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Niccolò Campriani, tre volte oro olimpico (una a Londra 2012 e due alle ultime olimpiadi di Rio 2016) nella carabina, è stato ospite della celebrazione avvenuta a Firenze nella giornata di martedì, assieme all’altro tiratore Gabriele Rossetti. Nella sua conferenza stampa ha dimostrato enorme sensibilità e semplicità, a partire dal commento sulla sua esultanza dopo il trionfo: “C’era anche molta frustrazione, i due ori non rispecchiano il quadriennio passato. Ho fatto molta difficoltà dopo Londra, sono cambiate le regole e non mi sono adattato subito. Di fatto la prima vittorie con il nuovo regolamento è stata proprio a Rio, un ottimo timing direi!”. Tutta la sofferenza e l’impegno di un campione di racchiudono in alcune frasi: “La svolta c’è stata doopo l’ennesima finale di Coppa del Mondo persa nonostante un vantaggio. Tornammo in auto alle 23 da Monaco, e lasciammo l’attrezzatura al poligono. Dissi a chi mi accompagnava di avviarsi a casa, mentre io rimasi fino alle 3 del mattino a tirare. Le Olimpiadi si vincono lì, quando si è da soli, quando nessuno fa il tifo per te”. Un’affermazione poi quasi polemica verso i giornalisti: “Vi prego, fate attenzione. Noi vogliamo parlare di performance, le classifiche sono facili da guardare. La nostra autostima non può essere definita dalla classifiche: sapevo bene chi fossi prima di Rio, o prima di Londra”.
Interrogato sul binomio sport-educazione, Campriani ha raccontato la sua esperienza: “Io sono dovuto emigrare negli Stati Uniti perché qui avevo difficoltà. Però non ho dovuto per forza scegliere l’una o l’altro. Il sistema NCAA americano dovrebbe essere l’unico esempio; io mi sono laureato con il massimo dei voti in ingegneria, sono stato ricevuto da Obama alla Casa Bianca come studente atleta. Io cercherò di metterci la faccia, voglio fare questo tentativo e cercare di progettare qualcosa di concreto anche con l’aiuto del CONI“.
Campriani si è poi concesso in esclusiva ad Ubaldo Scanagatta.
Segui il tennis?
Lo seguo molto, da giovane l’ho praticato a lungo. Non giocavo bene quanto tiravo a volo, ma me la cavavo. Giocavo qui a Sesto. Il rovescio era il mio tallone d’Achille!
Avevi o hai degli idoli, delle ispirazioni?
Federer è un bellissimo spot per tutto lo sport, sempre un signore. Grandissimo personaggio.
Che similitudini e analogie si possono trovare tra tennis e fucile?
Sport individuale, si è da soli in campo nonostante un lavoro di squadra a monte. Molti spunti si trovano dalle interviste di Djokovic, Murray e gli altri top player. Ci sono molto punti in comune e spunti di riflessione tipici degli sport individuali, come il golf.
Immagino che l’ultimo tiro a segno sia come un match point.
Sì, senz’altro è simile. Resta comunque una grande consapevolezza di chi sei, che vada bene o male. La solidità dei grandi campioni sta proprio nel ricordarsi di non perdere l’identità, in ogni momento. Rimanere sé stessi insomma.
Quante cartucce spari all’anno?
Tra le venti e le trentamila.
Quindi come ogni sport comporta dei sacrifici. Nonostante i tuoi traguardi, c’è un minimo di invidia nei confronti dei campioni degli altri sport. Federer ad esempio è miliardario.
Guardare solo a Federer non sarebbe giusto. Ci sono anche moltissime persone che hanno problemi economici, non sarebbe rispettoso verso di loro pensare solo a chi sta messo meglio. Mi ritengo molto fortunato, sono riuscito a fare della mia passione una professione. Per il resto, ho una Volvo e non una Ferrari, ma arrivo ovunque lo stesso.