Quando una qualificata si spinge fino agli ottavi di finale in uno Slam, come miglior risultato prima degli Australian Open 2017 ha un quarto di finale a Guangzhou 2016 (un WTA International, la categoria più bassa, come i 250 ATP) alla quinta partecipazione in assoluto in un torneo del circuito, le precedenti 4 tutte sconfitte al primo turno, la curiosità di capire come gioca viene immediata, soprattutto considerando che praticamente nessuno la conosceva prima.
Jennifer Brady ha 21 anni, nata in Pennsylvania, attualmente è la numero 116 WTA, best ranking 109, la sua storia tennistica passa attraverso il tennis al college con UCLA, e l’accademia di Chris Evert. L’ultima preparazione invernale, evidentemente molto efficace, l’ha svolta nello splendido e nuovissimo centro tecnico della USTA a Orlando in Florida. E qui a Melbourne ha superato le qualificazioni vincendo tutte e tre le partite al terzo set, per poi regolare nel tabellone principale Maryna Zanevska (6-3 6-2), Heather Watson (2-6 7-6 10-8, battaglia tremenda, 5 match point annullati), ed Elena Vesnina (7-6 6-2). Una cavalcata di sei vittorie che la porta ad affrontare la “rediviva” del tabellone femminile, Mirjana Lucic-Baroni, trentaquattrenne croata dalla storia difficilissima. Un match tra sorprese (Mirjana è 79 WTA) a livello di ottavi Slam, vinto con merito dalla Lucic-Baroni per 6-4 6-2. Jennifer, dopo tanti match, è apparsa stanca, per lei era come una finale.
Stamattina sono riuscito a dare un’occhiata al training della giovane americana, campo 11, un rapido warm-up in vista del match del primo pomeriggio. Andiamo a conoscerla insieme. Fisicamente, siamo vicini all’1.80 (1.77 secondo la WTA, ma l’impressione è che abbia due-tre centimetri in più), i 68 chili invece ci stanno tutti, la ragazza ha un gran bel fisicone. Dritto western moderno, rovescio bimane standard. Come movenze, e in particolare nella preparazione del dritto, ricorda alla lontana Lyndsay Davenport, anche perché tira forte, ma forte veramente con quel colpo. In testa al pezzo in impatto in open stance, gran esplosione verso la palla, il grip è una western piena, notevole l’ingresso dell’anca. Una fucilata.
Tutta questa potenza si origina, oltre che dalla buona tecnica di base, da un accorgimento non comunissimo a inizio preparazione, con Jennifer che tiene fino all’ultimo istante prima della caduta verticale la racchetta chiusissima verso avanti (immagine di sinistra). Il gesto è quello dei lanciatori di baseball, ad estremizzare la frustata del polso. Bisognerà vedere quante gliene stanno dentro in partita e per quanti tornei, che continuità ha insomma (ultimamente abbastanza, pare, visti i risultati), ma per quello che ho visto in allenamento quel dritto è una bomba.
Qui sopra, un bel rovescio in aggressione, Jennifer è brava a mantenere centrale e verticale l’equilibrio nonostante stia tirando un’accelerazione in salto. Non come il dritto, ma viaggia bene anche il bimane.
La vera arma di Jennifer, però è il servizio. Lo vediamo qui sopra, ottimo in ogni fase del movimento, evidente uscita dell’anca, buonissima compostezza, decisa flessochiusura finale, magari solo un poco scomposta con le gambe (il che potrebbe crearle problemi di riposizionamento se aggredita dalla risposta). In ogni caso, i numeri parlano chiaro: Jennifer si sta giocando la testa della classifica degli ace con Karolina Pliskova (33), Serena Williams (31) e Coco Vandeweghe (30 come lei).
A livello femminile, 30 ace in tre partite (media di 10 a match) sono tanta roba, se poi ci metti vicino quella sberla di dritto lì, diventa perfettamente comprensibile il salto di qualità di Jennifer. Il fatto che non ne abbia messo a segno nemmeno uno oggi è un indicatore di quanto fosse in affanno fisico. Comunque, brava, la seguiremo con interesse.
L’intervista dopo il match a Jennifer Brady:
https://soundcloud.com/ubitennis/bradyil-mio-servizio-funziona-anche-a-questi-livelli