PARIGI – L’altro giorno Ernests Gulbis, cui non sono mai mancati carattere e personalità, aveva cominciato a rispondermi sull’argomento Olimpiadi – subito dopo aver detto: “Non andrò a Rio per fare del tennis-turistico, non ci sono né punti né soldi” con ciò stupendomi per il riferimento ai soldi: lui è figlio di uno degli uomini più ricchi di tutta la Lettonia – e Nicola Arzani aveva deciso di interrompere una mia replica, perché la mia era stata previamente annunciata come ultima domanda.
Ma Ernests con il quale cominciai a familiarizzare a Montecatini nel 2008 quando la Lettonia venne a giocare la Davis – qualcuno ricorderà il caso Bolelli…e il rifiuto di giocare – scese dallo scranno delle conferenze stampa e, incurante dello stop formalmente imposto, si avvicinò alla mia sedia e proseguì a rispondermi come se la cosa interessasse anche a lui: “Molto in realtà dipende dal rapporto che i tennisti hanno con la loro federazione. Quella francese, ad esempio, ha appoggiato i suoi giocatori per buona parte della loro carriera, fino ai 25 anni in alcuni casi. Ha pagato allenatori, fisioterapiste, luoghi di allenamenti…io invece mi pagavo perfino i miei voli per andare a giocare la Coppa Davis. Nonché i campi per allenarmi. Tutto usciva dalle mie tasche. Questa la differenza …Anche la Federazione canadese fa come la francese, e quella americana credo. Quella italiana anche no? – mi chiede – per alcuni tennisti diventa quasi un obbligo, per me no…”
-Ernests, ma tu hai citato federazioni ricche…non tutte lo sono…
“Sai che ho esordito in Davis a 16 anni e sai quante volte ho giocato a mie spese per la Lettonia? – chiede – Ho quasi 28 anni, ora devo pensare anche a me stesso! Sono sceso a n.80 del mondo (ormai sarà almeno 60, ora che qui ha raggiunto gli ottavi…ed è avanti 3-0 nel primo set sul belga Goffin quando la pioggia ha interrotto il match; n. di UBS), la priorità è risalire in classifica. I punti per me sono più importanti dei soldi e quest’anno per la prima volta alle Olimpiadi non ci sono punti ATP. Ma ci sono invece nei tornei contemporanei (Atlanta e Abierto Mexicano Los Cabos; n. di UBS)”.
Ora il discorso di Gulbis fila: punti più una questione di principio. Mi è più facile capirlo. Fosse stato solo per i soldi mi avrebbe stupito.
Come lui la pensano altro cui la priorità è quella dei punti e del ranking (e, per alcuni, rapporti non idilliaci con la propria federazione: tutto il mondo è Paese).
Dal 2000 per gli uomini e dal 2004 per le donne i Giochi attribuivano punti. Non tutti – io compreso – eravamo d’accordo sulla necessità di attribuirli: non era giusto per questi Paesi, come la Spagna (e non solo), che potevano avere anche una decina di giocatori fra i primi 60 del mondo ma non potevano schierarne più di 4. Però indubbiamente costituiva un incentivo a partecipare al torneo olimpico, poco “sentito” dai giocatori quando il tennis tornò ufficialmente alle Olimpiadi (nel 1988 a Seul vinsero Steffi Graf e Miloslav Mecir, nel ’92 a Barcellona Jennifer Capriati e Marc Rosset, nel ’96 ad Atlanta Lindsay Davenport e Andre Agassi, nel 2000 a Sydney Venus Williams e Yevgeny Kafelnikov, nel 2004 ad Atene Nicolas Massu e Justine Henin, nel 2008 a Pechino Elena Dementieva e Rafa Nadal, nel 2012 a Londra Serena Williams e Andy Murray).
Cinque tennisti fra il 15mo e il 23mo posto ATP infatti hanno già annunciato il loro forfait: i veterani John Isner, Kevin Anderson e Feliciano Lopez, e due più giovani, gli over 20 Dominic Thiem e Bernard Tomic. Nel 2012 Isner aveva conquistato 135 punti raggiungendo i quarti del torneo olimpico di Londra. Ma chi vinse il contemporaneo torneo di Washington (assai debole perché tutti i più forti erano a Londra) ne prese 500. Il forfait a Rio di Isner (n.1 americano eh…) in particolare si spiega anche con l’aver lui vinto tre volte di fila quel torneo.
