Djokovic e Becker, è il giorno dell’addio (Federica Cocchi, Gazzetta dello Sport)
Il triangolo tennistico con il guru Pepe Imaz, il crollo del rendimento, la crisi personale e di gioco. Una miscela letale che alla fine ha ucciso il rapporto portando a un divorzio annunciato. Niente matrimoni, qui si parla di uno dei migliori sodalizi tecnici degli ultimi anni: quello tra Boris Becker e Novak Djokovic che ieri, ufficialmente, è finito dopo tre anni di collaborazione. Il serbo ex numero 1 al mondo ha utilizzato Facebook per dare la notizia urbi et orbi: «Dopo tre anni ricchi di successi, Boris e io — si legge sulla pagina di Djokovic —, abbiamo deciso di interrompere la nostra collaborazione. Gli obiettivi che ci eravamo posti all’inizio della nostra avventura sono stati ampiamente raggiunti e voglio davvero ringraziarlo. D’altra parte — prosegue Nole — ora ho la necessità di mantenere alto il mio livello, nei prossimi giorni prenderò le mie decisioni». La risposta di Becker è arrivata via Twitter, con una foto della vittoria del Roland Garros e i ringraziamenti a Nole. Per ora non ci sono segnali che portino a una rottura di Djokovic anche con Marian Vajda, suo storico allenatore: è probabile che Nole stia cercando qualcuno da affiancargli.
La rottura era nell’aria: lo stesso Becker pochi giorni fa, intervistato dal Daily Mail, aveva ammesso di non potersi pronunciare sulla prosecuzione del rapporto professionale con l’ex numero uno, parlando tuttavia come se tra i due fosse già finita: «Mi sono divertito tantissimo negli ultimi 3 anni, non ho nessun rimpianto, è stata un’incredibile cavalcata». Ma gli ultimi mesi tra i due non sono stati facili. Colpa della crisi di Nole dopo il successo del Roland Garros, Slam numero 12 della sua carriera, il sesto sotto la guida di Becker e, soprattutto, ultimo grande obiettivo da raggiungere per il serbo. Un crollo che lo ha portato a uscire al terzo turno da Wimbledon, a perdere al primo da Del Potro nel torneo olimpico. E’ stata proprio l’uscita di scena, a Rio, con Nole in lacrime e singhiozzi, a far capire che qualcosa, nella testa del cannibale capace di centrare 30 Masters 1000 (14 con Boris), era scattato. Si è parlato di problemi in famiglia, di una rottura con la moglie Jelena. Qualunque sia stato il motivo, gli ultimi sei mesi del serbo sono stati molto difficili. Senza titoli da luglio, a Parigi Bercy Djokovic ha anche perso da Cilic, consegnando poi il trono a Andy Murray, vincitore dell’ultimo 1000 della stagione e anche delle Atp Finals, dove lo scozzese ha annientato in finale un serbo sempre più perso. «Non posso credere che Nole abbia potuto giocare così male — aveva detto un Becker molto contrariato — è stato forse il peggior match sotto la mia guida».
A Bercy il tedesco non si era visto nel box del suo assistito e non c’era nemmeno Marian Vaida. Al loro posto, sorridente e di bianco vestito, era seduto Pepe Imaz, ex giocatore spagnolo, riciclatosi tecnico e «mental coach» nella sua accademia «Amor e Paz» a Marbella. Un rapporto, quello tra Imaz e Djokovic, che non sarebbe mai andato giù a coach Boris, il quale non amava sentire Nole affermare che «le vittorie e il numero 1 non sono più una priorità» (…)