dell’anno. Quarti a Monte-Carlo (sconfitto male da Nadal), secondo turno (ma match d’esordio) a Madrid e ottavi a Roma. Piccola consolazione il torneo di Ginevra appena vinto in finale con Cilic, che tra l’altro è capitato proprio nella sua parte di tabellone.
Nove volte campione e testa di serie numero quattro (grazie al ritiro di Federer) Rafael Nadal. Basterebbe il nove volte campione per chiudere qui il discorso. Se c’è un torneo nel quale lo spagnolo parte favorito non può non essere che questo. Ad undici anni dal suo primo titolo Nadal cerca la decima a Parigi forte di una condizione ritrovata, nonostante il maiorchino proprio su questa superficie non sia più il gran dominatore dell’ultimo decennio. Nei quattro tornei giocati Nadal è sempre arrivato in fondo, unica eccezione Roma dove ha perso da Nole ai quarti, giocando comunque un match alla pari e perdendo solo al fotofinish entrambi i parziali. Numeri e precedenti che dunque lo mettono allo stesso livello di Murray e Djokovic. L’analisi del suo tabellone l’abbiamo vista in precedenza quando toccavano l’argomento Djokovic. Come detto quindi molto conterà la sua tenuta fisica visto che rischia di incontrare per strada molti tennisti che possono rubargli qualcosa.
Esclusi i primi quattro rimangono i nomi di Nishikori, su tutti, di Raonic, di Cilic e perché no anche di Thiem. Opzioni chiaramente molto meno probabili ma che comunque, dopo un accurato disegno celeste, potrebbero anche verificarsi. Scherzi a parte sono loro i nomi degli outsider anche dopo l’ultimo forfait di Gael Monfils, e soprattutto quello di Roger Federer. Ultimissima menzione per Tsonga semifinalista nel 2013 e 2015, il francese però non sembra al meglio della condizione quindi tutte da valutare le sue chance di andare fino in fondo.
Le percentuali:
30% Djokovic (ma solo per il tabellone)
25% Nadal
25% Murray
10% Wawrinka
10% Altri
Saranno sei infine gli italiani impegnati nel secondo slam dell’anno: Fognini, Lorenzi, Seppi, Cecchinato, Fabbiano e Bolelli. Più accreditato il primo che qui vanta un quarto di finale, Fabio esordirà con Granollers, match difficile che però potrebbe aprirgli la strada per la sfida di terzo turno con Nadal. Difficilissimi invece i match di Bolelli (con Nishikori) e Cecchinato (opposto a Kyrgios). Altrettanto difficili le sfide di Lorenzi con Berlocq e Fabbiano con Lopez, molte più chance invece per Seppi che se la vedrà con Gulbis (semifinalista nel 2014 ma tutt’altro giocatore rispetto a due anni fa).