Ho scritto nei giorni scorsi qualche anticipazione, esprimendo anche vari dubbi di possibile flop, sul prossimo “campionato mondiale under 21” che sarà ospitato con un milione e mezzo di montepremi (“scandaloso e non educativo – secondo Marc Rosset – per giocatori giovanissimi che non sono neppure top100”) a Milano l’anno prossimo nella settimana che precede le finali ATP World Finals di Londra e segue il Masters 1000 di Parigi-Bercy. Diversi lettori hanno commentato in vario modo, come sempre, l’articolo in questione cui vi rimando perché in questo weekend – presumo entro sabato – l’ATP darà l’annuncio ufficiale svelando la distribuzione dei premi, la sede precisa, se ci sarà o meno una wild card per un tennista italiano, se Milano sarà la sede per uno o più anni, eccetera.
Nel frattempo varie riunioni, fra ATP Board, direttori dei tornei, giocatori e coach hanno affrontato varie tematiche. Una è quella dei tornei challenger: dall’anno prossimo ci saranno challenger da 150.000 dollari di montepremi (più ospitalità), quindi non troppo inferiori ai tornei ATP da 250.000. Lo scopo è evidente: su Ubitennis ho scritto mille volte che i giocatori che riescono a entrare tra i primi 100 difficilmente ne escono. Basta che un top100 vinca tre partite l’anno in uno Slam o 6 in uno dei Masters 1000 per aver la quasi certezza di mantenere la sua posizione di rendita. Ecco perché ci sono tanti ultra-trentenni, ogni anno e in ogni Slam, nei tabelloni. Ciò significa che il ricambio è modestissimo. Per chi è n.150 salire su, con tornei che distribuiscono pochi punti, è difficilissimo. O vinci 6/7 challenger oppure non ce la fai, magari per 5 anni. E come sopravvivi? Se non vuoi mollare… non dico che fai la fame, perché magari ti vengono in soccorso i campionati interclub, Bundesliga o Serie A nostrana, però non te la passi neppure troppo bene. Qualcuno (non pochi) cade in tentazione: scommesse, match più o meno combinati, se non nel risultato finale in quello parziale (perché sembra ad occhio meno grave, ma di fatto “frega” gli scommettitori ed è cosa disonesta). Con colpevole ritardo l’ATP corre ai ripari, intanto facendo salire il montepremi minimo a 50.000 dollari (dopo che il minimo era stato 37.000 e poi 45.000) come del resto mi ero permesso di suggerire in alcuni articoli qui scritti un paio d’anni fa e prima ancora.
L’Italia è scarsissima quanto a tornei ATP, uno solo, quello di Roma (non so se il futuro Milano under 21 sia o meno un torneo ATP di “consolazione”, si vedrà) ma fra i challenger invece è number one: ne ha addirittura 25 anche se di montepremi medio-bassi. Gli USA arrivano secondi con appena 10 challenger. Ma l’Italia a oggi non ne ha nessuno da 150.000 dollari. Chissà, forse Genova potrebbe arrivarci, se lo sponsor madre, AON, del suo big A.D. Genovese Alberto Clavarino riuscirà a convincere la sua società. Ricordo che il montepremi dei challenger può salire (o scendere) con soli tre mesi di preavviso.
In casa ATP si è discusso anche sui coach. Nessuno propone di seguire l’esempio della WTA, con i coach che scendono in campo ogni set e vengono microfonati – non sia mai che l’ATP sposi una causa WTA! – ma molti hanno fatto presente che è una grande ipocrisia il warning al coach che fra un furbetto “Forza!”, un astuto “Vamos!” e un impeccabile “Aide!” grida o trova modo di segnalare anche “Batti sul rovescio!”, “Attacca!” , “Servi la prima senza forzare!”, “Ogni tanto un dropshot sul rovescio!”. Poi c’è chi ricorda i vari segnali convenzionati, il coach che si liscia i baffi, che si tocca il cappellino, che tossisce al cambio campo, che si alza e si siede, e mille altri. La regola viene infranta ad ogni match, più o meno da tutti i coach. Quelli meglio organizzati fanno dire o segnalare a un assistente piazzato vicino quello che… non potrebbero dire o segnalare loro stessi con il rischio dell’ammonizione, o peggio se l’ammonizione c’è già stata. Ma credo di aver capito che i tre rappresentanti dei direttori dei tornei si siano schierati contro, non si è ben capito perché, e la lotta contro l’ipocrisia ha per il momento dovuto soccombere.
