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PARIGI – L’austriaco Dominic Thiem, 22 anni e n.15 ATP, sarà come minimo n.7 del mondo lunedì. Ciò comunque vada a finire la sua semifinale contro Novak Djokovic (dal quale ha perso due volte, ma a Miami dopo aver mancato un putiferio di palle break) che verrà giocata sul Suzanne Lenglen, un campo che potrebbe favorirlo visto che è lì che ha trascorso 2h e 51 minuti per battere il suo amico Goffin, rimontandogli un set di handicap e annullandogli un setpoint forse decisivo nel tiebreak del secondo set.
Dominic, visino pulito, e a suo dire “troppo giovane per avere avuto per idoli Muster e Skoff…però sei anni fa fu bello vedere Jurgen Melzer in semifinale qui, in questo torneo”, scavalcherà proprio Melzer che era stato n.8.
Il ragazzo però è ambizioso: agli amici più intimi non nasconde che il suo obiettivo è diventare n.1 del mondo, come Thomas Muster che nel ’95 vinse sulla terra rossa tutto quel che c’era da vincere, Montecarlo, Roma, Roland Garros. Quello è un obiettivo che sta particolarmente a cuore a Gunther Bresnik, il suo coach (55 anni, è nato il 21 aprile 1961 “il giorno stesso di Queen Elizabeth, il giorno dopo Adolf Hitler, ma non ne sono orgoglioso!”) che io ho conosciuto bene a Firenze 25 anni fa nel “mio” torneo ATP di Firenze alle Cascine, quando lui allenava Horst Skoff (che arrivò a giocare, e a perdere, una finale tutta austriaca contro l’odiatissimo rivale Muster). Chi stava con Skoff (scomparso qualche anno fa in strane circostanze) non poteva amare Muster il quale, dal canto suo, proprio in quei giorni fiorentini mi aveva confessato: “Se potessi trovarmi un giorno faccia a faccia con Skoff, in una stanza vuota e senza testimoni, mi piacerebbe tanto cazzottarlo fitto fitto!”. Skoff, caratterino che non vi dico, matto come un cavallo imbizzarrito e grande playboy (a Firenze si era portato dietro nientemeno che Miss Universo!) non si sarebbe tirato indietro. Il naso a Muster lo avrebbe rotto volentieri.
Bresnik in Austria è un “Nume” più ancora dei giocatori che ha allenato. Per 9 anni è stato capitano di Coppa Davis. Di lui si era parlato parecchio qui al Roland Garros anche due anni fa, grazie ai ripetuti exploit di Ernests Gulbis che giunse in semifinale (battendo Federer e Berdych), stesso traguardo raggiunto adesso da questo ragazzo timidissimo e super educato, Dominic Thiem. Lo intravedo in sala conferenze stampa, con Dominic che rispondendo ad una mia curiosità ha appena raccontato che “non sono stato io a scegliere Bresnik come allenatore, ma i miei genitori, per il semplice fatto che io avevo solo nove anni”.
Faccio un rapido calcolo e mi chiedo: “Ma come ha fatto Dominic a stare per 13 anni con un coach come Bresnik che, per la straordinaria carriera che ha avuto, …non allena certo a poco prezzo?” Lo chiedo allora a Nicola Arzani, il media manager dell’ATP che sta spippolando sul cellulare, durante la conferenza in tedesco, che tanto (purtroppo) sia io sia lui capiamo ben poco. Gli chiede se sono ricchissimi i genitori o cosa? “No, sono entrambi maestri di tennis e devono essersi accordati in qualche modo” risponde Nicola.
Così, meglio preparato, vado a fondo sala stampa da Gunther – l’intervista sarà lunga e spezzata in due, una parte registrata (l’audio lo trovate in chiusura) e l’altra no per …problemi tecnici, lo saluto complimentandomi e subito scusandomi.
-Sorry, ma non ricordo proprio più quanti top 100 hai allenato…
Lui, con i riflessi di Dominic, risponde prontissimo: “Ventisette”!
-Non credo alle mie orecchie. Ricordavo naturalmente Boris Becker, e Horst Skoff, non ricordo se abbia mai allenato anche qualche ragazza
No, no, ho quattro figlie e mi bastano, di allenare ragazze non se ne parla.
-Ricordi tutti i giocatori che hai allenato?
Li ricordo tutti, ma è una lista piuttosto lunga, sono 27 top100. Boris (Becker, ndt) è stato l’unico numero 1 del mondo, poi tra gli altri Leconte, Koubek, Hlasek, Tarango, Patrick McEnroe, Haider Maurer, Koubek, Jim Grabb, Chesnokov. Cherkasov, Baur, Gary Muller, Amos Mansdorf, Gulbis, Antonitsch (che è lì presente e mi dirà qualche cosina interessante, oltre a dire: eravamo tanti lì, ed anche molto divertente…è importante che i ragazzi lavorino anche duro ma divertendosi; quelle accademie che non sono capaci di creare una buona atmosfera hanno sempre risultati fallimentari…;n.d.UBS…cui viene ovviamente in mente Tirrenia)….
