WTA Finals: Kuznetsova vince un match epico, è in semifinale. Fuori Muguruza
WTA Finals: Kuznetsova e Pliskova salvano un match point e vanno a vincere!
Sembra quasi dire: più di questo cosa devo fare, per prendermi le copertine? E in effetti l’agio con cui sono stati riservati chilometri di carta stampata a Nick Kyrgios cozza con il sudore versato in campo da Svetlana Kuznetsova, passata in 96 ore dall’incertezza di disputare le Finals alla certezza della qualificazione in semifinale, prima a riuscirci tra le otto contendenti. Perchè l’impresa si contornasse di epico la russa ha deciso di trascorrere in quel di Singapore oltre cinque ore sul campo da gioco in sole due partite, trovando persino il tempo di dare un taglio alla folta capigliatura. Sì, sempre sul campo. Del resto Svetlana è la tennista che sul terreno di gioco ci è rimasta più tempo di tutte e di sempre, al pari di Francesca Schiavone, il 23 gennaio 2011 a Melbourne: quelle 5 ore di battaglia hanno forse avuto l’effetto collaterale di erodere lo spirito combattivo della bicampionessa Slam, da allora trasformatasi in un’anonima comprimaria per tre lunghe stagioni (con il picco negativo del 2012, chiuso alla posizione 72 del ranking), forse addirittura quattro se escludiamo l’isolato acuto di Washington 2014.
La percezione di una Kuznetsova nuovamente vicina ai suoi standard ha una data e un luogo ben precisi: maggio 2015, terra di Madrid, la russa ritorna a disputare la finale di un Premier Mandatory dopo cinque anni di assenza e soprattutto rimette in piedi la macchina del suo tennis che sembrava perso tra eccessivi difensivismi e una tenuta fisica altalenante. Lei, Svetlana, che due Slam li aveva vinti anche in doppio – entrambi in Australia, la seconda volta nel 2012 battendo le nostre Cichis – e sul campo sapeva muoversi con disinvoltura totale, munita di una completezza tecnica sconosciuta a molte delle nuove allieve della scuola sovietica. Qualcosa che in effetti si era perso sembrava recuperato, laddove la disabitudine alla lotta si era insediata è poi intervenuto l’orgoglio genuino, maschio, feroce di una campionessa che non era tramontata.
La stagione 2016 ha chiuso il cerchio e non per il successo di Sidney o per la finale di Miami con annesso scalpo di Serena, che pure hanno riconsegnato al circuito una Kuznetsova competitiva. La 31enne di San Pietroburgo si è ripresa il palcoscenico alla vigilia del torneo di Mosca, quando ormai data per spacciata in ottica-Finals – Konta virtualmente qualificata e Suarez Navarro presente nello stesso tabellone, ma con 50 punti in più in classifica – ha pescato l’unica combinazione che avrebbe potuto consegnarle il ticket per Singapore: la vittoria del Premier moscovita. La gioia a tempo limitato è in questi casi la più grande delle ingiustizie, o forse la miglior rappresentazione dello spirito di questo sport. Ogni vittoria è il preludio della successiva e creare una soluzione di continuità può provocare la rottura dell’incantesimo. Uno, due, tre, l’aereo porta Svetlana da Mosca a Singapore e le sue vittorie consecutive da quattro a sei, tutto in una manciata di ore, tutto in una serie concitata di scambi e ribaltamenti di fronte.
Due vittorie diverse quelle dell’indoor maestro, neppure somiglianti, a dir la verità neanche lontanamente paragonabili. Contro Radwanska si è reso necessario un immenso sforzo di pazienza per domare le geometria della Maga, oltre che per tenere a bada i nervi a fior di pelle e… i capelli fuori posto, poi sistemati con un netto colpo di forbice. Pliskova ha proposto difficoltà diverse, è una tennista a cui non si può concedere ritmo perché in grado di sprigionare accelerazioni letali, specie sulle direttrici lungolinea. Non è stato abbastanza per fermare l’avanzata della tennista russa, in grado anche di commuovere con il suo “Da dove ho preso le energie per vincere? Dal cuore!” di fine incontro. A 31 anni, dopo una lunga carriera, Svetlana Kuznetsova ricorda alle sue avversarie che con lei è ancora assolutamente vietato scherzare. E in semifinale, la prima di sei partecipazioni alle Finals nella carriera di “Sveta”, il sogno che non è un sogno potrà continuare, e non è un sogno perché è questione di campo, sudore, palline. Avete presente?