“Roddick e Fish non hanno giocato né a Pechino né a Londra… – ha ricordato Isner, seccato nei confronti di chi gli rimproverava scarso senso patriottico – Ho sempre giocato la Davis per gli USA, giocherò anche a luglio contro la Croazia”.
La Federazione Internazionale fino a 4 anni fa compensava i tornei minori ATP “danneggiati” ogni 4 anni dalla contemporaneità con il torneo olimpico. Da quest’anno non più. Un portavoce dell’ITF, Nick Imison, ha spiegato: “Oggi i tennisti si sentono onorati dal partecipare alle Olimpiadi rappresentando il loro Paese, la classifica Atp per la maggior parte di loro non è un fattore fondamentale… (forse anche perchè, come sopra accennato, i punti non erano molti; n.di UBS)”.
Novak Djokovic e Stan Wawrinka (mentre Rafa Nadal dovrebbe essere il portabandiera della Spagna ma non si sa ancora se il polso infortunato glielo permetterà: già nel 2012 dovette dare forfait) saranno a Rio: “Non vedo perché no, il torneo Olimpico è una sorta di quinto Slam quest’anno…anche di più, cade ogni quattro anni”.
Il presidente del Pro Council dell’ATP ha fatto presente: “Per alcuni giocatori il torneo Olimpico significa moltissimo, per altri no…i tennisti sono professionisti e ognuno dovrebbe fare quel che preferisce senza subire critiche per le loro decisioni”.
Ma in Austria, ad esempio, Thiem è stato pesantemente criticato dai connazionali più “nazionalisti”: “Io credo che nuoto ed atletica sono davvero sport olimpici, il tennis no. Per atleti e nuotatori vincere un Olimpiade è il massimo. Per un tennista è vincere uno Slam”.
Un concetto, questo, che aveva sempre sposato anche il mio vecchio amico e grande maestro Rino Tommasi che approfitto da queste colonne per salutare, augurandogli buona salute.
Tuttavia riportare il tennis alle Olimpiadi, progetto per il quale si era a lungo battuto Philippe Chatrier (l’ex presidente della Federtennis francese ed Internazioanle, cui oggi è dedicato il campo centrale del Roland Garros), ha significato per molti Paesi – come gli ex comunisti che avevano fondi destinati soltanto agli sport olimpici – dare maggior importanza al tennis.
Anch’io riterrei, nel rispetto di una tradizione ultracentenaria, che gli Slam siano ben più importanti di un titolo olimpico…anche se Roger Federer non ha mai fatto mistero di tenere moltissimo a quest’oro sfuggitogli e nonostante avesse vinto con Wawrinka quello del doppio a Pechino.
E sembrano contraddire le mie sensazioni, quelle di Thiem e di Tommasi, anche le dichiarazioni di Agassi, Davenport e Murray, tutti campioni olimpici: “Ho vinto tutti gli Slam, ma nessuno mi ha dato la soddifazione e l’orgoglio di quando ho vinto l’oro ad Atlanta”- ho sentito dire ad Agassi. “Ci sono motivi diversi che ti spingono a giocare diversi tornei: Coppa Davis e Olimpiadi non si giocano per i punti…”. Venus Williams che ha vinto quattro medaglie d’oro alle Olimpiadi (ma anche cinque Wimbledon per un totale di 7 Slam) ha dichiarato che i suoi trionfi olimpici sono stati i suoi traguardi più significativi: “I momenti di mio maggior orgoglio quando gli speaker sul campo pronunciano i miei risultati durante il palleggio di riscaldamento sono quelli in cui ricordano i miei successi olimpici”.
Post scriptum: mi congratulo intanto, con questo post scriptum che non c’entra nulla con questo articolo ma invece è attinente alle pessime condizioni meteo di questo Roland Garros, con l’amico e collega Alessandro Terziani per il titolo ideato ad un suo articolo dopo la disastrosa seconda giornata di fila al Roland Garros dominata dalla pioggia: “Ultimo fango a Parigi”. Sarebbe stata la satirica riedizione del film di Bernardo Bertolucci, ma di certo Simona Halep e Agniewszka Radwanska non avrebbero riso.