dal nostro inviato a Melbourne
[17] R. Federer b. [10] T. Berdych 6-2 6-4 6-4
Una volta si diceva “registra la partita e conserva la cassetta”. Ora i VHS sono roba da antiquari, i DVD lo saranno tra poco, è tutto sul “Tubo”, in tempo quasi reale. E c’è da scommettere che parecchi Gigabyte saranno occupati da questo match nelle “videoteche” degli appassionati di tennis, i quali vorranno ricordarsi di quella volta che Federer, tornando a giocare dopo sei mesi di stop, alla prima partita contro un non-qualificato si era preso lo sfizio di scherzare il n.10 del mondo.
D’accordo, in termini di match-up non era una brutta accoppiata per Federer: i colpi puliti e poco arrotati di Berdych non danno troppo fastidio all’elvetico, che se sta bene di gambe e di fisico, va a nozze sulle traiettorie ad altezza del fianco propostegli da Tomas, a meno di non venirne spazzato via perché troppo potenti.
Una scintillante prestazione che ha battuto la pioggia, il freddo ed una giornata incerta piena di vento, che è entrato solo a sprazzi nella Rod Laver Arena, lasciata con il tetto parzialmente chiuso per poter essere “sigillata” rapidamente in caso di qualche scroscio.
Il primo set vola via in un baleno – appena 26 minuti per 44 “quindici”. Un Federer centratissimo riprende dove aveva lasciato nel secondo turno contro Rubin con la battuta – sicura, efficace, chirurgica, tiene Berdych a debita distanza facendolo sempre tirare ad indovinare per intercettare le traiettorie. Ma è alla risposta che lo svizzero sfodera forse la migliore prestazione dalla semifinale di Wimbledon 2015 contro Murray, con rovesci bloccati che sembrano telecomandati e diritti in cross da poesia.
Dal 2-1 Berdych ci sono sette giochi consecutivi per Federer, tre break subiti da un il costernato Tomas, il cui servizio nuovo di zecca (nel corso della off-season ha lavorato con il coach Ivanisevic ad un nuovo lancio di palla più basso per evitare di essere disturbato dal vento) non sembra far nessun male a quel diavolo vestito di bianco e nero che gli danza dall’altra parte della rete. Tutti i colpi trademark del “King of Swing” fanno la loro comparsa nella fredda serata della Rod Laver Arena: il diritto a “frustata liquida”, il rovescio più solido visto da anni a questa parte, le risposte in avanzamento, i passanti in allungo, i turni di servizio tenuti in meno di 60 secondi. Una stratosferica percentuale di conversione sulle palle break (4 su 5 alla fine), decisamente inusuale per il campione svizzero, completa il quadro di una serata da incorniciare per il redivivo n.17 del mondo, che se avesse perso questa partita avrebbe rischiato di precipitare fuori dai primi 30.
Bastano 56 minuti per mettere in cascina i primi due set, talmente rapidi da non consentire agli spettatori in tribuna di sentire freddo, forse perché scaldati dalla gioia di rivedere ciò che per mesi e mesi era loro stato negato. Il primo rovescio sbagliato di Federer era stato accompagnato da un sonoro “Nooo!”, il primo punto dello svizzero aveva provocato un’ovazione. E le cose sono continuate nello stesso modo per tutta la sera. Persino Berdych ad un certo punto inizia a sorridere, dopo una volée di rovescio di Federer che, recuperando una sassata di risposta con una rasioata angolatissima, avrebbe suscitato l’invidia di Stefan Edberg. Il break in apertura di terzo set ottenuto dallo svizzero ha tutto il sapore della partenza del “rullo di coda”, perché fino a quel punto Berdych non aveva conquistato che 10 punti in 9 turni di battuta dell’avversario. E così è, perché Federer non si guarda indietro, continua a sciorinare il suo repertorio e finisce in 90 minuti giusti, mandando tutti a godersi il venerdì sera, non prima però di aver parlato alla folla osannante con le sue parole ispirate: “Mi è mancata la mia famiglia del tour, è bello essere tornati. Avrò tempo in futuro per stare con mia moglie ed i miei figli, ma non ora. È bello essere qui”.
Già, è proprio bello riaverti qui, Roger.
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