–Dominic Thiem è il tuo allievo adesso. Credi sia il più talentuoso tra quelli che hai avuto finora?
No, Gulbis, con cui ho lavorato per quattro anni, è senz’altro stato il più dotato naturalmente, e di gran lunga. Ma se si parla di passione, di etica del lavoro, di impegno, Dominic è in cima alla lista assieme ad un altro paio. Tutto quello che ha ottenuto è frutto di durissimo lavoro. Suo padre venne alla mia accademia e mi chiese di lavorare con me per imparare a fare il coach, aveva una scuola tennis a sud di Vienna. Gli chiesi quanto guadagnava, me lo disse e io gli fece presente che da me non avrei mai potuto pagarlo così tanto. Quindi gli sconsigliai di farlo, perché sarebbe stato un investimento troppo oneroso per la famiglia Thiem. Andò via scuotendo la testa. Ma il giorno dopo lui venne rinunciando alla propria Tennis Academy, dopo non poche discussioni con sua moglie che glielo sconsigliava.
-Ma quanto stavano lontano i Thiem dalla tua Accademia?
Una cinquantina di chilometri. Credo abbiano speso più soldi in benzina di quanto io lo abbia mai pagato, ma da quando è venuto la prima volta Dominic non ha mai saltato un giorno. Lo accompagnava il padre, lo veniva a riprendere la madre o uno dei nonni, giorno dopo giorno, 100 km al giorno (e mi è qui tornata a mente la storia analoga, fatta di km e tanta benzina, di Kim Clijsters e di sua mamma costretta a farle da autista per 100 km al giorno; n.d.UBS). Il papà di Dominic, Wolfgang (che a sentire Alex Antonitsch gli assomiglia come una goccia d’acqua e pare “suo fratello minore”, dice proprio così…; n.di UBS) ha una passione sconfinata per il tennis e Dominic ha senz’altro preso da lui questa passione e determinazione. Ha sempre voluto imparare qualcosa di più.
-Il padre di Dominic è ancora con te all’Accademia?
Certo, se non ci fosse lui chiuderemmo (ride)!
-Quante persone lavorano all’Accademia?
Sei coach e un fisioterapista.
-E quanti campi ci sono alla Wien Sud Stadt, che funge anche da National Tennis Center?
11 in terra battuta, 2 in cemento, più 5 coperti in terra rossa e tre indoor in cemento.
-Adesso segui Dominic per tutto l’anno? O continui con l’accademia?
Mi prendo pochi tornei di pausa. Non vado in Sud America o in Asia a fine anno, il resto dell’anno sono sempre con lui.
-Mi hai detto che Dominic ha questa determinazione così forte. In cosa credi dovrebbe migliorare?
Deve ancora costruirsi un’identità. Ha molte facce in campo, difende, attacca, a volte è monotono altre è creativo. C’è molto potenziale, ma non lo usa ancora bene. Deve imparare a servire meglio la prima ad esempio. Come velocità, anche se non molti magari se ne sono accorti, è il terzo del torneo, preceduto soltanto da Isner (228 km all’ora) e da Raonic (227), ma lui che ha servito a 221 sta davanti a Karlovic (220) – (e a Groth e Sock a 217, Chardy, Kyrgios a 216, Lopez, Anderson e Querrey a 215 etcetera) – ma la percentuale è spesso troppo bassa, quindi la deve variare d più. Ma (e lo aveva detto Goffin che lo conosce bene per essercisi allenato mille volte già ieri) la sua seconda palla di battuta è forse la migliore del circuito oggi.
Lì si avvicina anche Dominic, sorridente e rilassato. Antonitsch, che non aveva grande talento ma tanto killer instinct (è arrivto a n.40 del mondo) mi dice davanti a lui: “Il problema di Dominic è che è troppo nice…”. E io aggiungo: “E pure timidissimo!”. E Dominic: “Non è una cosa brutta essere timidi” e sorride. Poi Alex mi parla del suo fratellino, Mauritz: “Ha 16 o 17 anni, e come Dominic gioca il …tennis di Federer!”. Chiedo a Dominic allora: “Ha anche lui il rovescio ad una mano?”. E lui: “Molto migliore del mio!”. Lo dice sorridendo ma seriamente allo stesso tempo.
Cavolo, signori della FIT, ma un coach come Gunther Bresnik perché noi non l’abbiamo trovato?
Dopo questa esplorazione nel camp-Thiem oggi seguirò con ancor maggior curiosità la sua partita contro Djokovic. Che resta favorito, ci mancherebbe. Ma forse non così di tanto contro questo austriaco dai modi e dal tennis elegante. Di Federer ne è nato uno solo, ma questo ragazzo ha qualcosina che gli somiglia. E sulla terra rossa non sembra aver paura di nessuno anche se è lui il primo a dire: “Nei primi due set Goffin (che diventerà n.11 lunedì: nessun belga è mai stato top 10; n.d.UBS) ha giocato meglio di me”. Insomma è anche umile. Federer, per la verità, molto umile non lo è mai stato.
https://soundcloud.com/ubitennis/exclusive-interview-with-gunther-bresnik