[1] N. Djokovic b. [2] A. Murray 3-6 6-1 6-2 6-4 (da Parigi, il nostro inviato)
Novak Djokovic ce l’ha fatta. Al dodicesimo tentativo fa centro al Roland Garros, vince il dodicesimo Slam della carriera e sfata quella che stava per diventare una maledizione. Nole diventa il terzo giocatore della storia a detenere contemporaneamente i quattro titoli dello slam dopo Rod Laver e Don Budge e mai come quest’anno avrà l’occasione di chiudere il Calendar Grand Slam. Intanto si iscrive anche alla ristretta cerchia dei fenomeni della storia del tennis che hanno vinto tutti i Major (il secondo più “anziano” con 29 anni e 38 giorni dopo Andre Agassi che completò il quadro a 29 anni e 14 giorni. Roy Emerson, Roger Federer, Rafa Nadal e Fred Perry gli altri oltre ai già citati Budge e Laver ).
Niente da fare per Murray che non riesce a far risuonare le note del “God save the Queen” a Parigi ottantuno anni dopo Fred Perry, ultimo britannico a vincere nel 1935. Dopo un primo set in cui ha approfittato della partenza diesel di Novak Djokovic (come la sua Peugeot) lo scozzese è andato via via spegnendosi dinanzi ai colpi del serbo sempre più convincente e deciso. Nole è stato probabilmente vittima ad inizio partita della troppa voglia di vincere l’unico grande torneo che ancora lo respingeva, ma alla lunga la sua superiorità in ogni aspetto del gioco è stata fin troppo netta e a tratti imbarazzante. Non è stata una partita esaltante (come tutto il torneo del resto) ma ciò che conta alla fine è che abbia consegnato definitivamente il serbo alla storia di questo sport.
Lo Chatrier è gremito in ogni ordine di posti per quello che ormai è diventato un grande classico delle racchette contemporanee: è la settima volta che Djokovic e Murray si ritrovano assieme in una finale di uno Slam con il serbo quattro volte vincitore in Australia e lo scozzese campione di Wimbledon e US Open. È la nona volta che le prime due teste di serie si affrontano nella finale del Roland Garros nell’era Open e la numero 2 ha vinto per ben quattro volte. Tuttavia Nole ha vinto dodici delle ultime quattordici sfide contro Murray, che l’ha spuntata solo a Montreal lo scorso anno e a Roma pochi giorni fa.
Un boato accoglie l’ingresso in campo di Novak Djokovic e subito partono i cori “Nole! Nole!”: lo Chatrier almeno inizialmente è al suo fianco e vuole che oggi si scriva la storia. L’avvio di partita è da shock per il britannico che cede a zero il game alla battuta di apertura ma riesce subito a recuperare al cambio di campo pressando da fondo e completando l’opera con uno splendido lob che scavalca Djokovic chiamato a rete da un dropshot ben giocato. Il copione della partita è per entrambi subito chiaro: lunghi scambi soprattutto sulla diagonale sinistra e palle corte a spezzare il ritmo. È però Djokovic a tradire maggiormente la tensione della altissima posta in palio, il quinto errore gratuito (quarto con il diritto) gli costa il secondo break di fila e lo scozzese si porta in vantaggio, tenendo anche comodamente il suo game di servizio concluso con un ace (4-1).
Il body language dei due giocatori è molto chiaro, Murray è determinatissimo e si incita ad ogni punto, Nole è contratto e nervoso e si sommerge sotto una valanga di errori. Lo scozzese porta a casa anche il primo game che va ai vantaggi del set, spingendo con il servizio e riuscendo ad impattare con decisione anche quando il serbo prova ad alzare la traiettoria dei colpi (5-2). Dalle tribune uno spettatore invita Nole a svegliarsi – “Wake up Djoko, Wake up!” – ma la reazione del serbo si concentra sull’arbitro reo di aver giudicato buono e vincente un servizio di Murray. Lo Chatrier ulula di sdegno, in maniera francamente insopportabile, impedendo la ripresa del gioco addirittura per due minuti, ma Murray non si distrae ed al terzo set point chiude il parziale. Bravo Murray ma davvero incredibile lo score di Djokovic che colleziona tredici errori in un solo set, otto con il diritto e cinque con il rovescio.
