Leggi “Cose da fare prima di morire: vedere Roger Federer”
PARIGI – Pessimo inizio del Roland Garros, tanta pioggia e poco tennis – soltanto 10 incontri si sono conclusi e non c’è stata mezza sorpresa – ma in realtà questo è il solo dei quattro Slam in cui gli organizzatori “rubano” un giorno al calendario e quindi tutto sommato si è perso poco. Il primo della pattuglia di 11 italiani (sei uomini e cinque donne), Marco Cecchinato, è già schizzato fuori dal torneo (ma più che dignitosamente, come vedremo) e un altro, Simone Bolelli, indietro 6-1, 7-5, 2-1 (senza break) con Nishikori ha già un piede e mezzo fuori dal torneo. Rispetto a Wimbledon, dove non si gioca nella domenica centrale del torneo e quindi i giorni a disposizione sono 13 in totale (ma c’è il tetto…la finale non è a rischio), a Parigi si dispone ancora oggi di 14 giorni completi. È vero peraltro che il meteo non promette nulla di buono, per il pomeriggio di questo lunedì è attesa altra pioggia, le temperature fino al weekend saranno insolitamente basse, viene da pensare che con tutto questo umido i vecchierelli con la schiena malandata come Roger Federer hanno fatto bene a non correre rischi inutili.
Altri vecchierelli però invece si sono lasciati attrarre dal montepremi, se come ha scritto Luca De Gaspari in una nostra “flash-ultim’ora”, ben 51 ultratrentenni compaiono nel tabellone maschile. La spiegazione di un tale afflusso è semplice: così come è diventato sempre più difficile entrare tra i primi 100 del mondo in giovane età, è abbastanza semplice restarci una volta che si è infranto il muro, se non ci si infortuna. Una volta – è storia detta e ripetuta – si poteva vincere uno Slam a 17 anni e 3 mesi (Chang, Roland Garros 1989), 17 anni e 10 mesi (Wilander, Roland Garros 1982), a 17 anni e 9 mesi (Becker, Wimbledon 1985) e i teenagers fra i primi 100 – non solo fra le donne – potevano anche essere una dozzina. Dal terzo millennio è grassa se tra i top 100 di teenagers se ne infilano uno o due. Ricordo che a 19 anni Novak Djokovic era il solo teenager. E probabilmente anche Rafa Nadal non aveva molti coetanei l’anno prima…
Ciò accade perché i Challenger distribuiscono troppi pochi punti rispetto al circuito principale dell’ATP. A suo tempo ricordo che Paolo Lorenzi dovette vincerne una caterva per fare il grande balzo. Poi però, una volta fatto, non ne è praticamente più uscito. Se giochi 20-24 tornei l’anno, qualche vittoria di riffa o di raffa salta fuori, becchi quello reduce da un infortunio, quello che si infortuna, quello in cattiva giornata o che ha litigato con la fidanzata, e il posto lo conservi. E non parliamo poi dei punti distribuiti dagli Slam: chi riesce a giocarne quattro e passa un paio di turni qua e là, può star abbastanza tranquillo di non uscire dai top100. Chiaro che coloro che si assestano fra l’80esimo e il 100esimo posto sono un pochino più a rischio di ricambio, però ripeto… qua e là con quella classifica si entra in tabellone e i punti per “proteggersi” dalla caduta si fanno in qualche modo. E poiché chi perde anche al primo turno di 4 Slam porta a casa circa 100.000 dollari (ok non netti perché ci sono le spese) e poi ci sono gli altri tornei, chi è che smette quando ancora può guadagnarli? E poi c’è anche la valvola del doppio da sfruttare… lì certi casi, i Nestor, i Zimonjic, i Bryan, gli Stepanek dimostrano che si può tranquillamente giocare fino ai 40 e oltre. Secondo me Paolo Lorenzi ci sta pensando. Mentre Roger Federer, che è unico anche per i suoi 35 anni, prima parlava di voler arrivare almeno a Rio per le Olimpiadi 2016 e ora fa capire che anche nel 2017 (schiena permettendo) potrebbe ripresentarsi qua o là.
