Elena Vesnina, a 31 anni, ha raggiunto la sua prima finale in un torneo Premier Mandatory ma quanto ottenuto non è affatto casuale, bensì è il risultato di un lungo lavoro basato sulla costanza. “Con il passare degli anni ho iniziato a costruire la mia fiducia e ad essere più consistente durante i match. Riesco a giocare meglio partita dopo partita, e onestamente per me non è una sorpresa. Sapevo già in passato di avere con me i colpi necessari per fare bene, e di saperli mettere in pratica nei momenti giusti senza farmi prendere dal panico o andare di fretta. Il mio obiettivo adesso è mantenere questo livello per tutto l’anno”.
Ovviamente uno dei problemi principale nel tennis è mantenere alta la voglia e la passione anche quando non si giocano match, come capita durante la off-season, e a tal proposito la russa sa bene come passare il tempo. “Mi prendo cura della mia educazione. Sono una psicologa dello sport, ho finito l’Università. E di solito leggo qualche libro. Mi piace leggere le biografie di ex-tennisti come Agassi e Li Na”. Le similitudini tra la carriera di Vesnina e quella del Kid di Las Vegas, con le dovute proporzioni, ci sono, ed è proprio questo ad averla avvicinata alla lettura. “Rendersi conto di tutti i problemi personali che stava affrontando, più la sua discesa nel ranking e il modo in cui ha deciso di risalire è stato interessante. È il classico esempio di tennista che è stato al top e poi è stato dimenticato nonostante continuasse a fare sempre lo stesso mestiere, e a lavorare duramente.”
La russa sta tornando ad alti livelli dopo un infortunio e il suo viaggio non è stato affatto facile: “Lo scorso anno ho giocato un sacco di tornei partendo dalle qualificazioni e la cosa mi ha aiutato parecchio. Non c’è cosa peggiore che perdere al primo turno, di qualsiasi tabellone, perché è attraverso le vittorie che una persona riesce ad iniziare a credere in se stessa“. E adesso è arrivato uno dei traguardi più importanti della sua carriera, in un torneo particolarmente speciale per lei: “Ricordo la prima volta che venni qui quando avevo 16 anni. Era la prima volta in assoluto in America e quando vidi il posto mi dissi: ‘Ok, voglio venire a vivere qui’. L’organizzazione, la struttura, i campi, la palestra, è tutto di livello altissimo e avevo sempre desiderato fare bene in singolare. Ho già vinto in doppio 3 volte e finalmente ora avrò la chance di provarci anche in singolare“.
In questi frangenti il supporto delle persone che sono intorno a noi è a dir poco fondamentale e spesso una frase di conforto può arrivare anche da qualcuno di inaspettato. “Parlare con i campioni del passato è molto istruttivo perché possono darti molti consigli. Ma non solo questo. Spesso Martina Navratilova negli spogliatoi mi è venuta a trovare e ha sempre cercato di tirarmi su di morale nei momenti più duri”.