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PARIGI – Nessun dubbio su quale sarebbe stato il match del giorno. E non solo per la Francia. Tuttavia sul Philippe Chatrier mi ha fatto uno strano effetto sentire i 14.000 cantare: “Vive la France”. Forse neppure monsieur Chauvin avrebbe osato sperare tanto.
Però non si può dar torto a chi dice che a Wimbledon, per lo stesso match, scozzesi e inglesi si sarebbero probabilmente dimenticati per qualche ora almeno delle elezioni d’un anno fa che decretarono la bocciatura (di misura) degli indipendentisti Scottish.
Insomma tutto il mondo, di qua e di là dalla Manica, è Paese.
E alla fine di questa giornata triste e umida ma non davvero bagnata come si preannuncia ahinoi la successiva, Richard Gasquet, ultimo patriota francese di 26 all’avvio ancora in lizza, è tornato il grande perdente che conoscevamo prima che battesse qui l’ancora immaturo e muscolato aussie Nick Kyrgios e il giapponesino dal look fragile Kei Nishikori.
Riccardino di Beziers aveva vinto il primo set rimontando da 2-5 Andy Murray, ma dopo essersi esaltato nel ripetere analoga rimonta da 2-5 anche nel secondo, si era mangiato il 3-1 di vantaggio in un tiebreak che avrebbe potuto rivelarsi decisivo se gli avesse consentito un 2 set a 0 di abbrivio (al di là della già celebrata fama di “remuntador” del suo avversario).
Decisivo alla fine quel tiebreak lo sarebbe stato, ma a favore del Brit Murray che fra una smorfia disgustata e una serie di parolacce mai trattenute – Amelie Mauresmo le avrebbe mai sopportate? – ha infilato una brillante serie di 6 punti consecutivi per pareggiare il conto dei set ed involarsi per un traumatico 6-0, dura lezione per l’apallico Gasquet e i suoi 14.000 fans, poi mortificati anche dal successivo e finale 6-2.
L’umorale scozzese che riesce a vedere le nuvole anche in una giornata di pieno sole -e figurarsi quindi quando il cielo è plumbeo (quando non gocciolante) come in questi giorni – aveva deciso con il suo clan di “dipendenti” sempre pronti ad applaudirlo incessantemente nelle mille inquadrature passate dalla produzione tv francese, di subissarlo di palle corte fin dall’inizio.
E poi, quando quelle erano diventate prevedibili perfino per Gasquet deciso finalmente a rifiutarsi di appoggiarsi sempre ai teloni di fondocampo, l’irascibile Andy ha cambiato strategia per spingere più di dritto, per seguire qualche volta di più financo i servizi a rete, ridimensionando l’enfant du pays definitivamente in quattro set. “È stato un match con molte variazioni tattiche, scambi prolungati, angoli, smorzate, lob passanti, credo che la gente si sia divertita” ha detto Murray visibilmente soddisfatto anche della qualità del match dopo che nei turni precedenti aveva offerto più match di quantità.
Il BraveHeart d Dunblane incarna l’esatto contrario del mancato rugbysta di Beziers. Ha attributi pazzeschi. Il tifo contro di un intero stadio non lo intimidisce minimamente. Ma in semifinale Andy sa che, soprattutto se il campo e le Babolat impregnate d’acqua resteranno pesanti come gatti arrotolati, Stanimal potrebbe far valere la sua superiore potenza. Si è già palesata nelle tre sfide sulla terra battuta, tutte vinte dallo svizzero di riserva, ma Andy non era ancora il re di Madrid e Roma né il “terraiolo” che è improvvisamente diventato da un anno a questa parte. Però il fatto che Stan Wawrinka abbia vinto anche tutti gli ultimi tre duelli annacqua – è il caso di dire con questo meteo – il bilancio complessivo fin qui favorevole a Murray, avanti per 8 vittorie a 7.
“Mi piacciono le condizioni di Parigi, posso fare vincenti anche così” annuncia, senza sorprendere, il campione in carica, soddisfattissimo di aver raggiunto le semifinali dopo una stagione sulla terra battuta non del tutto convincente.
