Verdasco ha dichiarato che la superficie gli ricordava i tappeti indoor degli anni ’80 e che ciò non gli è piaciuto affatto. Ovvero che era troppo rapida e disuguale nei rimbalzi. Che cosa ne pensi?
Bè, i tappeti indoor degli anni ’80 non mi sono molto familiari. Ovviamente rispetto il suo punto di vista ed opinione. Ognuno ha il proprio modo di sentire le condizioni del campo. Io non l’ho trovato così male. Probabilmente gli ultimi tre o quattro anni il campo è stato più rapido che nei precedenti. Ma in termini di rimbalzi disuguali, non mi sono accorto di nessuna significativa differenza. La mia prestazione è stata ottima nel primo e nel terzo set. Il secondo è stato un set con molti errori da entrambe le parti. Un po’ una lotteria. E’ stato avanti di un break due o tre volte. Io ho avuto le mie chance sul 4-4 e 5-5. Molti break point. In sintesi, sapevo che vincere il secondo set sarebbe stato cruciale, perché non volevo assolutamente dargli morale. Non volevo che iniziasse a colpire la palla come sa fare. Sono contento di come è andato il primo turno, perché era uno dei più duri del sorteggio, considerando il suo stato di forma e come ha giocato a Doha. In generale quindi sono contento della mia partita
Verdasco ha detto che era molto fiducioso, sino a quando ha visto il sorteggio. Lo ha definito “sfortunato” per avere avuto te in sorte. Credi che questo ti abbia dato un vantaggio psicologico su di lui?
Non so cosa ne pensasse lui, ma anche io avrei potuto avere un sorteggio migliore. Ma niente è facile, ovviamente. Lui è un giocatore di qualità, un ex top ten. Ha battuto Nadal proprio qui lo scorso anno al primo turno. È uomo da grandi incontri. Però, sotto un’altra prospettiva, sono contento di avere avuto un sorteggio difficile, perché mi mette subito nella condizione di affrontare con la giusta intensità il torneo sin dai blocchi di partenza, sin dal primo punto. Di questo mi rallegro. Comunque io mi sono tirato su ed ho giocato alla grande nel quinto.
Hai lavorato molto negli ultimi anni sul servizio per migliorarlo sotto ogni aspetto. Poi a fine stagione hai avuto un problema con il braccio. Da allora hai dovuto cambiare qualche cosa nel movimento?
Qualche correzione ho dovuto apportarla. Durante la pausa ho lavorato su alcuni aspetti del mio gioco, tecniche, colpi, ho cercato di concentrarmi sui punti del gioco dove posso migliorare, che non hanno ben funzionato negli ultimi due mesi del 2016. Credo che si sia fatto un buon lavoro sul campo, perché è l’unico momento dell’anno in cui puoi passare tante ore sul terreno di gioco consecutivamente ed allenarti senza che ci siano dei match di mezzo.
Possiamo sapere come sono i tuoi rapporti con Ljubicic ora che allena uno dei tuoi principali avversari (Federer, ndt) dopo esserti stato per tanti anni vicino. E’ qualcosa che cambia il tuo modo di relazionarti con qualcuno al di fuori dal campo?
Sono lieto di rispondere di no. Conosco Ivan da oltre 10 anni. Ci incontravamo ed allenavamo insieme poiché avevamo lo stesso allenatore, Riccardo Piatti. Quando era numero 3 del mondo era sempre molto gentile con me, disponibile per ogni cosa e prodigo di consigli. Ho cambiato la cordatura della racchetta, metà Luxilun e metà budello, a causa sua. Era il mio modello di riferimento. Ha avuto una delle più grandi influenze su di me all’epoca. Quando ci allenavamo con lo stesso coach, desideravo farlo con lui. Era uno dei migliori giocatori al mondo all’epoca. Ripeto, era sempre molto positivo, amichevole, aperto ai consigli, suggerimenti qualunque cosa potesse aiutarmi a crescere ed a restare nei giusti binari. Quel rapporto è rimasto intatto. Non mi interessa che sia o meno all’angolo di Roger. Comunichiamo ancora come facevamo allora.
Traduzione di Roberto Ferri