In un intervista rilasciata nelle settimane scorse a RealLife Tennis, Magnus Norman, attuale coach di Stan Wawrinka, ha dichiarato di non essere pienamente soddisfatto della sua carriera come giocatore. Lo svedese, ex numero 2 del mondo nel ’99, si dovette ritirare dal tennis giocato a soli 26 anni a causa di un grave infortunio all’anca sinistra che, nonostante due operazioni, non fu mai risolto.
Ora a distanza di 15 anni, dopo tante grandissime soddisfazioni come coach non solo di Wawrinka, ma anche di Robin Söderling e Thomas Johansson, Norman si guarda indietro con ancora un po’ di amarezza: “Il mio best ranking è stato numero 2; suppongo che questo dovrebbe rendermi fiero, ma non posso che sentirmi anche un po’ deluso. Non voglio sembrare arrogante o irrispettoso, ma non sono soddisfatto della mia carriera al 100%; mi sentivo come se avessi ancora molto da dare. Ero vicino a essere numero 1 al mondo, così come a vincere uno Slam, ma ho fallito in entrambi i casi. Poi mi sono infortunato la prima volta all’anca quando ero numero 4. Dopo le operazioni non sono riuscito a tornare al livello a cui ero e per me è stato davvero doloroso concludere la mia carriera a 26 anni.”
Norman in seguito al suo ritiro non volle più avere a che fare con il tennis per molto tempo: “Per due anni non ho toccato racchetta e non ho più guardato tennis in tv. Mi sono fatto dei nuovi amici al di fuori di quel mondo, ho iniziato a studiare e mi sono torvato un lavoro fisso, ma mi mancava troppo lo spogliatoio e l’odore della vittoria e della sconfitta.“
A 40 anni è diventato uno dei coach più stimati al mondo, forse anche grazie a una motivazione più forte dei suoi colleghi: “Il fatto che non mi sia realizzato pienamente come giocatore, mi ha lasciato quel desiderio e quelle motivazione che mi permettono di aiutare altri giocatori, condividendo i loro sogni. Onestamente credo di essere più adatto come coach che come allenatore. Adoravo allenarmi e competere, ma non mi sono mai sentito a mio agio di fronte alle telecamere e nelle cose che arrivano quando hai successo. È per questo che ammiro molto Federer, Nadal, Djokovic, Serena: sono al centro dell’attenzione per decenni e ancora riescono costantemente a esprimersi alla grande in campo.”
Lo svedese, finalista al Roland Garros nel 1999 dove perse contro Guga Kuerten, ha poi parlato dell’accademia, Good to Great Tennis Academy, diretta insieme ad altri ex tennisti svedesi (Tillström e Kulti) dove regna l’etica del duro lavoro. La sua citazione recita infatti: “Alcune persone sognano il successo, mentre altre si svegliano e lavorano duramente per raggiungerlo.”