La gran parte dei giocatori, prima ancora che per i soldi, ha cominciato a giocare per passione, perché si diverte. Chi vince di più si diverte di più, ovviamente, ma anche chi vince di meno fa fatica a staccarsi da un mondo che gli piace, che dà certi vantaggi, bei posti, buoni alberghi, amicizie frequentate da una vita… sempre che uno non si stufi di aerei, valigie e allenamenti a fusi orari e latitudini diverse. Giorni addietro, riferendomi al vuoto che “impera” nel tennis italiano dietro ai miglior interpreti di oggi, ho accennato al fatto che nel singolare maschile dopo i 3 soli top 100 che abbiamo (Fognini, Seppi e Lorenzi, in realtà sono anche top 50, seppure per miracolo visto che Paolo nel ranking della settimana scorsa era proprio n.50, Fognini 34 e Seppi 41) il solo Cecchinato sembrava potesi avvicinare ai top100, dopo averci fatto una fugace apparizione. Ecco, devo dire che dopo averlo visto oggi battagliare con Kyrgios, e una decina di giorni fa con Raonic che è certo uno dei “prospect” più interessanti del tennis contemporaneo, il tennista palermitano che compierà 24 anni il 30 settembre, mi è piaciuto abbastanza. È competitivo, almeno sulla terra battuta. E se non farà l’errore – a suo tempo commesso da tanti giocatori italiani (mi viene a mente Cancellotti due volte negli ottavi a Parigi, ma anche Volandri, semifinalista a Roma nel 2007) – di fissarsi di poter giocare soltanto sulla terra battuta, secondo me lui ha le qualità per raggiungere quell’obiettivo che si ripromette, non solo un posto tra i primi 100, ma anche tra i primi 50. E perché no? pure un po’ più su. Non lo dico per i due setpoint mancati nel secondo set – sul primo avrebbe dovuto osare di più con il servizio – e nemmeno perché ha perso due tiebreak per 8 punti a 6 con Kyrgios (che è obiettivamente più forte sulle superfici veloci ma con la battuta e il dritto che ha, si fa e si farà rispettare ovunque), ma perché ha dimostrato personalità e carattere. Non è facile entrare su un campo importante del Roland Garros, il n.1, e, contro un avversario di nome, reagire come ha fatto lui, senza timore reverenziale. In più ha dimostrato di aver capito diverse cose. A non lamentarsi per i continui sorteggi sfortunati, per esempio. E anche ad affidarsi, fin da quando aveva 17 anni a Caldaro, ad un coach serio e preparato come Massimo Sartori, lo stesso di Andreas Seppi, allenandosi a Bordighera con il gruppo “Piatti” (situazione climatica ideale e senza i fasti distraenti di chi ha scelto Montecarlo: “Mi alleno con Seppi, Napolitano, Giacalone“), l’unico team che abbia dimostrato di capire cosa si deve fare per emergere nel tennis. Lì è approdato anche il tennista romano del Parioli Moroni che, a sentire Magnelli, “è stato un anno a Tirrenia e ha perso un anno”. Inoltre Cecchinato, forse proprio perché cresciuto in quell’ambiente sano – e mi dispiace che sia forse scivolato per ingenuità in una vicenda di scommesse – mi sembra un ragazzo per bene e beneducato.
Lo conferma anche quello che ha detto di Alessio di Mauro, fino ad oggi il miglior tennista siciliano di sempre (top 70: n.68 nel 2007). Mi è piaciuto. Anche Di Mauro, mancino in possesso di un discreto rovescio underspin, aveva la debolezza delle scommesse, ma su tutto più che sul tennis dove puntava pochi euro, e l’ha pagata cara perché fu il primo a venire “beccato” e squalificato, ma era – ed è – un bravissimo ragazzo, gran lottatore che ricordo aver fatto gli ottavi un anno a Montecarlo dove nel 2006 batté Wawrinka e Stepanek, allora n.12 del mondo. “Sono cresciuto a pane e tennis… mio zio e mio cugino sono Gabriele e Francesco Palpacelli… due noti maestri di tennis palermitani”. Francesco Palpacelli, per chi non lo ricordasse, è stato per sei anni coach – e non solo … – di Roberta Vinci. Evidentemente qualcosa Francesco Palpacelli la sa trasmettere. E a Palermo, ripensando a Aldi, ma anche a Cinà (e anni prima a Naso e Grassotti), tira una bella aria. Insomma, se Lorenzi è arrivato fra i primi 50 dopo i 28/29 anni nel 2009, perché Cecchinato non deve potercela fare? Io sono convinto a questo punto che ce la farà. Il che risolverà molti dei suoi problemi, ma dubito purtroppo che possa risolvere quelli del tennis italiano. Ma meglio che niente…
Segnalo intanto che Lucie Safarova, finalista qui un anno fa, ma afflitta da mille virus contratti a New Haven prima dell’US Open, ha perso solo 2 games con la Diatchenko. Al suo ritorno dalla malattia aveva perso 5 volte al primo turno. Poi però aveva vinto Praga, a casa sua. “Non posso più mangiare formaggi… a Roma è stata dura rinunciare alla mozzarella!”.