R. Harrison b. N. Basilashvili 6-1 6-4
GLI ANTICHI FASTI DI MEMPHIS – Chissà se Nikoloz Basilashvili e Ryan Harrison hanno dato un’occhiata all’albo d’oro dei vincitori del torneo di Memphis prima di scendere in campo per disputarne la finale, la prima in assoluto per Harrison e la seconda per Basilashvili dopo quella persa a Kitzbuhel nel 2016 contro Paolo Lorenzi. Se lo hanno fatto, forse avranno provato un brivido nel pensare che il loro nome avrebbe potuto da lì a poco aggiungersi a quelli, tra gli altri, di Bjorn Borg, John McEnroe, Jimmy Connors, Pete Sampras e, tornando all’epoca in cui il torneo si disputava a Newton, di un certo William “Bill” Tilden l’uomo che più di tutti contribuì a trasformare l’antico gioco del tennis in uno sport moderno. Partita difficile da pronosticare anche per i bookmakers che, infatti, offrono quote simili agli scommettitori. Non esistono precedenti tra i due giocatori che possano fornire qualche indizio e ci sono molte cose che li accomunano: la classifica ATP (n. 62 lo statunitense e 67 il georgiano); l’età e la statura (24 anni e 185 cm); l’aggressività da fondocampo; il brillante stato di forma che ha consentito ad entrambi di arrivare in finale senza perdere neppure un set. Resta da valutare quanto possa aver pesato sul fisico dell’americano l’aver disputato e vinto poche ore fa la semifinale del doppio.
L’INCONTRO – A giudicare dall’andamento del primo set, lo sforzo supplementare non ha pesato per nulla. Dopo avere concesso due palle break consecutive sul suo primo turno di servizio ed averle prontamente annullate, lo statunitense toglie due volte il servizio al georgiano, al quarto ed al sesto game, senza apparente fatica e conquista il parziale in 26 minuti con il punteggio di 6-1 tenendo i propri turni di battuta con grande facilità. Troppo falloso Basilashvili che, se da un lato conferma di sapere colpire ogni palla con violenza estrema sia di diritto sia di rovescio, dall’altro, come già nel primo set di semifinale di ieri, mostra un’inquietante propensione all’errore gratuito quando lo scambio si allunga. L’unica nota positiva per lui è rappresentata dal partire al servizio nel secondo parziale e, quindi, dall’avere il teorico vantaggio psicologico di poter rimanere avanti nel punteggio. Vantaggio che sfrutta bene nei primi due turni di battuta e, grazie ad una maggior attenzione negli scambi lunghi, riesce anche a procurarsi due break point al secondo ed uno al terzo game; in tutte queste circostanze, però, è molto bravo Harrison ad annullarli affidandosi soprattutto sulla prima palla di servizio ed a raggiungerlo sul 2 a 2. Al quinto gioco Basilashvili ha un nuovo calo di concentrazione, complice Harrison che recupera l’impossibile ai due lati del campo, concede tre break point consecutivi e commette un fatale doppio fallo sul terzo. Ha l’immediata possibilità di rientrare in partita nel gioco successivo in cui si conquista tre break point consecutivi e poi nell’ottavo game in cui le palle break, non consecutive, sono due per un totale di 10 dall’inizio dell’incontro. Ma Harrison in ogni circostanza se la cava, quasi sempre grazie alla prima di servizio ed al generoso contributo del suo avversario che nei momenti chiave alterna diritti in rete a rovesci in corridoio di alcuni metri… e viceversa. Prima di congedarsi definitivamente dal pubblico di Memphis, Basilashvili si procura altri due break point consecutivi sul 5-4 per Harrison: ace, prima vincente, rovescio in rete, ace. E’ la sequenza con la quale Ryan Harrison conquista gli ultimi quattro punti dell’incontro, il set, il match ed il primo torneo ATP della carriera. Tra qualche ora potrà concedersi il lusso di realizzare, quinto uomo nella storia del torneo qualora ci riuscisse, l’accoppiata singolare-doppio.Per ora ha già riconquistato, oltre alla fiducia in sé stesso che sembrava avere smarrito negli scorsi anni, il suo miglior piazzamento in classifica, ovvero il 43imo. Basilashvili si consola con l’ingresso da domani tra i primi 60 giocatori del mondo.
Roberto Ferri