Bocciata anche – perché non si può cambiare idea ogni cinque anni e fare avanti e indrè – l’idea di tornare all’obbligo del certificato medico per quei giocatori che non si presentano all’ultimo momento a un torneo adducendo sia infortuni di vario genere sia motivi personali, quali un parente stretto in pericolo di vita, una moglie incinta, un matrimonio imminente… tutti ricorderanno il caso in cui Agassi tanti anni fa vinse il torneo di Houston e non voleva andare a Montecarlo (quando era ancora mandatory, obbligatorio) e non potendo mandare il certificato medico al venerdì dal momento che era in campo a River Oaks alla domenica, fu giocoforza inserito nel tabellone di Montecarlo per poi uscirne con il certificato medico a tabellone già fatto. Occorre fidarsi della professionalità dei giocatori, della loro serietà. Salvo poche eccezioni, il 90% dei tennisti oggi lo è… rimane però il problema di coloro che scendono in campo negli Slam anche mezzi moribondi pur di riscuotere i 30.000 euro e più per chi perde anche al primo turno. Ai soldi facili sanno rinunciare in pochi ed è inutile fare lezione di morale. Ognuno ha la coscienza che ha.
C’è stato poi il caso di Metz, che aveva annunciato di aver venduto la sua data (la settimana dopo l’US open) ai cinesi di Taipei. Ma aveva dimenticato un piccolo particolare: e cioè che prima si doveva informare l’ATP, che non ha gradito e ha reagito male negando a Metz la possibilità di vendere ai cinesi. L’avessero fatto a un altro torneo europeo… forse sarebbe andato bene (se non fossero state fatte gaffes). Infatti l’ATP bada a mantenere un certo equilibrio, e in Oriente ci sono già stati alcuni “passaggi di consegne e tornei”: c’erano Bangkok e Kuala Lumpur, e sono subentrati i due tornei cinesi di Shenzen e Chengdu. Va bene allargare alla Cina, ma con… juicio, avrebbe detto il Manzoni tennista. Fra i tornei e gli avvicendamenti da segnalare quello di Budapest che prende il posto di Bucarest (nella stessa settimana di Barcellona): è Ion Tiriac il deus ex machina, si passa il proprio torneo da una città all’altra, come ha fatto a suo tempo da Stoccarda a Essen, da Stoccarda a Madrid, sempre guadagnandoci. Mica è fesso. E con Budapest rimasta in lizza con le sole Los Angeles e Parigi per ospitare i Giochi Olimpici fra 8 anni (quelli cui ha rinunciato la Raggi e Roma), non mi pare una mossa casuale. Anche perché Tiriac ha per ora ceduto “in affitto” il suo torneo dalla capitale rumena a quella ungherese. Spostamento che non assomiglia di certo, per distanze e continenti a quello Metz-Taipei. Durante il torneo di Dubai scommetto – mmm, si fa per dire eh – che verrà annunciato che le finali mondiali ATP resteranno a Londra anche dopo il 2018. E dove la trovano una sede che consenta incassi (oltre 12 milioni di euro di profit) e visibilità superiore? Con Murray n.1 del mondo poi…
Fa forse più effetto sapere che si giocherà sull’erba in Turchia! Ad Antalya, che dovrebbe essere più al riparo di Istanbul (torneo in programma quando c’è anche Estoril) e dagli attentati anti-Erdogan o chissà chi. Antalya, posto magnifico per chi ami il mare, verrà giocato nella settimana che precede Wimbledon, stessa settimana di Eastbourne, dopo quella di Halle e Queen’s. Chissà quanti rimpianti avrà Ganluca Pozzi! Lui sull’erba giocava divinamente. Ma i tornei nei quali far punti erano pochi, troppo pochi. Vedrete che Karlovic a 38 anni, e Mahut a 33, saranno ancora competitivi. In barba a quei poveracci costretti a “remare” nei challenger da pochi euro.
Spunti interessanti, anche se non sconvolgenti, sui quali dibattere un pochino, non trovate? Io troverei… ma poi spesso mi rendo conto che tanti lettori si divertono più a dibattere argomenti suscitati da qualcuno di loro che quelli che vengono in mente a noi. Ci vuol pazienza.