Nella notte italiana un gruppo di hacker russi ha attaccato il sito della WADA trafugando alcuni documenti riservati dall’area ‘Confidential’ che attesterebbero (il condizionale è d’obbligo) la positività di alcuni atleti americani alle Olimpiadi di Rio de Janeiro. Tra i tanti nomi quelli di Serena e Venus Williams, che avrebbero assunto rispettivamente prednisone e triamcinolone. Entrami i farmaci sono corticosteroidi: il primo è un ormone sintetico che si può assumere anche per via orale e tratta disturbi del sistema immunitario o semplici condizioni infiammatorie, il secondo può essere utilizzato in diverse situazioni cliniche, dalle allergie ai disturbi dermatologici.
Entrando nello specifico, i documenti divulgati riferiscono l’approvazione da parte di ADAMS (organo gestionale della WADA) della richiesta di assunzione di farmaci proibiti per comprovate necessità terapeutiche da parte delle sorelle Williams. Il regolamento infatti prevede che sostanze inserite nelle liste WADA possano essere – legittimamente – assunte da un atleta che ne abbia presentato richiesta (e abbia ricevuto risposta affermativa da parte di ADAMS) e che rispetti meticolosamente le indicazioni di assunzione concordate con l’organizzazione antidoping. Messa così, al netto della questione etica e della discussione sulla legittimità della normativa, Serena e Venus non avrebbero commesso alcun illecito.
I periodi cui fanno riferimento i due documenti sono diversi per le due tenniste. Serena avrebbe chiesto e ottenuto l’esenzione per l’assunzione di prednisone dal 21 al 30 marzo 2014, periodo durante il quale la statunitense aveva conquistato il Premier Mandatory di Miami (finale vinta contro Li Na il 24 marzo). Per Venus invece si tratterebbe del lasso temporale tra la fine del 2011 e l’inizio del 2012, con termine il 31 gennaio.
Come già sottolineato, dalle prime notizie non sembra esserci nessun profilo di illiceità nella condotta degli atleti, anche se questa incursione da parte degli hacker sembra fatta apposta per rinfocolare le polemiche sulla modalità con cui la WADA e i suoi regolamenti gestiscono la questione antidoping. La “licenza di doping” di cui parlano alcuni quotidiani è sicuramente esagerata, ma il margine di discrezionalità di cui sembrano godere alcuni dirigenti della WADA rimane da ridurre.