Titolo e foto di apertura di questa ultima rubrica tecnica da bordocampo in diretta da New York, citando il celebre inno della città cantato da Liza Minnelli e Frank Sinatra, ovviamente, sono dedicati al mitico Stan The Man, che se li è strameritati in particolare per la terrificante scazzottata di un’ora e un quarto (76 minuti per l’esattezza), ingaggiata e alla fine vinta con Novak Djokovic, che è stato il terzo set della finale. Avversario letteralmente al tappeto, il match è finito lì. Ce l’hai fatta qui, Stan, puoi farcela ovunque: comincia a pensare a Wimbledon, che è difficile, tanto difficile, non è il tuo campo preferito, ma adesso, per le stagioni che ancora avrai voglia di giocare, diventa un obiettivo che ti consegnerebbe alla Storia del tennis, quella con la S maiuscola, nel ristrettissimo club dei Career Grand Slam Winners.
In ogni caso, le foto di quel fenomeno di colpitore che si allena al tramonto, con le ombre che si allungano sul campo, ci stanno bene sempre e comunque. Dovremmo, in nome del bel tennis, lasciar perdere i gattini e far diventare virale Stanimal: della serie “condividi anche tu un rovescio di Wawrinka senza motivo”, ed ecco che i social network avrebbero molto più senso. Ritornando a noi, e alla fase di “down” post-Slam che un paio di giorni dopo ti arriva tutta, ma proprio tutta, il rimedio ormai lo sappiamo. Ecco quindi una raccolta di immagini che non erano state utilizzate, a volte diverse dal solito, spero simpatiche. Guardiamole, sorridendo in compagnia, e proviamo a sentirci tutti, almeno un po’, ancora agli US Open 2016.
Stan alla volée, nel campo di fianco del Potro al servizio: avrebbero giocato contro due ore dopo.
E non è che si ignorassero, anzi: Stan qui si beve la minerale, ma non stacca gli occhi da Delpo che allena la battuta.
La campionessa e nuova numero uno del mondo, Angie, bella simmetrica in allenamento. Che muscoli, ragazzi.
Ma oltre ai muscoli, un bel senso dell’umorismo: qui interrompe per scherzo, facendogli “Buh!” alle spalle, il giornalista della tv tedesca che era al suo campo di allenamento.
Questa sarebbe da titolare: “La solitudine del Tennista”, praticamente l’alba, ai practice courts solo io e…
… il povero Kyle Edmund, solo e abbandonato, non aveva manco le palline per provare un servizio (anzi, una di numero in fondo, ancora più triste). Lo sparring e il coach col cesto erano in ritardo, evidentemente, un’altra volta entro in campo e lo scaldo io, faceva proprio tenerezza.
Questa invece la chiamiamo “Nishi does not approve”, a Kei, dalla faccia che fa, lo slice di Gael non piace proprio.
Qui, a sinistra Feliciano che protegge i “gioielli di famiglia”, a destra in versione anni ’20, presa continental, impatto di lato e in super-ritardo, stava scherzando con l’altro Lopez, Marc, suo compagno in doppio.
Qui, invece, Feliciano in versione “magician”, non per il bel rovescio, ma perchè riesce a giocare, correre e saltare reggendo un’altra pallina nella destra senza usare le dita!
“E allora, arriva o no ‘sto benedetto falco?”, si chiedono Kiki e Caroline.
Bethanie in agguato come un felino, e subito dopo festeggia il match point che le ha dato il titolo di doppio. Punti bonus, come sempre, per i leggendari calzettoni con cui già vinse il misto a Rio.
Caro JohnnyMac (che si è visto spesso in campo), a volte fai movimenti che ti fanno sembrare un anziano amatore…
… poi però ti metti a servire le curve come a baseball (guardate a destra l’ingresso di taglio del piatto corde, lo slice di John è pazzesco ancora adesso), e per finire ti metti a seguirli, i servizi…
… piazzando prime volèe spinte, in avanzamento, da cineteca, senza sforzo apparente…
… oppure, a seconda di come ti gira, le accarezzi da sotto e le smorzi a morire dopo il nastro (guardiamo a sinistra il piatto corde orizzontale, ha appena affettato la stop-volley, e a destra la rotazione interna dell’avambraccio, il risultato è stato un ricamino a uscire da urlo).
Anche se, causa paralimpiadi, non ho potuto seguire e sostenere, raccontandone le imprese, i grandi campioni del “wheelchair tennis”, cui a ogni Slam dedico un riassunto del loro torneo, ci tengo a mandar loro un saluto, non sono qui a New York, ma almeno stanno dalla stessa parte dell’oceano. A Rio avremo nella parte alta del tabellone una super-semifinale tra Stephane Houdet (francese) e Gordon Reid (inglese, campione a Melbourne), in quella bassa Alfie Hewett (inglese) affronta Joachim Gerard (belga), che ha eliminato ai quarti il grande giapponese Shingo Kunieda. Se vi capita l’occasione, in tv o su internet, dateci un’occhiata, questi son fenomeni veri.
Siamo davvero ai titoli di coda, ormai. Un’immagine triste, ma doverosa, per ricordare e celebrare un campo mitico, teatro di partite entrate nella leggenda, che dall’anno prossimo non esisterà più.
L’ultimo punteggio di sempre sul Louis Armstrong Stadium. We salute you, old friend.
E come foto conclusiva da New York, per quest’anno, penso sia simpatico proporvi la stessa immagine che per due settimane, fino all’ultima sera di domenica scorsa, dai monitor di servizio ha decretato ogni notte la fine delle nostre lunghissime giornate in sala stampa. Grazie, davvero grazie, a tutti coloro che hanno avuto piacere di leggere e seguire questa rubrica, e come sempre, arrivederci a Melbourne.
Tutti gli spunti tecnici da bordocampo degli US Open 2016:
Monica Puig, gambe e rovescio d’oro
Juan Martin del Potro, il dritto totale
Schiavone e Kohlschreiber, l’estetica del rovescio a una mano
L’incredibile tennis “fai da te” di Monica Niculescu
Lendl e Murray, l’atteggiamento di un grande coach
Dustin Brown, il professionista del divertimento
Feliciano Lopez, la bellezza della tecnica classica
L’impugnatura estrema di Kyle Edmund
La splendida compostezza di Karolina Pliskova