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PARIGI – Anche questa domenica pioggia, ombrelli aperti e chiusi, interruzioni varie, ritardi massicci nella programmazione. Ci fosse stato un tetto, almeno si sarebbe giocato di continuo sul centrale, a beneficio dei telespettatori di 224 Paesi del mondo. Per chi compra questi diritti, il “rischio” di sospensioni continue per mostrare immagini registrate di repertorio significa…ottenere forti sconti. Che gli organizzatori preferirebbero non dover concedere.
Nessuno mette in discussione le ragioni degli ambientalisti, né dei ricchi signori che vivono nel sedicesimo arrondissement e nel vicino Boulogne-Billancourt e che ostacolano qualsiasi progetto di estensione e copertura. Ma non si dovrebbe più permettere, a beneficio di pochi privilegiati, di privare di una copertura un torneo dello Slam che è diventato un business colossale non soltanto per la Federazione Francese ma per tutta la Francia. Oltre che un evento di prestigio planetario su cui la “grandeur” francese conta con orgoglio.
Il progetto per il nuovo centrale prevede che sia infossato, scavando dieci metri sotto il suolo. Tutto perché il suo tetto non sbuchi più alto degli alberi del vicino Bois de Boulogne. Il rispetto dell’ambiente viene garantito da annosi studi e controstudi.
200 milioni di euro è stato il fatturato del 2015, fra biglietteria (463.328 spettatori nel 2015, 37.365 i posti a sedere nei 16 campi), sponsor, diritti tv e p.r. Di circa 75 milioni di euro è l’utile netto del 2015. Di questo margine, 45 milioni vengono gestiti per finanziare le attività della federazione francese con le sue strutture decentrate, cioè il 61%. I restanti 30 milioni (39%) servono invece a finanziare il nuovo Roland Garros, con le varie estensioni e l’eventuale nuovo stadio (che dovrebbe costare 350 milioni con il tetto). 30 milioni l’anno accantonati per una decina di anni e al 95% il nuovo stadio sarà stato pagato dalla Federazione Francese (che non si permette di investirne 6 o 7 l’anno in una tv: si sbaglia a promuovere il tennis diversamente dalla nostra?).
Per tutta Parigi e la Francia l’indotto collegato è stato calcolato in altri 289 milioni di euro. Ma attenzione a queste cifre che mi lasciano sempre un tantino perplesso perché non sono mai completamente verificabili e conducono spesso a sostenere tesi di parte: non vorrei, insomma, che anche questi dati francesi assomigliassero a quelli che racconta in Italia la FIT con ricerche e studi commissionati a caro prezzo a vari (o agli stessi?) professori di varie università e società di consulenza. Oltre 100 milioni di quei 289 vengono spesi annualmente per retribuire a tempo pieno o part-time 4.700 persone impiegate per il torneo.
Fatto sta che, nonostante questo pazzesco giro di soldi (impensabile 40 anni fa quando il torneo fu vinto da Adriano Panatta e quando io venni qui per la prima vlta) Guy Forget, l’ex tennista diventato direttore del torneo, ci ha detto che “nella migliore delle ipotesi il Roland Garros avrà il suo tetto nel 2020”. E naturalmente che “una grossa spinta in tal senso potrebbe arrivare dall’assegnazione a Parigi dei Giochi Olimpici 2024”. Quella stessa cui aspirano anche Roma e Los Angeles.
Lo Slam australiano, che pure si gioca in piena estate, dispone già di tre campi coperti: come minimo fra 15 e 18 partite al giorno possono essere portate a termine. Se il torneo non accumula ritardi pazzeschi nei primi 5 giorni è salvo, così come tutte le audience televisive. A Wimbledon il campo n.1 sarà coperto nel 2018. All’US Open l’Arthur Ashe Stadium lo troveremo coperto già questo settembre, l’hanno tirato su in un anno. In Francia, a sentir Forget, ci vogliono 4 anni. Insomma, la burocrazia francese ricorda da vicino quella italiana. Ci vuole: siamo di una lentezza impressionante. Quando finalmente ci si muove.
In questo caso però, con il giro d’affari mossi dal Roland Garros, la lentezza della burocrazia francese è più colpevole.