Ma per questa semifinale abbiamo ancora un giorno per parlarne e pronosticare. Invece cielo permettendo tengono il cartellone di questo giovedì Djokovic-Berdych con precedenti preoccupanti per il ceco (23 a 2 per Djoker-Nole) e gli amiconi Thiem-Goffin (compagni di doppio nella scorsa stagione americana e all’US Open, spesso sparring-partner e con un 4-2 di vantaggio per il belga).
L’unico a vincere in 3 il suo match di ottavi della metà alta del tabellone è stato Berdych, assai più facile del previsto su Ferrer che dài e dài alla fine sta accusando il peso degli anni e di troppe corse (63 75 63 in 2h e 12m). Gli altri tre hanno vinto tutti in 4 set, Djokovic dopo aver perso il primo l’altra sera e chiudendo con un po’ di affanno al quarto su Bautista Agut (36 64 61 75 in 3h e 12m), Thiem su Granollers (62 67 61 64 in 2h e 51 m), Goffin su Gulbis (46 62 62 63 in 2h e 35m).
Partite non particolarmente entusiasmanti, a parte il fatto che le ho seguite spizzichi e bocconi e che vi consiglio di recuperare dalle nostre eccellenti cronache… (per il cui sforzo, scusatemi se mi permetto di …suggerire, gradirei ogni tanto leggere che qualcuno si complimenta con il team che le fa! Basta invece che uno incappi in un lapsus, tipo quello in cui è incorso ieri l’ottimo Garofalo quando chissà perché – tenniste sudafricane proprio non esistono e lui è il primo a sapere che la Stosur è australiana, con il suo passato di campionessa all’US open e di finalista sconfitta dalla Schiavo qui a Parigi 2010 – ha attribuito un passaporto sudafricano alla Stosur…e subito scrivono decine di lettori che puntualizzano, stigmatizzano e ironizzano. Forse dovremmo fare più refusi ed errori…così riceveremmo più commenti!).
Berdych si era distinto, oltre che sul campo, anche con uno dei suoi tweets “Parigi perché non ti fai portare dall’Australia uno dei tre campi con il tetto?”. E a noi ha poi detto: “Con i soldi che il torneo fa e con un evento di questa portata credo di essere stato onesto…”.
Murray invece aveva preferito dedicarsi al suo hobby delle parole crociate, anziché tweets. Ma quando gli chiedono se sarebbe contento di battere Wawrinka per poter dire di aver raggiunto tutte le quattro finali degi Slam, non reagisce benissimo: “Sono qui per vincere il torneo, non per raggiungere la finale…questo è il mio obiettivo”. Poi però aggiunge: “È stato positivo oggi aver affrontato un giocatore che tira il rovescio ad una mano come Gasquet in vista di Wawrinka…ma Stan serve più forte ed è difficile stappargli la battuta quando serve bene”.
Anche Goffin non si accontenta del primo quarto di finale raggiunto qui, esattamente come per Thiem: chi vincerà fra lui e l’austriaco (reduce dal successo nel torneo di Nizza) sarà top-ten, per la prima volta, l’altro n.11. “Sono stati due giorni da incubo, d’inferno – ha detto il belga – non siamo quasi riusciti a giocare…ieri avevamo giocato, Gulbis ed io, solo tre games…Ora anche se ho battuto Dominik più volte so che sulla terra rossa lui può giocare ogni tipo di colpo dalla riga di fondo. Poi serve molto bene: la sua seconda palla è una delle migliori del circuito”.
Insomma il timido Goffin, dal tennis pulito ma leggero, ha messo le mani avanti. Thiem mi è parso più sicuro di sè, nonostante il bilancio negativo con l’amico. Io penso che vincerà lui. Ma spero soprattutto una cosa: che non piova anche questo giovedì, perché di pioggia – e non solo perché vengo al Roland Garros con uno scooterone MP3 della Piaggio – ne abbiamo tutti abbastanza