Alla fine c’è stata una specie di celebrazione. Cos’hai provato in quel momento?
In quel momento c’era solo gioia. È stato un match molto sentito. Se fosse finito 6-2 6-2 avrei percepito più chiaramente cosa stava succedendo, ma lei ha giocato benissimo, non c’è mai stato un momento in cui lei non abbia colpito perfettamente la palla. È sempre una grande soddisfazione riuscire a vincere una partita quando la tua avversaria gioca così bene.
CoCo ha detto che nel secondo set hai cambiato qualcosa, e questo l’ha messa in difficoltà. Puoi dirci cos’hai pensato alla fine del primo set e quali cambiamenti hai apportato al tuo gioco?
Ad essere onesta, visto il modo in cui lei stava giocando, a un certo punto dovevo solo giocare in difesa e provare ad attaccare appena ne avessi avuto la possibilità. Volevo comandare il gioco, ma lei giocava così bene che era quasi impossibile. Allora ho provato a controllare il gioco, non importa in che modo. Nel primo set ho servito in modo più conservativo. Nel secondo ho provato a fare qualcosa di più. Sapevo che lei avrebbe provato ad attaccarmi sulla seconda, ma a quel punto diventa una questione mentale. Ho cercato di non darle la palla che voleva. Credo che il mio servizio sia cresciuto man mano che il match andava avanti. Alla fine ha funzionato bene.
Quando cominci un torneo c’è ovviamente fiducia ma, visto quello che è successo ad Auckland, con l’infortunio che poteva farti venire dei dubbi, sei sorpresa di essere di nuovo qui in finale?
Sinceramente ad Auckland non c’erano segnali molto positivi. Sognavo una conclusione del genere perché ho lavorato molto nella off-season. Certo, l’inizio dell’anno non è stato un granché, ma ora so che posso giocare bene. So che, finché si continua a provarci, si possono avere delle opportunità. Ecco perché sono qui.
Come hai detto prima, in questa partita hai giocato molto in difesa. Come ti sei sentita a doverti difendere da quei diritti così potenti?
Mi sono sentita strana perché non sono molto abituata a difendermi ma, allo stesso tempo, ho capito di essere versatile e di poter cambiare il mio gioco per riuscire a vincere la partita. Mi sono sentita bene anche in una posizione poco comoda per me, sono riuscita a non farmi destabilizzare. La cosa buona è che il mio gioco rimane comunque offensivo. Per vincere nei grandi tornei devi sempre essere aggressiva, a prescindere da ciò che succede. Allo stesso tempo, ora so di avere anche un buon gioco di difesa. È stata questa combinazione a fare la differenza nella partita.
La possibilità di giocare in una finale Slam è il risultato di tutto il lavoro fatto. Hai mai pensato di non aver più la possibilità di giocare una finale, che i risultati migliori erano ormai alle tue spalle?
Non del tutto. Anche nelle partite in cui perdo, so che comunque avrei avuto una possibilità. È tutto nella mia racchetta, mettermi nella posizione in cui voglio stare. Ovviamente queste partite sono molto impegnative, sia fisicamente che mentalmente, ma io sono abituata alle sfide. Se sono qui è perché voglio esserci in un certo modo, non solo per gironzolare per il mondo.
Si parla spesso della tua rivalità con Serena e si dice che sia una cosa straordinaria. Dal tuo punto di vista, la vivi come una cosa normale o pensi anche tu che sia straordinaria?
Quando scendo in campo contro di lei penso che sto giocando contro l’avversaria migliore di tutte. Io, comunque, scendo in campo per lottare. Siamo due giocatrici molto, molto competitive e che giocano ancora bene a tennis. So che non sarà un match semplice. Bisogna cercare di controllarsi e provare a mettere la tua avversaria in un angolo, ma questa avversaria è mia sorella, e lei è magnifica. È bellissimo.
Si è detto che il tuo coraggio, la tua longevità sportiva, il tuo modo di giocare siano un’ispirazione per i bambini e un po’ per tutti. Puoi dirci qualcosa su come vivi questa cosa e sulla capacità che hanno alcuni atleti di toccare la vita delle persone?
Credo che le persone amino così tanto lo sport perché è molto diretto. In ogni momento vivi un trionfo o un disastro, senza filtri. Non si può fingere. Le persone, poi, si relazionano con un campione, ma anche con chi non vince, perché tutti nella vita passiamo attraverso delle sconfitte. Non so se un atleta possa ispirare. Forse può ispirare quello che fanno gli atleti al top, ma credo che ogni persona possa prendersi questa responsabilità.
Tu e Serena avete giocato tante finali Slam. Ora le dinamiche saranno sempre le stesse? Vi vedrete prima della finale?
Non credo che faremo niente di diverso rispetto a quello che abbiamo fatto negli ultimi… 20 anni. Direi che non c’è bisogno di cambiare qualcosa che funziona.
Cosa c’è di diverso rispetto al tuo primo Slam nel 1997?
Non ho assolutamente idea di cosa facessi all’epoca, ma sicuramente nessuna delle due vincerà per la prima volta. Allora ero una bambina. Oggi, nel mio cuore, lo sono ancora. La posta è molto alta, è un momento storico, ed è bello esserci.
Quale aspetto del gioco di Serena vorresti sfruttare nella finale?
Non credo ci sia necessariamente qualcosa da sfruttare. Devo solo provare a costruire un tipo di gioco che mi permetta di vincere, ma lei non ha molti punti deboli.
Cosa significherebbe per te vincere sabato?
Sarebbe bellissimo, ma dovrò guadagnarmelo. Non mi metterò a pensare “Cosa significherà aver vinto?” ma piuttosto “Come posso fare per riuscirci?”. Al momento, la mia mentalità è questa. Sono felicissima di questa partita, ma nella mia mente sto già pensando alla prossima sfida.
Tu e Serena, durante la vostra carriera, avete avuto anche altri interessi oltre al tennis. Pensi che questo abbia contribuito alla vostra longevità tennistica?
Credo che ci sia un autentico amore per la competizione. Bisogna anche divertirsi perché ci sono dei momenti in cui non si è soddisfatte del proprio gioco. Bisogna amare il gioco ma anche programmarsi bene per non lasciarsi sopraffare. Si deve trovare il giusto equilibrio.
Traduzione di Alessia Gentile