“Quando gioco per il mio Paese divento un’altra persona”.
E di sicuro un’altra tennista. Monica Puig, n.37 del mondo, appare davvero incredibilmente trasformata qui a Rio. Ok, la discontinua tipica inconsistenza di Petra Kvitova le ha dato una gran mano (“Ma da sola non ce l’avrei comunque fatta”- così ieri dopo aver battuto la Siegemund… – 6-1 6-1 così come 6-1 6-1 aveva dato alla Muguruza!!! – … mi sono messa a pregare Dio e a chiederGli di aiutarmi… sono cattolica”).
Ma non credo sia stato il Cristo a braccia aperte sulla collina del Corcovado ad aver voluto premiare particolarmente lei, per via della sua devozione.
È un fatto invece che lei ha giocato una serie di partite straordinarie. La ragazza che si sente “al 100 per 100 portoricana, el mio corazon es interamente portoricano” – anche se come tutti i portoricani ha anche di diritto il passaporto statunitense – ha cominciato regolando con un 6-3 6-2 la slovena Hercog, poi stesso punteggio alla giapponese Hibino, quindi il quadruplice 6-1 a Muguruza e Siegemund, e i suoi polsi non hanno tremato contro la due volte campionessa di Wimbledon Kvitova nemmeno quando a tanti altri succede (vedi un pochino anche Johnson contro Murray, se vedete alcuni punti persi dall’americano nel tie-break finale).
La Puig non sarà davvero favorita in finale. Ma effettivamente a guardare le sue apparizioni nelle manifestazioni per il Portorico, fossero i Giochi centroamericani o panamericani è sempre andata a medaglia fin dal 2010, quando aveva solo 17 anni.
Il campione più leggendario del Portorico, 3 milioni e mezzo di abitanti nel Caribe, è stato il giocatore di baseball Roberto Clemente, più di 3.000 fuori campo, che morì in aereo quando stava partecipando ad una missione di solidarietà per il Nicaragua. Poi tanti pugili, da Wilfredo Gomez a Felix Trinidad a Miguel Cotto che se non erro ha combattuto anche contro pugili italiani.
Nel tennis la più celebre è stata Gigi Fernandez, che nel 1984 a Los Angeles, quando il tennis era ancora sport dimostrativo giocò con i colori del Portorico, ma poi essendo grande doppista e non avendo compagne all’altezza rappresentò poi gli Stati Uniti vincendo due volte la medaglia d’oro in coppia con Mary Joe Fernandez (a sua volta di origini dominicane).
Il tennista più forte nato in Portorico, anche se poi ha sempre giocato per gli USA per gli stessi motivi di Gigi Fernandez, è stato Charlie Pasarell, il tennista che aveva giocato il match più lungo della storia del tennis prima di Isner-Mahut, contro Pancho Gonzales a Wimbledon nel 1969, quando il tiebreak non esisteva: cinque set memorabili, 22-24, 1-6, 6-4, 6-3, 11-9.
Ma io ricordo meglio, per aver visto punto dopo punto, con il quinto set giocato all’indomani perché alle 21,30 di Londra era buio, il match vinto da Pasarell su Adriano Panatta nel 1976 che pure il nostro, campione a Roma e Parigi, aveva vinto i primi due set. Finì con il punteggio finale 8-9,4-6,6-4,7-5,64.
Pasarell è stato poi per anni, insieme all’amico sudafricano Ray Moore, il direttore e coproprietario del torneo di Indian Wells.
Non ha lasciato invece grandi tracce di sé Kristina Brandi, figlia di un grande coach americano: non trovando posto nelle selezioni americane, troppo forti per via delle Williams, Davenport, Capriati etcetera, la Brandi decise di giocare per il Portorico ma vinse un solo match ad Atene 2004.
Di altri tennisti portoricani ricordo soltanto un doppio non particolarmente forte, formato da Miguel Nido e Juan Rios: persero a Barcellona dal nostro duo Nargiso-Camporese.
Come ha ottimamente ricordato Tommaso Voto nella sua eccellente cronaca nessun portoricano ha mai vinto un oro alle Olimpiadi, cui prendono parte dal 1948. A vincere i soli due argenti (e ci sono stati anche sei bronzi) furono il pugile Luis Francisco Ortiz nell’84 e Jaime Espinal nella lotta a Londra 2012.
Quindi, come auspica Sara Rosario Velez, prima presidente donna della delegazione olimpica portoricana (“Per la prima volta abbiamo portato alle Olimpiadi più donne, 27, che uomini, 13” e la cosa inorgoglisce moltissimo anche la media p.r del Portorico Zacha Acosta che lo ricorda alla Puig che esclama: “Vamossss mujeres!” ), con Monica Puig, 23 da compiere a settembre, “si potrebbe vincere la nostra prima medaglia d’oro e tutto il Paese che è già in festa per Monica farebbe celebrazioni enormi”.
“Purtroppo il nostro Paese sale spesso all’onore delle cronache per cattive notizie, quasi sempre per brutte cose – dice Monica – e non potete immaginare la mia felicità per essere riuscita intanto a far parlare del Portorico in termini positivi”.
La mamma di Monica giocava a tennis, ma a livello amatoriale, ed è stata lei a portare la figlia sui campi da tennis. “I miei nonni paterni erano spagnoli, catalani… Io ho cominciato a giocare a 6 anni”.
La Puig è sponsorizzata dall’Ellesse, che una volta era un’azienda italiana – quella L e quella S all’origine del nome, sono quelle del suo fondatore perugino, Leonardo Servadio – e ora credo sia inglese ma non ne sono certo.
“Dei soldi e degli sponsor si occupa il mio agente Marjin Bal, io penso a fare del mio meglio sul campo da tennis...” dice Monica che confessa di aver ricevuto diverse proposte dalla federtennis americana per unirsi agli USA, “ma io mi sento troppo portoricana per giocare per un’altra bandiera. Mai dire mai, ma non credo che lo farò…”.
Intanto stasera ha promesso una cosa: “Ripasserò le parole dell’inno portoricano, lo conosco bene, ma ogni tanto qualche parola la dimentico”.
Non si sa mai che dovesse intonarlo mentre la bandiera sale sul pennone più alto.