Riviviamo la doppietta Roma-Roland Garros ’76 di Panatta
Roland Garros 2016 – 1976. Dopo quarant’anni Adriano Panatta torna a Parigi con tutti gli onori riservati ai grandi del tennis: il campione del 1976 è chiamato a consegnare la coppa al vincitore dell’edizione 2016. Il ribelle romantico, così come viene definito il nostro ex numero uno, nel capitolo a lui dedicato, nel libro “La fabuleuse histoire de Roland Garros” di Patrice Dominguez (edito nel 2008, in occasione dell’ottantesimo anniversario dello stadio di Porte d’Auteuil). Adriano ritorna così nel luogo del delitto, dove per ben due volte fece cadere il re svedese Bjorn Borg. Negli ottavi di finale del 1973, dopo una partita intensa, chiusa in quattro set (7-6, 2-6, 7-5, 7-6) e tre anni più tardi nei quarti, ancora una volta in quattro set (6-3, 6-3, 2-6, 7-6).
Tutto si svolse nel giro di pochi mesi nel 1976, tanto caro al tennis italiano, l’anno dell’unica coppa Davis conquistata dal nostro paese. Al tempo nessuno avrebbe scommesso un penny o meglio un franco su una sconfitta di Borg a Porte d’Auteil. “Lo svedese non appartiene al nostro mondo”, questo era il pensiero della maggior parte dei giocatori di quel tempo. Forse proprio solo Panatta in cuor suo sapeva che avrebbe potuto farcela ancora. Tanto più dopo aver conquistato il Foro Italico, successo che accese il tifo italiano. In Italia in molti si ritrovarono un po’ tennisti. Pure chi vi scrive, che all’epoca aveva solo dieci anni e che da allora non ha smesso un istante di seguire il tennis, rimanendo legato a quell’ immagine vincente di Panatta.
In quel mese di maggio Adriano arrivò a Parigi “en confiance”. Aveva finalmente vinto nella sua Roma e quel Roland Garros fu per lui a dir poco miracoloso. Ad incominciare dalla vittoria nel primo turno contro l’ambidestro Pavel Hutka, salvando anche un match point, grazie ad un tuffo, pressoché disperato. Il match finì 12-10 al quinto set, con un set perso da Adriano, il quarto, addirittura 6-0. Il primo segno del destino, che si sarebbe compiuto da lì a poco. Adriano giocava con una maglietta verde e con dei pantaloncini bianchi che in quei giorni non osò cambiare più fino alla fine del torneo. Lo stesso Adriano se ne prese amorevolmente cura, lavandoli lui stesso al termine di ogni incontro. Dopo Pavel Hutcka fu la volta del giapponese Jun Kuki, a seguire un altro cecoslovacco, Jiri Hrebec ed infine il croato Zeljco Franulovic, oggi famoso per essere il direttore del Master 1000 di Montecarlo. Tutti match relativamente tranquilli, con Panatta sempre più sicuro di sé stesso. Nei quarti però ecco l’atteso incrocio col re svedese. Che però arrivava all’appuntamento ormai distrutto dalla maratona degli ottavi contro il francese Jauffret che, sul 6-5 del quinto set e servizio, si spense, lasciando via libero a Bjorn Borg. Panatta ringrazia e vola in semifinale dove fa fuori Eddie Dibbs e approda in finale contro Harold Solomon (6-1, 6-4, 4-6, 7-6) diventando, quindici anni dopo Pietrangeli, il secondo italiano campione dello slam parigino. Un successo che riconciliò il Roland Garros del tempo con quel genere di tennis denominato “il romanticismo latino”. Adriano tornò ancora al Roland Garros senza più le stesse emozioni, salvo un incontro di primo turno nel 1980 contro Jimmy Connors, ad un passo dal quinto set.
Nel 1983 l’organizzazione del torneo parigino regalò una wild card al nostro ex numero uno. “Volevo giocare quel torneo un’ultima volta, quasi a ringraziare il pubblico per avermi sostenuto così a lungo” racconta lo stesso Panatta nel suo “Più dritti che rovesci”. Ma, in modo molto rocambolesco, perse l’aereo, rimanendo bloccato nel traffico mentre si dirigeva verso l’aeroporto di Pisa. Ebbene, questa domenica ad Adriano Panatta è stata concessa una sorta di seconda wild card. Sullo Chatrier potrà finalmente ringraziare il pubblico parigino che, a distanza di quarant’anni, non si è ancora dimenticato di quel bel ribelle romantico.