QUI il primo articolo su Kristina Mladenovic
Non penso occorrano molti preamboli o giri di parole se si deve scrivere in questo momento di Caroline Garcia. Oggi secondo me il tema fondamentale che la riguarda è soprattutto questo: provare a capire perché uno dei maggiori talenti della sua generazione non sia stato ancora in grado di esprimersi compiutamente. Perché una giocatrice nata non solo con un fisico ideale per il tennis, ma anche con una repertorio tecnico molto superiore alla media, non sia per il momento riuscita a mettere in sequenza una serie di risultati importanti, che restituiscano sul campo il suo intero potenziale.
A un osservatore esterno, che non può conoscere i meccanismi reconditi del suo team, risulta difficile capire le cause dei mancati risultati. Sia chiaro: mancati risultati in proporzione alle possibilità, perché si tratta comunque di una tennista che ha già raggiunto come best ranking il numero 23 del mondo. Ma tutto va commisurato al talento, che nel caso di Garcia è sopra la media. Basta analizzare i singoli colpi per rendersene conto: innanzitutto possiede un ottimo servizio, che sa giocare sia di potenza (con velocità che la collocano ai vertici del circuito femminile) sia lavorato, con slice e kick molto efficaci.
Poi un dritto potente, incisivo sia quando lo esegue da ferma sia in corsa; e che, se vuole, può variare utilizzando lo slice; ad esempio con la classica modalità per scendere a rete. Il rovescio è forse leggermente meno efficace, ma non per questo debole o incerto; è un colpo che le permette di reggere lo scambio e anche di contrattaccare quando le avversarie cercano di evitarle il dritto, insistendo sul suo lato sinistro.
Le volèe sono tecnicamente molto ben impostate, completate a rete con soluzioni di tocco nelle demivolèe e di notevole atletismo negli smash. Il tutto con una buona mobilità, che le consente anche di cavarsela bene nel gioco di contenimento.
Alla ricerca di un punto debole forse l’aspetto che si potrebbe citare è la risposta; ma più per scelte tattiche che per limiti tecnici: penso infatti che Caroline potrebbe provare a considerare più soluzioni, tra cui quelle bloccate (che sa giocare), invece di utilizzare come opzione sistematica quella aggressiva; anche perché se lo scambio non si conclude in due-tre colpi non mi pare abbia problemi di resistenza.
Tutte queste qualità fanno di lei, a mio giudizio, la giocatrice con il repertorio più completo della sua generazione dopo Sloane Stephens, altra ventitreenne (entrambe sono nate nel 1993) straordinariamente dotata, che considero appena superiore a Caroline perché ancora più forte nel gioco difensivo. Ma spesso queste doti rimangono sulla carta: sono i frammenti di un quadro di insieme che allo stato attuale non riesce quasi mai a ricomporsi del tutto. Del resto la storia del tennis è piena di talenti che hanno faticato a dare il meglio di sé, e a volte non ci sono mai riusciti. Però devo dire che non ricordo che sia accaduto con le modalità di Garcia.
Infatti ciò che fa di lei un caso particolarmente complesso è che non si sta parlando di un’atleta che semplicemente fatica a giocare bene nelle occasioni importanti, o a chiudere i match quando è in vantaggio: quello sarebbe un problema emotivo abbastanza comune. Per Garcia secondo me la questione è di natura più profonda, ed è tale da andare oltre la pura difficoltà esecutiva, finendo per invadere la sfera tattica. Mi spiego: è come se nei grandi match, sui grandi palcoscenici, Caroline tenesse nascosta la sua vera personalità tennistica, finendo spesso per adeguarsi a quella di chi ha di fronte. E così capita che contro Radwanska sfoderi soluzioni estremamente tecniche, mentre un match contro Sharapova diventi un braccio di ferro basato sulla potenza. Ma allora qual è la sua vera natura? Perché in campo a volte sembra mimetizzarsi? Perché non è mai riuscita ad andare oltre il terzo turno in uno Slam?
a pagina 2: Garcia e i grandi palcoscenici