M. Puig b. [11] P. Kvitova 6-4 1-6 6-3 (Tommaso Voto)
Un’incredula e raggiante Monica Puig elimina in tre set la ceca Kvitova e si qualifica per la finale olimpica del torneo di tennis. Un risultato straordinario e meritato, perché la portoricana ha saputo resistere al ritorno veemente della ceca, che alla fine ha pagato i suoi “demoni” e un calo fisico evidente. Con questa vittoria Puig fa la storia di Porto Rico, che non ha mai conquistato una medaglia nel tennis alle Olimpiadi (in realtà la sua connazionale Brandi era riuscita a vincere una partita ad Atene 2004). Per l’isola centroamericana questo è un evento incredibile ed a Monica tocca ora fare il passo definitivo verso l’immortalità sportiva, ovvero far suonare, per la prima volta, l’inno di Porto Rico alle Olimpiadi. Molta delusione per la ceca Kvitova, che, dopo un inizio incerto, sembrava aver preso le misure alla sua avversaria, che, pur tremante, ha vinto con merito. Ora per la bi-campionessa di Wimbledon ci sarà la finale per il bronzo, ma l’occasione è stata certamente sprecata.
L’inizio di Petra è fulminante, in quanto si porta avanti 3-0 e gestisce lo scambio senza alcun affanno, anche perché la sua avversaria è chiaramente in uno stato di agitazione. Tuttavia il controbreak arriva quasi immediato, con la ceca che si disunisce e commette qualche errore banale, di lunghezza, da fondo con il diritto. Questo scuote Monica, che si limita ad una difesa attiva e riesce a spostare l’inerzia del set dalla sua parte. Puig alza il suo livello di gioco, usa poco gli angoli (ma è una sua caratteristica tecnica) e trova maggiore profondità con il rovescio. Kvitova è in stato confusionale, prova ad essere aggressiva ma il diritto “scappa” via ed il rovescio è spesso in rete. Puig comprende che è il momento di spingere e, nel nono game, strappa la battuta (a zero) alla sua avversaria e si conquista il diritto a servire per il set. Da atleta navigata la portoricana si concentra e chiude i conti sul 6-4.
La pressione è tutta sulla ceca, che da favorita, si trova a non poter più sbagliare se vuole giocarsi la finale, mentre Puig vede il traguardo della storia avvicinarsi sempre di più, perché il suo paese (patria di pugili e di Ricky Martin) è fermo nel medagliere olimpico assoluto a 2 argenti e 6 bronzi e il peso dell’eternità sportiva inizia a farsi sentire. La portoricana ha un calo evidente, ma è Petra a salire in cattedra nel secondo parziale, che diventa un monologo ceco. In poco meno di 25 minuti Kvitova è sul 5-0 ed ha anche una possibilità di bagel, ma Puig ha un sussulto di orgoglio ed annulla la minaccia. C’è un leggero calo di tensione nella ceca, ma alla fine ristabilisce la parità nel punteggio e vince il parziale con un convincente 6-1.
Ora l’emozione e l’aspetto psicologico possono avere un ruolo decisivo, chi tra le due riuscirà a mantenere i nervi saldi allora potrà considerarsi la favorita. La prima ad andare in difficoltà è la ceca, che subisce un break immediato ed è subito costretta a rincorrere. Un 2-0 figlio di confusione, anche perché Puig si limita a giocare forte e centrale, mentre Kvitova, prova a verticalizzare lo scambio, ma con poco costrutto. Monica è consapevole che non può concedere cali o errori gratuiti, in quanto la ceca può improvvisamente accendersi e ritornare prepotentemente in partita. La n.11 del seeding aggiusta il mirino e mette in difficoltà la sua avversaria, che, fallita una palla pesante del 3-0, commette un clamoroso doppio fallo ed arriva il controbreak. Puig si lascia andare ad un gesto di stizza, fa rimbalzare la racchetta sul campo e si siede pensierosa in panchina, mentre Petra fa un sorriso soddisfatto e sornione.
Si torna in parità nel punteggio, ma c’è poco spettacolo, perché in questo frangente sono più gli errori non forzati che i vincenti. Un’ora e mezza di tennis frammentato e del tutto privo di colpi al volo o di variazioni tattiche. Anzi ogni volta che Kvitova ha tentato di staccare la mano durante l’esecuzione del rovescio la sua palla si è spenta nel centro della rete. Il sesto gioco ha un’importanza vitale per la dinamica della partita, perché Kvitova torna ad essere fallosa e si trova sotto 0-40. La bi-campionessa di Wimbledon prova a salvarsi, ma un errore di diritto sulla terza palla break è fatale. La ceca è, per la seconda volta, nel parziale sotto e vede la finale olimpica sempre più lontana, ma le sue responsabilità sono parecchie.
