A che punto della sua carriera pensa di essere oggi Jo-Wilfried Tsonga? “Alla fine” risponde lui e sorride, anzi ride della sua stessa sincerità nel rispondere. “Insomma, ho giocato per… quanti sono? Più di tredici anni, che sono un tennista professionista? So che sono alla fine”. La conferenza stampa post-vittoria nei quarti di finale di Rotterdam finisce per mostrare come il trentunenne di Le Mans abbia accettato l’idea che il tempo passa, e che nessuna carriera è infinita. “Ho ancora un paio di anni da giocare, è andata bene, mi sono divertito un mondo perché sapevo che non sarebbe durata per sempre”.
Ci sono altri obiettivi da raggiungere tuttavia, prima di chiudere il borsone in un armadio. “L’obiettivo quest’anno è tornare tra i primi 8. Essere numero 9 o numero 11 non fa alcuna differenza, ma quando sei tra i primi 8 sei più protetto nei sorteggi, è diverso. Il mio obiettivo però è sempre il prossimo incontro”. A proposito di prossimo incontro, nelle semifinali dell’ATP 500 olandese Tsonga affronterà il coetaneo Tomas Berdych. Anche Berdych qualche ora prima aveva parlato di età, nel suo caso in riferimento a Roger Federer, giungendo alla stessa conclusione del suo avversario di domani: “È splendido vedere Roger giocare fino a 35, 38 anni ma questo non vuol dire che possa essere lo stesso anche per me. Lui non vale come esempio, non sono molti a poter fare le cose che fa lui”.
Come Berdych, Tsonga guarda le cose attraverso i propri occhi e non quelli degli altri. È fondamentale capire quando la propria parabola è alla conclusione, qualsiasi cosa facciano gli altri, “a meno di non giocare per trent’anni, ma è praticamente impossibile”. Ma cosa ci sarà per Jo dopo il tennis? Altro tennis, probabilmente. “Sono curioso, farò un sacco di cose ma il tennis avrà sempre una parte importante nella mia vita. Anzi, è la mia vita” dice lui. “È la cosa che mi riesce meglio”. Intanto tra non molto dovrà imparare a fare il papà…