Quinto set, quattro pari, 15-40.
Nell’istante in cui la pallina lasciò le corde della sua racchetta, Laurie seppe di essere nei guai. Il suo braccio realizzò prima della mente che la traiettoria del servizio era inefficace, forse anche lunga, ma ormai era lanciato a rete. Il passante di William Larned schioccò sulla riga come un colpo di frusta. Nel campo adiacente, con solo il seggiolone dell’arbitro a dividerlo dal sangue del suo sangue il cuore del fratello Reggie, il più debole dei suoi muscoli, mancò un battito.
Era sabato 8 agosto 1903 e sull’erba del Longwood Cricket Club di Boston le Isole Britanniche tentavano per la terza volta di strappare agli Stati Uniti una grande coppa d’argento che sembrava stregata per i maestri inglesi del gioco.
La rivalità fra le due nazioni in campo era partita da lontano, e precisamente da un nebbioso molo inglese di Plymouth una mattina di settembre del 1620. Fra i 103 passeggeri a bordo del piccolo galeone Mayflower che rivolgevano un ultimo sguardo alla terra natale c’erano intere famiglie che, guidate dai puritani Padri Pellegrini, sognavano un nuovo inizio al di là dell’Atlantico. Cercavano pace lontano dai tumulti sociali e religiosi inglesi seguiti nel 1603 al decesso di Elisabetta I, la Regina Vergine, al termine di 45 anni di regno (“…mandatemi un prete, ho deciso di morire”). Guidati da William Brewster e John Carver, al termine di una dura traversata, i primi coloni del Nord America toccarono terra nell’odierno Massachussets e chiamarono il loro insediamento col nome del porto dal quale erano partiti. La “Roccia di Plymouth”, che ne domina il lungomare, è tradizionalmente il luogo dove il primo piede inglese toccò terra.
Il nuovo mondo si apriva davanti a loro come un fiore a primavera. Fiumi e foreste, bestiame a perdita d’occhio, cieli infiniti e soprattutto terra, tanta quanta mai ne avrebbero potuta desiderare. Ai nuovi venuti questi parvero doni del Signore, che sfruttati con spirito imprenditoriale europeo costituirono le fondamenta di quella che sarebbe diventata, in un tempo relativamente breve, la nazione più potente del mondo. I legami politici con la madrepatria vennero recisi poco più di un secolo e mezzo dopo e l’incipit della Dichiarazione d’Indipendenza del 1776 – “Noi riteniamo che sono per sé stesse evidenti queste verità: che tutti gli uomini sono creati eguali; che essi sono dal Creatore dotati di certi inalienabili diritti, che tra questi diritti sono la vita, la libertà e il perseguimento della felicità” – costituì il modello per tutte le rivoluzioni liberali e poi democratiche che da lì a poco avrebbero messo a soqquadro la vecchia Europa.
Ma l’indipendenza non poteva cancellare la comune origine culturale e sociale dei due paesi, che dopo un breve periodo di assestamento allacceranno solidi rapporti internazionali. La rivalità verrà trasferita sui campi meno cruenti dell’economia e del commercio ma anche lo sport fu arena privilegiata dove lottare per la supremazia. E nel 1851 gli Yankees avevano assestato un colpo magistrale alle certezze d’Albione strappando loro il dominio nella navigazione a vela. Quell’anno il Royal Squadron inglese aveva sfidato il New York Yacht club ad una regata da tenersi attorno all’isola di Wight. Era uno degli eventi sportivi a margine della prima Esposizione Universale di Londra. In palio c’era un’austera brocca d’argento, la Auld Mug, chiamata anche Coppa delle Cento Ghinee. Gli statunitensi accettarono con entusiasmo, affidando ai fratelli Steers l’incarico di costruire un’imbarcazione vincente. E il risultato fu il vascello più veloce del proprio tempo.
Dopo aver attraversato l’Atlantico a tempo di record, il 22 agosto 1851 lo schooner “America” si lasciò a poppa l’intera flotta inglese. La regina Vittoria assisteva alla regata dal suo yacht e quando l’agile profilo di un’imbarcazione doppiò la punta dell’isola chiese al suo attendente chi fosse in testa.
“L’America, a Voi piacendo, Vostra Maestà” fu la laconica replica.
“E chi è al secondo posto?”
“Maestà, non c’è secondo”.
Questo è ancor oggi il motto dell’America’s Cup e in gran parte varrà anche per un’altra competizione e un’altra coppa d’argento. Dopotutto vela e tennis affondavano le radici in un milieu socio-culturale molto simile e il successo e la risonanza di quella competizione fecero germogliare nella mente di un giovanotto ben nato l’idea di lanciare una sfida simile, da disputarsi non su uno specchio di mare ma su un prato con le righe.
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