In questa stagione abbiamo avuto molte occasioni di incontrare Federico Gaio e il suo Coach Daniele Silvestre durante i tornei Challenger che si sono succeduti in Italia: Gaio ha trionfato a San Benedetto del Tronto sia in singolare che in doppio in coppia con Napolitano, e a Biella dove ha sconfitto in finale il brasiliano Bellucci, un top 100 di buon livello. Ciò che più ci ha colpito in questi mesi è stata la crescita in tutti gli aspetti di un tennista Pro, da parte di Federico, una crescita costante e riconoscibile a vista d’occhio. I risultati ovviamente hanno rispecchiato questo salto di livello, e per Federico sono arrivati i primi titoli a livello Challenger (dopo 7 trofei ITF Futures nel singolare) e il suo best ranking ottenuto ad agosto come numero 158 delle classifiche mondiali. Possiamo tranquillamente dire che quando esprime il suo tennis vale già i top 100, e il prossimo step di crescita è quello di aumentare il suo livello medio, visto che è possibile stare al top per 50 settimane l’anno in un tennis come questo in cui anche il 1000 del mondo può metterti in difficoltà e la competizione è altissima. Federico oltre ad essere un gran talento, che tra l’altro è stato numero 19 al mondo tra gli Juniores, è anche un ragazzo davvero d’oro, sempre disponibilissimo, anche con i ragazzini delle scuole tennis che nel corso dei tornei chiedono di fare due palle con lui, o con i raccattapalle, quando pur sottoposto ad uno stress notevole non manca mai di regalare un sorriso al piccoletto che magari dimentica di portargli l’asciugamano. Lo incontriamo al BFD Challenger, dove ha perso al secondo turno da Bedene, in un match che ha dimostrato ancora una volta il suo valore a grandi livelli ed ha vinto il torneo di doppio con Napolitano: per una volta lo vediamo in abiti casual, con un paio di jeans e una maglietta che mette in mostra il fisico atletico e prestante del ragazzo faentino.
Ciao Fede (o anche Bomber, come lo chiamano affettuosamente, ndr). Dove e quando hai cominciato a giocare a tennis?
Ho cominciato a 5 anni durante l’estate, al club Atletico Faenza, perché mia mamma è sempre stata un’appassionata, e mi sono divertito. Fino ai 9 anni in realtà facevo anche nuoto, poi il tennis mi ha preso più tempo ed eccomi qui.
Che famiglia è la tua?
È una famiglia di grandi valori, mi hanno sempre insegnato il rispetto per il prossimo, l’aiutare chi è in difficoltà ed è più debole. Papà è un agente di vendita, mamma un’impiegata, io sono figlio unico e in casa ho sempre sentito l’amore dei miei che mi hanno anche dato serenità.
Tu sei stato subito forte, anche da piccolino nella carriera da Junior, quando hai capito che potevi diventare un professionista?
Sì, a 17 anni ero tra i primi 20 del mondo, sempre in nazionale. Nel 2006 abbiamo vinto il campionato mondiale a squadre con Miccini, Colella e il Coach Enrico Slomp.
Che tipo di giocatore è Federico, parlando di tecnica?
Mi sento un giocatore piuttosto completo come fondamentali, i miei colpi sono sempre stati molto potenti, anche grazie alla mia struttura fisica.
Tatticamente?
Negli ultimi tempi, grazie anche a Daniele Silvestre, che è il mio coach, sono diventato più ordinato, le scelte sono sempre più quelle giuste in campo, e tutto ciò dà una certa sicurezza.
Federico Gaio sul piano atletico.
Lavoro tantissimo e su tutti gli aspetti specifici durante le varie fasi della stagione. Diciamo subito che se c’è un nemico del tennista è il peso, per cui curo ormai da un po’ anche molto bene l’alimentazione, al fine di mantenermi bene, e poi lavoro molto su rapidità e velocità. La preparazione per il 2017 dovrei svolgerla a Tirrenia, per 6 o 8 settimane.
Uno degli aspetti su cui sei cresciuto di più è quello mentale, concordi?
Sono cresciuto molto, ma posso fare ancora meglio. Tendo per caratteristica psicologica ad essere un perfezionista, che di per sé non è necessariamente un difetto, ma lo diventa allorché finisci per vedere solo quello che “manca” senza dare il giusto peso alle doti che si possiedono e ai progressi che si sono fatti.
Una cosa che abbiamo notato da vicino, seguendoti ed applaudendoti nei tornei, è la gestione dei 30 secondi tra un punto e l’altro. Ci hai lavorato?
Sì, nei 30 secondi tra un punto e l’altro, e anche nei cambi di campo, cerco ovviamente un recupero fisico, poi trovo la positività, caricandomi, e visualizzo le scelte da fare nel punto successivo, pensando ad un piano tattico coerente.
Chi sono stati i tuoi allenatori in passato, e adesso?
Il mio primo maestro è stato Enrico Casadei a Cervia (il sito dell’ITF lo continua a segnare come suo coach, ndr). Poi da giovanissimo sono entrato nell’orbita della FIT con Giancarlo Palumbo. Attualmente mi alleno a Tirrenia, utilizzando le ottime strutture esistenti, c’è tutto quello che serve ad un pro, e con me c’è Daniele Silvestre che mi segue sia a Tirrenia in preparazione per i tornei, o per la preparazione invernale, sia nei tornei. Con Daniele c’è un bellissimo rapporto; è una persona positiva e realista, è molto diretto, sa spronarti a lavorare e sudare per ottenere i risultati e ti regala tranquillità e serenità. E chi vive il circuito sa bene quanto sia importante condividere le ansie, le paure, le vittorie, i momenti di esaltazione come quelli di “sfiducia” con qualcuno che ti capisca e riesca a produrre quella serenità positiva.
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