dal nostro inviato a Londra
Vent’anni fa hai vinto il tuo unico Wimbledon. Ti sembra passato così tanto tempo?
Beh, è tanto tempo di sicuro, ma io non ho la sensazione che lo sia. Ricordo che quando giocai per la prima volta a Wimbledon erano passati undici anni dall’ultimo successo di Borg lì, e sembrava passata un’eternità. Quindi immagino che i ragazzi che giocano Wimbledon oggi possano pensare che sia passata un’eternità da quando lo vinsi io, e che io sia un’anticaglia. A pensarci, mi fa sentire davvero vecchio. Ma la memoria è sempre così vivida.
Ci fu anche uno streaker (una persona del pubblico che invade il campo nuda, ndt), vero?
Sì, sì. Non sono così vecchio, me lo ricordo. (Ride.) Fui fortunato: a Wimbledon ci sono stati due streaker, un uomo e una donna, e a me capitò la donna. Buon per me. (Ride.)
Quell’anno il tempo fu cattivo, e dovesti allenarti molto al coperto.
Sì, ma avevo iniziato ad allenarmi quanto possibile sul cemento in ogni caso. C’erano due cose che non mi piacevano dell’erba. La prima era che trovavo difficile muovermi, e trovai rimedio: un amico, fisioterapista, mi consigliò di imparare il karate. Io ero terrorizzato dallo scivolare e dall’inciampare, e il karate insegna come cadere e rotolare nel modo giusto. L’altro problema con l’erba era che non avevo ritmo. Certo, il mio gioco non era propriamente basato sul palleggio, ma non mi sarebbe dispiaciuto colpire qualche palla ogni tanto. Sull’erba mi sentivo ogni giorno come il peggior giocatore di sempre. Poi lessi che Andre Agassi, subito prima di vincere Wimbledon nel 1992, non si era allenato quasi mai sull’erba. Decisi di fare lo stesso, andai a dei campetti oltre i campi da golf, dei campetti davvero tutt’altro che buoni, ma dopo venti o trenta minuti mi sentii di star giocando bene di nuovo. Fu importante.
Hai consigliato qualcuna di queste tattiche a Stan?
I campi qui sono così buoni che è praticamente come giocare sul cemento. Nei primi anni 90 i campi in erba erano messi molto peggio. Una buona notizia per quest’anno è che grazie all’estate britannica ci siamo dovuti allenare già due volte al coperto, sul cemento. Riguardo il karate, Stan si muove con naturalezza sull’erba e non ha la minima paura di cadere.
Pensi che Stan, per il gioco che ha, abbia ottenuto meno di quanto avrebbe potuto su erba?
L’anno scorso è stato a due punti dal giocare le semifinali di Wimbledon. Sul 5-pari nel quinto set Gasquet, sotto 0-30, ha giocato una volée incredibile e si è salvato dal concedere triplo break point. Il punto è che sull’erba succede tutto molto velocemente: in qualche modo perdi tre giochi e non sai nemmeno com’è successo. L’obiettivo principale è sentirsi a casa sull’erba, e io penso che Stan abbia il gioco per farlo.
Il tuo rapporto con Stan al momento è soltanto per la stagione sull’erba, o pensate di estenderlo?
È soltanto per la stagione sull’erba. Stavo già pensando a qualcuno con cui lavorare, prima che Magnus (Norman, l’allenatore di Wawrinka, ndr) mi contattasse. Al termine della stagione sull’erba, il mio obiettivo è lavorare per 18-20 settimane con un giocatore, dopo gli US Open. Non so chi sarà, potrebbe essere sempre Stan. Per ora aspetto giovedì, quando saprò se i miei figli saranno stati promossi e quindi lasceranno casa. Se così non fosse, rimarrebbero a casa per un altro anno e io non potrei allenare dopo la stagione sull’erba. Se invece dovessero lasciare casa, la professione di allenatore mi piacerebbe molto. Certo, se Stan dovesse giocare malissimo tutti penserebbero di me: Non lavorerò mai con questo tizio. Quindi in generale si tratta di aspettare e vedere.
Adesso fai parte dei celebrity coach. Non è qualcosa che succedeva alla tua epoca, giusto? Cosa potete fornire ad un giocatore?
Quando giocavo io, l’unico era Tony Roche. Insieme a Lendl, era l’unico vero ex-top player a lavorare con un giocatore. Però a volte si andava a visitare i campioni. Ricordo che all’inizio della mia carriera andai da Roy Emerson per dieci giorni, per lavorare sul mio rovescio slice. Adesso invece ci sono molti ex-giocatori che allenano. Possono garantire un po’ di fiducia in più, un po’ di strategia, e anche insegnarti qualcosa a livello tecnico. La volée di dritto di Roger (Federer, ndr) è migliorata moltissimo dal giorno in cui ha iniziato a lavorare con Edberg. Mentre Novak e Boris (Djokovic e Becker, ndr) dal punto di vista del gioco sono quasi all’opposto, ma funzionano. Prima di lavorare insieme, Novak aveva perso molte finali, mentre adesso è quasi imbattibile. Ogni allenatore porta in dote qualcosa di diverso.
E invece Lendl e Murray? Come mai sono un’accoppiata che funziona così bene?
Lendl ci mise moltissimo tempo a vincere il suo primo Slam. A un certo punto, la gente non credeva nemmeno più che avrebbe potuto farcela a vincerne uno. E lo stesso con Murray: dopo aver perso un paio di finali la stampa aveva iniziato a credere… forse anche lui stesso si domandava: Vincerò mai uno slam? Ma il fatto di non farcela al primo o al secondo tentativo non vuol dire che tu non possa diventare un grande campione.
Pensi che potresti vincere il Torneo dei Super Coach?
Beh, vediamo… chi c’è? Chang è in forma, quindi contro di lui sarebbe dura. L’unica cosa importante è quanto sei in forma, quanto corri. Penso che potrei battere Lendl, e anche Boris… (Ride.) Chi altro c’è? Goran (Ivanisevic, ndr)? Oh no, con lui non ho chance. Mi distrugge ogni volta. Mi ero dimenticato di lui. Probabilmente lui vincerebbe l’edizione su erba, e Sergi Bruguera quella su terra.