Kyle Edmund è un tennista normale, pronto a giocare due anni di ITF e Challenger per affacciarsi sempre di più nel circuito ATP. Tornei nei quali raccoglieva la miseria di soli quattro game contro l’italiano Matteo Donati (ora uno è top 50 e l’altro nemmeno tra i primi 200 del mondo). Il primo torneo del circuito maggiore il biondino di Bevererley lo gioca al Queen’s nell’ormai lontano 2012, perde al primo turno. L’unica partita vinta arriva a Eastbourne, contro De Schepper. La settimana dopo arriva anche il primo match a livello Slam, sui verdi prati dell’All England Club. Janowicz lo spazza via in tre rapidi set. Come da prassi non si scompone, prende borsone e racchetta e torna a giocare ITF e Challenger. Qualcuno lo vince pure.
Nel 2013 ci riprova, subito. Vola a Chennai e perde il primo turno contro Pospisil, ed ecco che tornano i tornei minori. Insomma il 2013 va anche peggio dell’anno precedente: gioca quattro partite “tra i grandi” e le perde tutte e quattro. Anno successivo storia non cambia, 0-5; 2015 1-4. Ricapitoliamo: siamo 2-15, sono passanti quattro anni. Il 2015 però è anche l’anno della grande vetrina e, soprattutto, del grande trionfo. Edmund va in campo nel primo match della finale di Davis, è avanti due set a zero contro Goffin ma crolla inesorabilmente al quinto (negli ultimi tre set raccoglie solo tre game). Murray però fa il resto e Kyle si ritrova a festeggiare il primo, e unico fino a oggi, gran trionfo della sua carriera.
La passata stagione è quella della, chiamiamola, consacrazione. Evidentemente vedere Murray prendersi la Davis ha fatto bene al ragazzino biondo. Chiude l’anno con un ottimo 19-19 e soprattutto mette in bacheca i quarti a Doha, Queen’s e Pechino. In più c’è la semi di Anversa. Mica poco insomma. Negli Slam va bene a metà, mette però in cascina il suo primo ottavo contro Nole a NY. L’ATP lo getta di corsa nel calderone #nextgen, nelle foto di ordinanza viene messo nell’angolo. Poco importa pensa probabilmente Edmund, che ha una classifica migliori di quasi tutti i suoi compagni di classe. Anzi, per essere precisi in quel momento esclusi Zverev e Kyrgios nessuno è così in alto in graduatoria. Finisce il 2016, Kyle smette formalmente di essere un nextgen e non figura quindi nella Race to Milan, graduatoria dei pretendenti alle ATP NextGen Finals riservata agli under 21. I classe ’95 sono già esclusi dal novero.
Eccoci quindi al 2017. Tre tornei ATP dove raccoglie due quarti, inoltre viene sconfitto sempre in tre set da un top ten. A Brisbane da Wawrinka e a Delray Beach da Raonic. Agli Australia Open invece perde da Carreno Busta, forse poteva fare meglio ma lo spagnolo resta comunque classificato 31 al mondo al momento della vittoria. Quindi la perdonabilissima sconfitta contro Raonic (poi finalista) a Delray Beach, lo stop contro Querrey re di Acapulco e il remake della sfida di New York contro Nole: a Indian Wells Kyle spaventa il serbo per un set, lo bombarda di dritti al fulmicotone, poi cede sotto il peso delle responsabilità di chiudere il parziale. Di strada c’è n’è davvero molta da fare ma di certo qualche obiettivo per questa stagione il ragazzo nato in Sudafrica l’avrà prefissato. Proviamo ad immaginare: priorità al ranking con accesso tra i top 30 o raggiungere la prima finale ATP? Volendo ci sarebbe anche la rincorsa alla prima vittoria contro un top ten dopo nove sconfitte consecutive (ben tre contro Djokovic).
Obiettivi, di certo, non sogni perché se Kyle continua con questa serietà, determinazione e professionalità arriverà, prima o poi, ogni obiettivo citato prima. Il lavoro paga sempre ed Edmund sembra saperlo molto bene visto che raramente lo si vede anche sui social, al massimo dieci post all’anno (ormai sono statistiche anche queste). Il nuovo Murray? Eh, forse è questo il vero dilemma. I fondamentali non mancano ma da qui a diventare un grande giocatore c’è ancora parecchio. Sempre citando il lavoro, sappiamo quanto Murray sotto quest’aspetto sia stato a dir poco maniacale. Lui però, come Andy, vanta già frecce nel suo arco da tirare fuori: dritto (magari poco ortodosso ma potentissimo), rovescio e gran servizio. Giocatore solido che vanta addirittura anche uno score positivo su terra. L’unica superficie sulla quale zoppica è l’erba a conferma della maledizione inglese. Per ogni approfondimento tecnico comunque è sempre importante leggere la scheda del maestro Baldissera che, indovinate un po’, è estremamente entusiasta delle sue doti.
L’Inghilterra, infine, è la patria del betting e c’è da scommettere che molti avranno già puntato sul futuro di questo ragazzo. A partire da questo 2017.