E l’inizio di secondo set non sembra promettere niente di buono per il numero uno del mondo che in vantaggio 40-15 nel primo game si incarta con un doppio fallo ed offre una palla break a Murray, bravissimo ad infilarlo con un passante in cross di diritto dopo una difesa pazzesca. Qui è bravo Djokovic a serrare le fila aggrappandosi al servizio. Al cambio di campo però un paio di errori del britannico offrono due palle break (le prime dopo il primo gioco della partita) al serbo che approfitta di un doppio fallo di Murray per portarsi in vantaggio (2-0) nel tripudio dello stadio, neanche ci fosse in campo un francese.
Djokovic avrebbe anche due palle break per ammazzare il set, ma con un errore di diritto ed una scellerata palla corta consente al numero due del mondo di restare in vita (3-1). Sugli spalti si fa politica tra un “Allez Hollande” un “Allez Sarkò” e intanto Djokovic comincia a mulinare il suo gioco spingendo Murray sempre più lontano dalla riga di fondo. Il ko è solo rinviato perché nel sesto gioco un millimetrico rovescio lungolinea consegna al serbo un altro break e di fatto il set, con Murray che all’improvviso comincia ad apparire dimesso ed inizia i suoi monologhi che tanto hanno infastidito Amelie Mauresmo. Insomma, dopo un’ora e ventuno minuti di gioco si sono conclusi già due set e questa è una notizia: siamo in parità ma con la partita che sembra aver preso la sua strada più tradizionale (23-10 per Nole gli h2h).
Nel terzo gioco del terzo set Andy è subito nei guai con due palle break da fronteggiare, mentre in tribuna stampa ci si lamenta per la scarsa qualità del gioco – “Speriamo facciano in fretta”: lo scozzese salva la prima in spinta e si incita con il consueto “Let’s go!” ma affossa in rete una comoda volée di diritto e cede il servizio (1-2). È una rottura prolungata quella del britannico che concede un altro break allo scatenato Djokovic (adesso sì) che incendia il pubblico con una strepitosa contro smorzata che certifica un parziale impietoso, dopo il primo set, di dieci giochi a due. Che diventano undici, non bastano neppure quattro palle break nel sesto gioco per abbozzare un tentativo di rimonta, prima che Murray argini l’emorragia (5-2) senza però evitare la fine già scritta del parziale. Dopo due ore e otto minuti la montagna da scalare per lo scozzese è davvero altissima anche perché ora in campo c’è la migliore versione del torneo di Djokovic.
Quando ad inizio quarto set Murray scivola subito sul proprio servizio incaponendosi a servire sul rovescio di Djokovic e inabissandosi sotto una serie di errori, il film della partita sembra irrimediabilmente ai titoli di coda. L’orgoglio scozzese tiene a galla Murray che salva un mini-match point annullando la palla del 1-4 con un gran diritto su una smorzata del serbo e si riporta in scia (2-3). La resa è però solo rinviata di qualche minuto, Nole viene a prendersi un altro break (a zero) mandando Murray da una parta all’altra del campo e finendolo con un diritto lungolinea che lo porta a servire per il suo primo titolo a Porte d’Auteuil tra l’entusiasmo dello Chatrier, mai così serbo.
Ma la storia ha il suo peso e Nole al momento di chiudere trema. Murray gioca finalmente un paio di game da numero due del mondo, recupera un break, si riporta sotto sul 4-5 e sembra dire a Djokovic: “Vieni a prendertela tu”. All’improvviso il pubblico sostiene Murray, vuole ancora un po’ di partita, ma è solo un brivido che dura il tempo di uno 0-15 e di un doppio fallo sul primo match point e un rovescio largo sul secondo. Quando l’ultimo rovescio di Murray affonda in rete, Nole può sdraiarsi sul sacro suolo di Parigi e disegnare un cuore rosso come fece Guga Kuerten che applaude e sorride in tribuna.
Adriano Panatta torna a calcare quaranta anni dopo il campo che lo ha reso immortale e nel momento esatto in cui consegna la Coppa dei Moschettieri a Novak, spunta insolente e poetico il primo raggio di sole che Parigi ricordi da dieci giorni a questa parte. Per i serbi è un segno divino, per noi forse una terribile beffa.