Una premessa doverosa: l’attuale crisi della Coppa Davis è indubbia, come testimoniato dal primo turno del World Group disputatosi lo scorso week-end, nel quale la competizione a squadre più antica nel mondo dello sport (la prima edizione vi fu nel 1900), con ben sedici nazionali coinvolte, ha avuto, con soli due top 15 in campo, Djokovic e Kyrgios, un misero campo di partecipazione, degno non di un campionato del mondo, ma, a malapena, di un buon ATP 250. Pur conservando un grande fascino – lo si vede da come continua sempre a riempire le arene che ospitano gli incontri, a prescindere dai giocatori che scendono in campo – tecnicamente sta perdendo valore, come ricordano sempre le federazioni che escono sconfitte (le stesse che, quando si vince, la considerano ancora uno specchio della salute del movimento tennistico nazionale). La Davis resta comunque spettacolare e coinvolgente, capace di regalare agli appassionati emozioni diverse da quelle del circuito e la sfida tra Italia ed Argentina, con continui ribaltamenti di risultati, occasioni sprecate da ambo le parti in diciotto ore complessive di intenso tennis, non ha fatto che confermare che, seppur perfettibile, questa Coppa resta un appuntamento irrinunciabile del calendario, specie per il nostro tennis, che in questa competizione ha giocatori tradizionalmente capaci di dare il meglio di loro stessi, abili a regalare soddisfazioni agli appassionati italiani, purtroppo abituati ad averne ben poche nel resto dell’ anno, nei tornei che contano davvero.
La vittoria dei nostri giocatori a Buenos Aires, capaci di eliminare i detentori della Coppa – seppure privi di del Potro e Delbonis, i loro due migliori giocatori – resta una bella notizia, obbedendo alla vecchia regola che, nella vita come nello sport, gli assenti hanno sempre torto. Vincere in Argentina, davanti ad un pubblico molto caloroso e spesse volte non corretto, non era facile – dal 1999, oltre all’Italia nel 2014, vi erano riusciti solo la Spagna nel 2008 e la Repubblica Ceca nel 2012 – a prescindere dal mediocre livello tecnico dei giocatori in maglia albiceleste (i due singolaristi schierati in campo dal capitano non giocatore Daniel Orsanic, Guido Pella e Carlos Berlocq, non erano compresi tra i primi 80 del mondo). Tuttavia, il successo di Buenos Aires testimonia il buon livello medio della nostra squadra, dall’età media alta (il più giovane, Fognini, compie a maggio 30 anni), ma capace di raggiungere, negli ultimi 5 anni, per 4 volte i quarti di finale (con la punta della semifinale persa in Svizzera nel 2014). Una bella soddisfazione per una nazionale azzurra che, dopo essere uscita dal World Group nel 2000 per mano del Belgio nell’incontro di Mestre, era tornata dove era sempre stata solo nel 2012, dopo aver battuto il Cile nello spareggio del 2011 e dopo anni di umiliazioni, come la Serie C, arrivata dopo l’umiliante sconfitta patita nel 2003 in Zimbabwe. Il quarto di finale in programma ad aprile (7-9) in trasferta contro il Belgio, sorprendentemente vincitore a Francoforte contro la Germania dei fratelli Zverev e di Kohlshreiber, non è certamente per noi chiuso in partenza: il loro numero 1, David Goffin, qualora partecipasse, sarebbe favorito contro i nostri giocatori, ma il numero 2 belga, Steve Darcis, è ampiamente alla portata degli azzurri (come dimostra la sua sconfitta contro Seppi al terzo turno di Melbourne un paio di settimane fa) e nel doppio, con Bolelli-Fognini, dovremmo partire favoriti. Intanto, da Buenos Aires esce vincitore meritatamente proprio il concetto di squadra, con i nostri tre migliori giocatori che hanno portato a turno un punto per uno a casa.
Il numero 1 azzurro, Paolo Lorenzi (lo è stato sino alla settimana scorsa, ma, avendo perso i punti della semifinale di Quito dello scorso anno, è tornato ad esserlo Fognini), alla sua decima convocazione ed al sesto tie in cui è sceso in campo, si è tolto la grande soddisfazione di vincere nettamente contro Pella nell’incontro inaugurale, per poi essere sconfitto rocambolescamente al quinto da Berlocq: ha così sfiorato l’occasione di vincere entrambi i singolari a punteggio non acquisito, un traguardo ancora mai raggiunto in carriera dal giocatore toscano. Andreas Seppi, invece, che nell’ultimo paio di anni per preservarsi fisicamente aveva molto ridotto la sua attività sulla terra rossa, ha confermato l’ottimo momento di forma mostrato a Melbourne e, pur con qualche patimento, ha fatto ampiamente il suo dovere sconfiggendo Berlocq nella seconda sfida di venerdì. Fognini, chiamato per la terza volta in carriera a scendere nel quinto e decisivo incontro della sfida di Davis (nel 2013 a Torino battè in 4 set Dodig, nel 2015 perse al quinto ad Astana da Nedovyesov, allora 130 ATP) non ha deluso le attese e la fiducia di Barrazzutti, che lo ha preferito a Seppi: pur partendo molto male e finendo due set sotto, l’ex numero 13 ATP ha operato una grande rimonta, valsa l’accesso ai quarti del World Group. Il ligure, che gioca la Davis dal 2008, era alla diciassettesima (un numero che, vedendo Federer in Australia, inizia a portare bene nel tennis!) convocazione in nazionale ed al venticinquesimo incontro di singolare in Davis: l’esperienza cumulata in questo decennio gli è senz’altro servita per ribaltare un incontro nel quale stava giocando molto male e che sembrava perso. L’aver tenuto fisicamente molto meglio dell’avversario promette bene per il prosieguo della stagione, nella quale speriamo possa trarre entusiasmo e fiducia da questo importante successo. Per il resto, nonostante la sconfitta patita nel doppio da Fognini e Bolelli (hanno recuperato da due set a zero sotto, non sfruttando un match-point), va accolto con molto piacere il ritorno in campo di Simone, dopo quasi un’anno di inattività forzata, dovuta soprattutto alla convalescenza post-operazione al ginocchio sinistro effettuata lo scorso luglio. La coppia formata dal ligure e dal bolognese non giocava assieme dagli Australian Open del 2016 e, considerando le non perfette condizioni fisiche di entrambi (Fabio la notte di giovedì aveva avuto un’indigestione che gli aveva impedito di scendere in campo venerdì), ha offerto una prova dignitosa che conferma la validità dei due nella specialità.
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