Due tenniste e due, massimo tre set. È sabato, il sabato della finale femminile e come ogni anno questo rimane, dei quindici giorni e delle centoventotto partecipanti all’Open di Francia. Le due tenniste in questione sono Serena Williams, non una gran novità, e Garbine Muguruza.
Le due sfoggiano un palmarès ben diverso ma il loro percorso 2016 a Porte d’Auteuil, dall’ingresso all’ultimo atto, è stato quasi identico. 38 game persi dalla numero quattro, uno in più dalla numero uno, e un solo set a testa lasciato per strada: il primissimo del torneo per Garbine, nel match d’esordio contro Anna Karolina Schmiedlova, e quello d’apertura nel match dei quarti di finale contro Yulia Putintseva per Serena. Per il resto, un vero e proprio dominio. C’è da ammettere, tuttavia, che le avversarie incontrate lungo il cammino non sono state nulla di spaventoso. Quella con il ranking più alto tra quelle affrontate da Muguruza è la numero 15 Svetlana Kuznetsova, mentre per la Williams addirittura non c’è stato niente di più pericoloso (sulla carta) che numero 18 del seeding Elena Svitolina. Che nel circuito WTA il concetto di testa di serie sia meno decisivo non è in dubbio – basti pensare che più di un terzo di queste è stato eliminato dallo Slam in corso tra primo e secondo turno – ma è innegabile che un tabellone del genere funga da spiegazione, almeno parziale, per il dominio numerico delle finaliste nei loro primi sei match.
La striscia positiva di Serena si estende ancor più indietro, perché in caso di successo per lei si tratterebbe anche della dodicesima vittoria consecutiva: viene infatti dal successo agli Internazionali BNL d’Italia, ottenuto senza perdere neppure un set. E a proposito d’Italia, il nostro ricordo della sua avversaria spagnola Garbine è legato non solo alla semifinale ottenuta nel recente Premier di Roma ma anche, e purtroppo, a due match quasi a senso unico, vinti nello spareggio di Fed Cup contro le azzurre Francesca Schiavone e Roberta Vinci. Un nome, quest’ultimo, che Serena Williams conosce fin troppo bene, perché è il nome che ha strozzato in gola il suo grande “Slam!” lo scorso settembre, a New York, casa sua. Pur con uno stile di gioco opposto, Muguruza proverà a fare qualcosa di simile.
Per farsi un’idea delle reali possibilità che Garbine ha di aggiudicarsi il trofeo, si può provare a scorrere tra i precedenti. Ce ne sono soltanto quattro, tutti curiosamente risalenti a tornei Slam, e se la spagnola – ma nata in Venezuela – ne ha vinto uno solo è anche vero che ha vinto l’unico giocato sulla terra rossa. Al secondo turno del Roland Garros del 2014, infatti, l’allora ventenne Muguruza scioccò la sua idola d’infanzia con un doppio 6-2, giocando al massimo per l’intero match senza lasciarle respiro. “Da quando ero bambina” disse allora, “accendo la TV e la vedo giocare. So tutto: come serve, come gioca un rovescio… ho visto centinaia di video di lei che si allena”. Quel giorno Garbine impedì all’avversaria di rientrare in partita, cosa che invece ha rischiato di fare ieri, tremando al momento di chiudere i conti con Sam Stosur, e che è riuscita alla Williams già due volte in questa edizione, sia contro Putintseva che in semifinale contro Kiki Bertens.
Garbine e Serena si assomigliano per atteggiamento, sono determinatissime in campo e gioviali fuori, ma il paragone tecnico più calzante per la numero 4 del ranking è quello con la rivale perdente di Serena, Maria Sharapova. Non un ottimo auspicio, ma non per forza una condanna. Certo è che il duello sarà costituito di colpi tesi e potenti, di attacco, e che forse, proprio per questo, a vincerlo potrebbe essere colei che sarà in grado di trovare le soluzioni difensive più efficaci. Facendo sbagliare l’avversaria, limitando i propri errori. A parità di condizione fisica (Serena finora non è apparsa al top della forma) sarà questo fattore, unito alla lentezza di una superficie che costringe a pensare, ad orientare il match verso la tennista che saprà rimanere più fredda. Una vuole vincere il suo primo Slam, l’altra punta all’ennesimo, per nessuna si tratta di una passeggiata.
Se la minore delle sorelle Williams, a differenza dell’anno passato, non si presenta più sul rosso di Parigi all’inseguimento del Grande Slam – la sua corsa si è interrotta alla prima tappa, quella di Melbourne, dove è stata sconfitta a sorpresa in finale da Angelique Kerber – la pressione di dover “fare la storia” non le manca neppure stavolta. Sollevando la Coppa Suzanne Lenglen, infatti, Serena eguaglierebbe il record di 22 trofei Slam nell’era Open, al momento detenuto da Steffi Graf (non solo: per lei si tratterebbe anche del quadruplo Career Grand Slam, in parole povere l’aver trionfato almeno quattro volte in ognuno dei major). L’ombra della tedesca, considerata universalmente una irripetuta icona di eleganza tennistica e – lei sì – capace del Grande Slam quello vero, da anni grava impietosa sulla numero uno statunitense.
Definita sgraziata, pesante, iper-muscolare, troppo mascolina, Serena Williams tenterà comunque di nuovo l’assalto alla Graf, per tentare di dimostrare con i numeri il proprio diritto ad essere rispettata come campionessa. Il compito all’apparenza improbo di fermarla andrà ad una ragazza, Garbine Muguruza, di soli ventidue anni e che però è già alla seconda finale Slam in meno di dodici mesi. La prima, a Wimbledon, la perse 4-6 4-6. Vi ricordate contro chi, vero? Esatto: proprio Serena Williams.