Direi che la finale di Fed Cup, ultimo atto della stagione femminile, è stata all’altezza delle attese. Il maggior problema della Fed Cup è quello della presenza/assenza delle protagoniste, per cui possono capitare incontri in cui le giocatrici più forti non rispondono alla convocazione, e così turni che in teoria dovrebbero essere ricchi di valori tecnici finiscono in realtà per essere profondamente sminuiti.
Invece nella finale di Strasburgo le due squadre hanno schierato il meglio che avevano a disposizione, e ne è uscito un confronto avvincente e anche più equilibrato di quello che si attendeva alla vigilia. Merito soprattutto di Caroline Garcia, che si è superata nei singolari sconfiggendo due avversarie avanti in classifica, mentre tra le ceche Strycova ha vinto due partite su due, unica imbattuta.
REPUBBLICA CECA
Karolina Pliskova
Pliskova ha portato a casa due punti su tre match disputati: vittoria nella maratona contro Mladenovic (6-3, 4-6, 16-14), sconfitta contro una Garcia ispiratissima (e anche più fresca), e di nuovo vittoria nel doppio decisivo.
Si è presentata a Strasburgo da numero 6 del mondo, da numero uno della squadra e da colonna portante del team, visto che nei turni precedenti del 2016 in Fed Cup aveva perso un solo match (in singolare contro Viktorija Golubic) a fronte di cinque vittorie: e alla fine si è dimostrata all’altezza del ruolo.
Sul carattere di Pliskova secondo me ultimamente ci sono stati dei fraintendimenti: la si è descritta come una giocatrice naturalmente fredda e imperturbabile, ma in realtà chi la segue da più tempo sa che il suo atteggiamento apparentemente distaccato è frutto di un profondo lavoro di autocontrollo sviluppato nel tempo.
E non lo dico a sensazione, ma perché in passato era spesso andata in crisi nei momenti decisivi dei match, arrivando per la rabbia e la frustrazione perfino a rompere delle racchette (gliel’ho visto fare in almeno un paio di occasioni). A questo aspetto andava aggiunto il problema del rendimento negli Slam: Karolina sembrava soffrire di “braccino” in modo quasi incurabile; nei Major aveva perso partite che sulla carta la vedevano ampiamente favorita, proprio a causa della tensione che la sopraffaceva nei momenti decisivi. Ma anche in questo ha dimostrato di essere cresciuta, con la finale agli US Open 2016 raggiunta dopo aver sconfitto Serena Williams in semifinale.
Ricordo che Karolina è giovane ma non giovanissima, visto che il 21 marzo dell’anno prossimo compirà 25 anni. Lo sottolineo perché secondo me costituisce un ulteriore merito essere riuscita a trasformarsi progressivamente; tanto che oggi mostra un body language che ricorda Bjorn Borg (giocatore glaciale ma con un passato da ragazzino con problemi di autocontrollo); e sta dimostrando di saper giocare sempre meglio nei grandi match.
Nella finale di Strasburgo è stata straordinaria in almeno due momenti. Il primo è stato nel confronto di apertura contro Mladenovic, quando si è trovata con le spalle al muro (dopo aver perso la battuta sull’11-11), obbligata a brekkare l’avversaria per rimanere in corsa: e lei lo ha puntualmente fatto, alzando il proprio livello di gioco e strappando a Kiki il servizio a quindici.
Il secondo grande momento è stato nei finali di set del doppio, quando ha sfoderato una serie di colpi eccezionali, che hanno consentito alla coppia ceca di spostare definitivamente gli equilibri del match.
Petra Kvitova
Kvitova è stata la delusione della Repubblica Ceca; in sostanza ha vinto la Fed Cup 2016 dando forfait al turno di semifinale e perdendo tutti i match a cui ha preso parte: tre partite e tre sconfitte.
Contro Caroline Garcia (6-7, 3-6) ha giocato un primo set accettabile ma praticamente senza il dritto (addirittura zero vincenti); poi nel secondo set ha perso ampiamente il confronto delle risposte: aggressive e incisive quelle di Garcia, deficitarie e fallose le sue (in particolare sulle seconde di Caroline).
Alla fine il capitano Petr Pala ha preso atto del suo appannamento e l’ha sostituita. Come attenuante va detto che Kvitova viene da un periodo in cui non si è praticamente mai fermata: tre finali e un quarto di finale negli ultimi tornei significano tante partite in poco tempo, un giorno dopo l’altro. È stato proprio l’eccezionale rendimento delle settimane più recenti a farla arrivare con poche energie all’atto conclusivo della stagione.
Facendo un ragionamento in chiave “patriottica” si potrebbe dire che se alla Repubblica Ceca non ha portato nulla di positivo nella manifestazione a squadre, Kvitova ha ripagato la sua nazione con la medaglia di bronzo olimpica in singolare. Ma certo deve ringraziare le compagne se può aggiungere al suo personale palmarès la quinta Fed Cup.
Nella pagina 2: Barbora Strycova e il capitano ceco Petr Pala