“Se un giorno Jack Sock riuscirà a diventare un grande giocatore di singolare, non sarà certo grazie alla sua tecnica”, dichiarò una volta Jim Courier durante una telecronaca per la televisione americana. A parte il fatto che proprio lo stesso Courier vinse ben quattro Slam e diventò numero uno del mondo pur senza avere né la tecnica di Sampras o McEnroe né tanto meno il talento di Agassi, la sua analisi sulla possibile carriera del 24enne tennista del Nebraska è comunque difficilmente contestabile.
Se consideriamo il gruppetto dei più forti giocatori di età “25 and under” attualmente in top 30 (Thiem, Dimitrov, Pouille, Kyrgios, Zverev e Carreño Busta), Sock è probabilmente quello con meno talento tennistico di tutti. Questo è Jack Sock: servizio ottimo ma non devastante quanto Isner o Raonic, diritto a sventaglio particolarmente incisivo ma con una presa talmente esasperata da limitarne l’efficacia in fase di risposta al servizio, rovescio bimane davvero deboluccio, discreto tocco nel gioco di volo e una buona rapidità negli spostamenti nonostante una condizione atletica a volte incerta. Insomma, non certo un fenomeno.
Eppure in queste prime 10 settimane di competizione nel 2017, Sock ha già raggiunto quota 15 vittorie contro solamente 3 sconfitte, piazzandosi al 17esimo posto del ranking nonché al nono della race, continuando così il trend di crescita graduale e costante che ha caratterizzato le sue ultime due o tre stagioni. Dopo essere entrato in top 100 a fine 2013, Sock ha continuato a salire gradualmente nel ranking fino a chiudere il 2016 a ridosso dei primi 20. Quest’anno ha già trionfato negli ATP 250 di Auckland e Delray Beach, mentre in Australia ha perso al terzo turno da Tsonga in quattro set lottati.
La scorsa settimana ad Indian Wells è uscito vincitore da un match da cineteca contro Dimitrov, ovvero uno dei giocatori più in forma del momento ed attualmente quarto nella race. La sfida con il talentuoso bulgaro ha palesemente dimostrato come, nonostante le lacune tecniche e l’attitudine in apparenza giocherellona e a volte rinunciataria, il buon Sock possiede in realtà delle notevoli qualità caratteriali che sono probabilmente il motivo principale della sua silenziosa ascesa verso i piani alti del ranking. Sotto 4-5 e 0-40 nel terzo e decisivo set, con le spalle al muro e più di un piede fuori dal torneo l’americano ha piazzato due prime vincenti (non dei missili ma calibrate al punto giusto per portare direttamente a casa il punto) e un diritto anomalo che ha letteralmente baciato la riga laterale: in quei tre punti, è racchiusa tutta l’essenza di Jack Sock. Il tennis dell’americano potrà anche esteticamente non piacere, ma quando il servizio funziona ed il diritto è in palla, non ce n’è veramente per nessuno. Se a ciò aggiungiamo le subdole ancorché innegabili qualità agonistiche, ecco che abbiamo di fronte un giocatore dai progressi indubbiamente interessanti.
Progressi testimoniati ad esempio dalla costante crescita a livello di risultati ottenuti sia nei Masters 1000 sia negli Slam. Con il successo su Jaziri ad Indian Wells, Sock ha raggiunto i quarti in un Masters 1000 per la terza volta consecutiva dopo Shanghai e Bercy 2016. E la vittoria nei quarti contro Kei Nishikori gli ha dato accesso alla prima semifinale della carriera in un 1000. A livello Slam, lo scorso anno ha raggiunto il secondo turno in Australia, il terzo turno a Parigi e Wimbledon ed il quarto turno a New York. Non sarebbe certo sorprendente se quest’anno riuscisse ad issarsi fino ai quarti di finale in una o addirittura due prove dello Slam.
Jack attribuisce gran parte dei suoi recenti progressi all’indimenticabile esperienza maturata durante i giochi olimpici a Rio, dove l’americano ha portato a casa l’oro nel misto in coppia con la Mattek-Sands ed il bronzo nel doppio maschile con Steve Johnson. Ricordiamo che altri giovani in crescita come Thiem o Kyrgios hanno preferito, per un motivo o per l’altro, saltare l’appuntamento olimpico nonostante il ranking consentisse loro la partecipazione.
Lorenzo Dellagiovanna