Dal nostro inviato a Londra
Bernard Tomic è uno dei ragazzi più controversi del circuito. Spesso più noto per le sue bravate, in campo e fuori, che per i successi che continuano a mancare, l’australiano classe 1992 a volte mostra in partita un atteggiamento che fa sorgere la legittima domanda: Ma gliene importa davvero qualcosa, a questo qui, del tennis? Tra una risposta col manico e un match abbandonato dopo soli otto minuti – Tomic detiene anche il record per la sconfitta più rapida nella storia del tennis ATP – verrebbe spontaneo dire di no.
Eppure l’erba di Londra sembra stare curando, o almeno nascondendo temporaneamente, le nevrosi del ragazzo: è nei quarti di finale, dopo aver rimontato e vinto un set in cui si trovava sotto 1-4 (contro Kevin Anderson) e un match del quale aveva perso il primo set (contro Fernando Verdasco). La conferenza stampa che ha seguito l’ultimo dei due successi è stata scarsamente popolata. Con poche domande e tanto tempo per parlare, sollecitato da Ubitennis, Bernard ha voluto dare la sua versione dei fatti.
“Spesso gli spettatori mi scambiano per qualcuno che perde di proposito. Mi accusano di questo” dice. “Questo” sarebbe il tanking, appunto la pratica che consiste nello smettere volontariamente di impegnarsi durante un incontro, con o senza un secondo fine truffaldino. “A volte però è proprio quello il modo in cui riesco a rientrare” sostiene Tomic, dando inizio alla sua astrusa spiegazione: “Sfrutto la situazione di svantaggio come un’arma: invece di apparire pronto e reattivo, do all’avversario l’impressione di non essere in partita“. Almeno contro Verdasco, la tattica sembra essere funzionata: vinto, anzi stravinto il tie-break del primo set, il mancino spagnolo si è approcciato con troppa tranquillità ai game iniziali del secondo parziale, subendo l’impetuoso ritorno dell’aussie.
Tomic passa quindi ad una seconda fase della sua autoanalisi. “Credo che il mio body language abbia molto a che fare con ciò. A volte può sembrare molto negativo…” Segue una piccola pausa, e poi un esempio inaspettato: “Io e Nick“ – Nick sarebbe Nick Kyrgios, connazionale e compagno di Coppa Davis di Bernard ma tutto fuorché il suo migliore amico – “beh, noi due non siamo molto bravi in risposta. Quindi a volte, se siamo sotto 30-0 o 40-15 in un game e l’avversario serve una buona prima sembra che stiamo camminando. Ma siamo davvero lì con la testa.”
Ad aiutarlo a rimanere concentrato sulla partita è, per sua stessa ammissione, Lleyton Hewitt. Il capitano del team australiano è stato uno dei più grandi fighter della storia recente del tennis, ed è al momento presente al Queen’s Club in quanto quattro volte campione del torneo. Questa edizione è infatti dedicata a coloro che hanno sollevato la coppa in quattro edizioni differenti, come John McEnroe (già presente come coach di Milos Raonic), Boris Becker, Andy Roddick. Nella diffusa speranza che Andy Murray li superi tutti ottenendo il quinto successo. E chissà che, nel tentativo, non finisca per imbattersi in Bernard Tomic, autoproclamatosi nuovo combattente e scaltro tattico.