In questi primi giorni di tennis a New York, abbiamo analizzato campioni e finalisti delle Olimpiadi (Monica Puig e Juan Martin del Potro) che ci hanno fatto vedere grandissima potenza, e veterani del circuito (Francesca Schiavone e Philipp Kohlshreiber) che per tanti anni hanno incantato con l’eleganza dei loro rovesci a una mano. Forza fisica, tecnica, davvero un bel campionario quello offerto finora dagli allenamenti mattutini nel caldo torrido che avvolge a fine estate il rinnovato impianto di Flushing Meadows. Questa mattina, dopo un trasferimento con la navetta del torneo piuttosto rallentato dal terribile traffico di Downtown Manhattan, con il collo di bottiglia del tunnel sotto l’Hudson, a sole due corsie, che dà il colpo di grazia all’intasamento di macchine e taxi, il Billie Jean King National Tennis Center offriva un piatto piuttosto particolare nel menù della “daily training schedule”.
Piatto strano, composto da ingredienti apparentemente poco conciliabili tra loro, e sicuramente poco utilizzati da altri “chef del tennis”, cucinato, apparecchiato e servito sul “court” numero 5 dalla rumena numero 58 del mondo (best ranking 28) Monica Niculescu. Non l’avevo mai vista da vicino, e la curiosità di provare a capire come le autentiche bizzarrie tecniche che mette in campo le avessero consentito l’ingresso nelle prime trenta della classifica, e la vittoria in singolare in 2 tornei maggiori WTA (più ben 18 titoli ITF), oltre a parecchi trofei in doppio, era troppa per lasciarmela sfuggire.
All’apparenza, continuando con la metafora culinaria, il tennis di Monica è un autentico pasticcio. Eppure, proprio come a volte accade mettendo insieme sapori, consistenze, profumi e spezie anche estremi e a prima vista eccessivi, se si azzecca la magia dell’equilibrio trovando la giusta misura, il risultato può essere estremamente intrigante.
La prima cosa che si nota guardando palleggiare la Niculescu è che è perfettamente capace di giocare “normale”, non proprio con gesti da scuola, ma certamente se colpisse sempre la palla come vediamo qui sopra, non sarebbe nulla di troppo fuori dallo standard. Questo è un dritto semiwestern come tanti, magari solo un po’ rigido in caricamento.
Lo stesso si può dire del rovescio bimane, che vediamo qui sopra, e che può essere considerato il colpo migliore di Monica, lo spinge piuttosto bene, usando in modo molto evidente la chiusura dei polsi. Ma poi si arriva alla fase “calda” dell’allenamento, lo sparring comincia a spingere a tutto braccio, e la Niculescu entra in modalità “affettatrice”. A questo punto, la biomeccanica va a farsi benedire, così come la possibilità di analizzare logicamente i movimenti della rumena. Monica è famosa per eseguire, nel 90% dei casi, il dritto in chop, tagliando la palla dall’alto verso il basso, non solo in recupero e difesa come fanno tutti, ma in qualsiasi situazione dello scambio.
Qui sopra vediamo la preparazione di questo colpo assurdo, il gesto è quello di un boscaiolo che brandisce l’accetta, e nonostante pochi minuti prima io fossi lì a vedere con i miei occhi le rasoiate in serie che tagliavano il campo a fette con precisione incredibile, data la quantità di rotazione all’indietro impressa, riguardando le immagini mentre le editavo per la pubblicazione non capivo come fosse possibile caricare un colpo del tennis in quel modo. Presa continental (a martello), gomito flesso, manico della racchetta avanzatissimo, spalle rigide. Pazzesco.
Qui sopra, l’impatto e l’inizio di quello che dovrebbe essere l’accompagnamento finale, anche se fatico a definirlo tale, con la racchetta che viene ritratta verso il busto della giocatrice. Il movimento potrebbe – potrebbe! – essere paragonabile all’esecuzione della palla corta, solo che Monica qui sta spingendo degli slice tesissimi uno dietro l’altro. Il timing necessario per colpire in questo modo è fuori dal mondo.
Qui sopra, dall’altro lato, la conclusione dello swing, con racchetta che va a distendersi per poi chiudersi stretta verso il busto, incrociando il braccio non dominante. Le spalle non si muovono praticamente per nulla, quasi zero azione dell’anca in avanti, è tutto, tutto fatto con il braccio, e gestito con la sensibilità e la manualità pura. Sinceramente, se già vista in televisione è evidente la stranezza del movimento, guardato di fianco e da vicino è uno dei colpi più incredibili che io ricordi. Ma ne escono degli slice cattivissimi, pieni di backspin, precisi, difficilissimi da aggredire. Monica è una di quelle giocatrici di cui in gergo “da campo” si dice “mette fuori palla solo a vederla”, figuriamoci che incubo affrontarla per le picchiatrici moderne che basano tutto il loro gioco sul ritmo.
Qui sopra le volée di dritto (con presa che arriva a scivolare oltre la continental, e chiusura con piatto corde orizzontale come verso la fine dello swing nel dritto da fondo) e di rovescio (a due mani, le fa quasi sempre così, e sono molto buone).
Poco prima di rientrare in sala stampa, quando a fine training la Niculescu provava i servizi, mi è saltato all’occhio un altro particolare che se parliamo di “manuale di scuola tennis” è un errore tecnico tremendo, cioè il modo in cui Monica, dopo la postura iniziale standard, flette internamente il polso sinistro, praticamente rattrappendolo, e il modo in cui tiene la palla tra palmo della mano e dita: come fa a controllare il lancio lo sa solo lei. Eppure serve bene, nulla di clamoroso, ma adeguato al livello di una top-50.
In conclusione, siamo davanti a un talento notevole, non so quanto causa e quanto conseguenza di gesti così sgraziati in apparenza, e mi chiedo quale sia stato il percorso di formazione tecnica che ha costruito Monica come tennista. Lei la palla la “sente” così, c’è poco da fare. Ma a loro modo, sono gesti efficacissimi per le traiettorie e le rotazioni che producono, e molto destabilizzanti per le avversarie, che si trovano in costante controtempo, fuori ritmo, e non hanno la minima possibilità di anticipare la copertura del campo, perchè con quella affettata di dritto, senza variare di nulla la preparazione, la Niculescu ti può far arrivare uno slice veloce che schizza bassissimo, uno più alto, “gonfio” e lento, oppure una palla corta micidiale.E come detto, il talento manuale è di primordine: in testa al pezzo un tweener da fondo giocato in disinvoltura totale ne è un esempio.
Chiaramente, è un tennis che ha dei limiti, e oltre certi livelli non è più sufficiente, però in barba ai tanti che la definiscono “brutta da vedere”, “sgraziata”, eccetera, Monica colpendo in quel modo è arrivata in top-30 mondiale, ha vinto tanto (oltre ai titoli già citati, ottavi di finale Slam due volte a Wimbledon e qui a New York) e si è messa in tasca 4 milioni di dollari di soli premi. Direi che ha ragione lei.