Il braccio alla Puig torna tremante, infatti subisce subito il controbreak ed ancora una volta manca la possibilità di dare lo scossone definitivo alla partita. La tensione è palpabile, Kvitova è ancora una volta impacciata, ma sembra sulle gambe dal punto di vista atletico, ed è sotto 15-40. Un errore in rete e Puig è sul 5-3 ed è ad un passo dalla storia, che si concretizza con un errore di rovescio della sua avversaria. Ora il sogno olimpico per Puig e per Porto Rico continua, ma in finale contro Kerber sarà ancora più dura. Questa ragazza ha dimostrato che nulla è impossibile e che i sogni si possono realizzare.
[2] A. Kerber b. [7] M. Keys 6-3 7-5 (Raoul Ruberti)
Seconda semifinale femminile e seconda sfida per la certezza di una medaglia, in campo Germania e Stati Uniti. I rispettivi spiriti sportivi sono incarnati, per la serata, da Angelique Kerber e Madison Keys. Se tutti si aspettavano di trovar qui la prima, Angie, campionessa in carica degli Australian Open e testa di serie numero due, lo stesso non si può dire di Madison. Eppure, eliminate a sorpresa le sorelle Williams e un po’ meno a sorpresa anche i vari Johnson e Sock, le speranze di medaglia a stelle e strisce nel singolare posano tutte sulle sue spalle.
La tattica della ventunenne della Florida è semplice, ed è quella prevista da chi conosce il suo tennis: prendere in mano lo scambio col servizio e giocare a tutta birra col dritto, cercando di non perdere campo e di tremare il meno possibile. Davanti a lei però c’è una tennista che concede poco o nulla in termini di errori, che si inginocchia e rimanda indietro ogni colpo non letale, finché lo scambio non viene chiuso dalla racchetta avversaria, con un vincente o un gratuito. In questi due approcci ben differenti, entrambe se la cavano nella corsa.
Il match inizia. Al servizio Keys, col rovescio non ci siamo ma la doppia palla break –procurata nel terzo game da una risposta vincente di Kerber – svanisce sotto il suo dritto marcato USA, un misto di contropiede intelligenti e schiaffi al volo. Sesto game, da un dritto incrociato in corsa di Keys che Kerber non ha il tempo di gestire nascono due palle break, poi una terza: ancora nulla di fatto, turno di servizio conservato come i precedenti. Le acque però iniziano ad incresparsi.
La determinazione nello sguardo di Kerber si traduce in termini pratici, nella difesa strenua su un quasi smash e uno smash vero di Keys, che alla fine va fuori misura col terzo colpo da sotto rete. Il martelletto tedesco assesta la prima crepa nella concentrazione avversaria e finalmente il break arriva, addirittura con doppio fallo. Il lato frustrante per Madison è che Kerber non solo rimanda indietro tutto, ma lo fa anche con grande profondità. Perciò gli dèi del tennis olimpico – quella strana disciplina, tanto simile e tanto lontana dal tennis di sempre – la premiano addirittura, attraverso il loro strumento più spietato e misterioso: il nastro. È un altro colpo di martelletto psicologico, un altro turno di servizio si mette male per Keys e così Kerber si prende il set, con un bel passante lungo linea di dritto mancino, celebrando l’impresa con un grido acutissimo.
Il break in chiusura di primo parziale consente inoltre a Kerber di inaugurare il secondo al servizio. Subito sotto 0-30, ancora una volta non si arrende e rimonta. Tempo due game e deve addirittura annullare palla break, mentre in battuta l’avversaria adesso va spedita. Eppure, con l’aumentare delle occasioni perse, i piccoli segni di frustrazione di Keys si fanno via via più evidenti e non bastano due nastri consecutivi, stavolta in suo favore, a riportare in parità l’incontro. L’una ha appurato a quale gioco sta giocando l’altra, adesso la battaglia è a tratti quasi puramente di nervi: sul 4-4 Kerber rimonta da 0-40 e nel game successivo Keys sembra avere accusato il colpo, crollando a sua volta sotto per 0-40 e concedendo tre match point. Il suo spirito guerriero riemerge d’un tratto e annulla prima quelli, e poi addirittura un quarto.
L’epilogo non è sventato tuttavia, ma soltanto rimandato. Keys non concretizza neppure l’ottava palla break e, quando va a servire per raggiungere perlomeno il tie-break, le sue soluzioni sono esaurite, mentre l’inesauribile Kerber ora avanza addirittura in pressione, vuole chiuderla, punto e basta. Dopo anche un quinto match point annullato alla fine è un rovescio in rete, durante un lungo scambio su quella diagonale, a condannare Madison. I Giochi sanno comunque essere clementi, e a lei rimane la finalina per appendersi al collo almeno un bronzo.
A giocare per l’oro va meritatamente Angelique Kerber, più solida e di altra caratura. Non ha ancora ceduto un set in tutto il torneo e questo, nel peggiore dei casi, le varrà una pur sempre nobile medaglia d’argento. A a guardarla negli occhi però, si capisce che non è proprio una che si accontenta.
Risultati:
M. Puig b. [11] P. Kvitova 6-4 1-6 6-3
[2] A. Kerber b. [7] M. Keys 6-3 7-5