Nella speranza di non ri-cadere nella più classica delle “gufate” giornalistiche, come successo con Monica Puig (ma chi se ne frega, alla fine, vale sempre la pena di andare ad analizzare gli aspetti notevoli della tecnica e della biomeccanica, l’imprevedibilità del tennis è la cosa più bella del nostro sport), e continuando nell’ambito delle imprese olimpiche, stamattina non ho potuto esimermi dall’andare al campo 7, dal quale si sentivano arrivare delle sequenze di schiocchi più simili a colpi di pistola che a impatti di palle da tennis sulle corde di una racchetta. Il motivo era scontato: l’allenamento del finalista di Rio Juan Martin del Potro, impegnato al massimo in una sessione ad alta intensità con Benoit Paire (a sua volta protagonista, ma in negativo, al torneo Olimpico). Devo dire, uno spettacolo balistico fuori dal comune, in particolare quando il palleggio si svolgeva sul lungolinea destro dell’argentino, opposto al grandissimo rovescio del francese. Ma il tema della rubrica tecnica di oggi, e sinceramente il buon vecchio “Palito” se lo merita, è uno dei singoli colpi più clamorosi che io abbia mai visto su un campo da tennis: ladies&gentlemen, il dritto di del Potro.
Come detto, dal vivo e da due metri la cosa che impressiona per prima è il suono degli impatti, secchi, acuti e sibilanti allo stesso tempo. Poi inizi a seguire le traiettorie con lo sguardo, e rimani praticamente ipnotizzato da queste scie gialle che sfrecciano schizzando a velocità assurde sul cemento, e non è che da queste parti la gente la colpisca piano in genere, eh. Ma “Delpo” va oltre, quelle che per un professionista normale sono accelerazioni a tutto braccio, per lui (dal lato del dritto, s’intende) sono praticamente il palleggio standard. Perchè quando poi parte con le sue caratteristiche serie di grugniti, che tipicamente danno il via alle sequenze di bombe in pressione crescente che hanno fatto letteralmente piangere Novak Djokovic alle Olimpiadi, capisci cosa significa “spingere davvero” per un tipo come Juan Martin. E a quel punto devi stare attento che non ti cada il caffè dalle mani. Ma andiamo con ordine.
Qui sopra, vediamo a sinistra Juan Martin sorridere completando un giro di campo di riscaldamento, durante il quale ha dato il “cinque” a tutti gli spettatori venuti ad assistere al suo training. A destra, lo vediamo impegnato nel riscaldamento delle articolazioni dei polsi, con la simulazione del movimento del rovescio effettuata con gli elastici. “Palito” sembrava davvero di buon umore.
Qui sopra, lo vediamo eseguire il rovescio bimane in spinta, la postura modificata con polsi bloccati e testa della racchetta super-alta che avevamo analizzato al suo rientro è ancora molto evidente, ma in ogni caso, per quanto non ai massimi livelli, il colpo non è affatto male, e lo slice a una mano (per forza, a furia di allenarlo volente o nolente) è davvero ottimo. Niente fuochi d’artificio dal lato sinistro, insomma, ma come ha abbondantemente dimostrato a Rio, solidità e spinta assolutamente sufficienti. E poi, come detto, si è cominciato a fare sul serio. Altrochè.
Qui sopra, quello che potremmo definire il dritto “base”. Appoggi in semi-open stance, presa semiwestern molto al limite con una strong-eastern, alla Federer e Berdych per intenderci, preparazione ampia, caratteristico swing a braccio quasi disteso (postura detta “outside out”), finale a tergicristallo. Notevole velocità di palla, ma si stava solo scaldando.
Già da subito, stavo notando come “Delpo”, nella fase di palleggio diciamo “disinvolto”, variasse senza problemi la stance dei piedi, qui sopra vediamo a sinistra un appoggio completamente affiancato (neutral stance), e a destra la semi-open, di tre quarti insomma, già vista più su.
Qui sopra, e la velocità di palla cominciava a salire decisamente, vediamo Juan Martin colpire in open stance piena (frontale, con piede esterno caricato), e a destra addirittura con appoggi invertiti, quella specie di “passo in dinamica” che fanno spesso e bene David Goffin e Sabine Lisicki, poco comune, e ancor più notevole se eseguito in scioltezza, mollando catenate di tutto rispetto, da un omone come l’argentino. Soprattutto, una varietà di postura simile significa una indipendenza tra parte alta del corpo e gambe, e una capacità di gestione dell’equilibrio, dell’anca e della rotazione busto-spalle pazzesca se sei 1.98 per quasi 100 chili. Questo ragazzone, semplicemente, ha un tale controllo della sbracciata (deve averlo, visto quanto è ampia per via dell’arto disteso) che colpisce con efficacia praticamente con qualsiasi tipo di appoggio dei piedi. Di fianco, di tre quarti, frontale, al contrario in avanzamento: non importa, lui spara, e gli sta dentro. Fuori dal mondo.
Qui sopra, un esempio clamoroso di quanto evidenziato prima. Juan Martin sta arrivando al massimo, siamo in zona autovelox, ovviamente per sviluppare certe velocità la postura è una open stance, ma guardate le gambe: perfetta apertura del piede esterno, quasi eccessiva, allineamento impeccabile. A vederlo così, uno si chiede come non perda l’equilibrio sbilanciandosi in avanti o all’indietro, il piano di appoggio dei piedi è letteralmente una riga, potrebbe stare sulla trave della ginnastica artistica, e contemporaneamente sta mollando manate da far paura. La forza di un orso, la precisione dei passi di una ballerina. Che roba.
E alla fine, vediamo qui sopra scatenarsi la sparatoria vera. Spaventosa velocità di braccio, incredibile perfezione dello swing e dell’accompagnamento finale. Osserviamo quanto avanti, quanto disteso, quanto attraverso la palla va il braccio di Juan Martin. Sono immagini statiche, ma spero rendano l’idea di che razza di fucilate mai viste sia in grado di scatenare l’argentino quando è ben messo sulla palla e può comandare. Più di qualche volta ha piegato la racchetta in mano a Paire, pure quando il francese (che la prendeva in ridere, scherzandoci sopra e commentando con un “oh la la!” i missili che subiva) di mani sul manico ne aveva due, palleggiando di rovescio.
Roger Federer è più elegante e vario, Rafael Nadal è più esplosivo nella rotazione e nei recuperi, ma sinceramente, se parliamo di potenza e velocità pure del drive, questo ragazzone di Tandil, provincia di Buenos Aires, Argentina, sta sopra a tutti, quelli di adesso e quelli dei tempi passati. Scorrete di nuovo verso l’alto, riguardate l’immagine della preparazione in testa al pezzo, e provate a immaginare che cosa vi potrebbe arrivare in faccia da quella racchetta. Magari solo in questo colpo, magari solo in questa situazione tecnica, ma se c’è un Signore del Dritto, il suo nome è Juan Martin del Potro.