Fra gli ultimi avvicendamenti della Race to Milan spiccano l’ingresso nella top 5 di Taylor Fritz, dopo la prova positiva di Indian Wells; i punti conquistati da Andrey Rublev, che al challenger di Irving ha finalmente ritrovato la forma; e soprattutto le 37 posizioni scalate da Denis Shapovalov con la conquista del primo challenger in carriera: Drummondville, Canada francofono. Una vittoria che, oltre a procurargli l’ingresso nella top 200 del ranking, segna forse il definitivo distacco di Shapovalov dall’universo future e il suo passaggio alla schiera più “credibile” e competitiva della Next Gen. Fino a ieri, infatti, il diciassettenne dal rovescio monomano poteva essere ancora ascritto alla “nuovissima generazione”, cioè a quella schiera di talenti della Next Gen al di sotto dell’età media e con i piedi ancora piantati nel terreno ITF più che in quello dei due livelli maggiori.
Nonostante l’acuto di Drummondville, dove ha raggiunto la semifinale, appartiene invece ancora a questa schiera l’altro astro del tennis canadese: Félix Auger-Aliassime. La cui avventura aveva avuto inizio proprio in questa cittadina del Quebec, due anni fa. Quando Félix, a soli 14 anni, aveva superato i tre turni di qualificazione: più giovane tennista di sempre a entrare nel tabellone principale di un challenger senza wild card, nonché primo della generazione 2000 a collezionare punti ATP. Un evento che entusiasmò gli addetti ai lavori, ma non quanto quello di pochi mesi più tardi, sempre in terra natia. Dopo Drummondville, Félix vola in Europa per prendere confidenza con la terra battuta, e torna nel proprio Paese con un bottino di due finali e una semifinale a livello juniores. Temprato dall’esperienza europea e nel frattempo esploso fisicamente, partecipa al prestigioso challenger di Granby, dove centra i quarti di finale. È il più giovane di sempre a spingersi così avanti in un challenger.
Nei match vinti con Whittington (493) e King (205), così come nella sfida persa in tre set da Nishioka (143), il canadese sfoggia l’ampio ventaglio delle sue qualità: il servizio solido, la copertura eccezionale del campo, la potenza e la velocità di esecuzione di entrambi i fondamentali, l’attitudine a comandare sempre lo scambio e a ribaltare le situazioni difensive, la propensione alla rete. Tuttavia l’aspetto forse più sorprendente del suo gioco può cogliersi nell’abilità in risposta, costantemente eseguita con decisi passi in avanzamento per volgere subito l’inerzia dello scambio a proprio favore.
Qui il grande scambio da 43 colpi contro King
Dopo Granby, gli attestati di stima nei suoi confronti si moltiplicano: Milos Raonic si dice estasiato dalle gesta del connazionale, Brad Gilbert “sbalordito dal talento di Felix e dalla sua maturità di gioco”, così come da quanto straordinari fossero, già a 14 anni, il servizio e il dritto; infine Eugène Lapierre, vice presidente della federazione canadese, impressionato dal modo “semplicemente straordinario” con cui il pupillo gestisce mentalmente i match. Sempre nel 2015, è il più giovane under 18 di sempre a conquistare il titolo del prestigioso Eddie Herr International Junior Championship, presso l’Accademia di Nick Bollettieri. Chiude l’anno n. 742 del ranking.
Di madre canadese e padre togolese – Sam Aliassime, insegnante di tennis andato via dal suo Paese nel 1996 – Félix viene allevato al National Training Centre (NTC) di Montreal. Il centro nasce nel 2007 per iniziativa di Michael Downey, presidente della federazione canadese deciso a modificare strutturalmente il sistema tennistico del Paese. Il NTC diventa punto di riferimento e incubatore dei talenti nazionali. Da lì passano Raonic e Bouchard, così come il classe ‘94 Filip Peliwo, che nel 2012 riesce nell’impresa edbergiana di giocare tutte e quattro le finali Slam juniores (vincendone però solo due), prima di perdersi nel circuito professionistico, complice una serie di infortuni. E da lì passa anche la Next Gen canadese di oggi: quella maschile rappresentata da Brayden Schnur, Auger-Aliassime e Benjamin Sigouin, altro giovane talento non ancora sbocciato ai livelli maggiori; quella femminile rappresentata da Françoise Abanda (’97), Charlotte Robilard-Milette (’99) e Bianca Andreescu (2000). Diverso, invece, il percorso seguito da Shapovalov.
In un primo momento Félix Auger-Aliassime segue un programma part-time. Il lavoro dà i suoi frutti: a 12 anni il talento canadese conquista l’Open Super 12 di Auray, in terra francese. Un trofeo che, a guardare l’albo d’oro, è spia di un talento purissimo, presagio di una brillante carriera. Qualche tempo dopo aderisce al programma intensivo concepito per la federazione da Louis Borfiga – sedici anni all’Institut national du sport et de l’éducation physique (INSEP), mentore di Tsonga e Monfils. Ed è proprio a questi ultimi che, per caratteristiche di gioco, Borfiga accosta il talento di Montreal. Con una differenza: “A 14 anni, né Jo-Wilfried né Gaël erano così forti”.
Per stessa ammissione del ragazzo, il passaggio al NTC è lo spartiacque della sua carriera. Félix alterna lezioni scolastiche e allenamenti, affidandosi alle cure di Guillaume Marx, il coordinatore del centro che aveva seguito anche Raonic, e Jocelyn Robichaud. Nel 2016, l’esplosione a livello juniores e nuovi record. Il primo è un record, per così dire, collettivo, perché al Roland Garros juniores del 2016, per la prima volta, tre giocatori canadesi avanzano ai quarti di finale: Shapovalov, Sigouin e Auger-Aliassime. Ma è Felix a raggiungere la finale, che perde dal francese Blancaneux: nonostante i favori del pronostico, un primo set straripante e tre match point gettati al vento. Al termine dell’incontro la delusione è talmente forte e ostentata che Yannick Noah si lancia in campo per consolarlo.
La tempra del ragazzo però è robusta. Qualche mese più tardi, a Flushing Meadows, diventa il terzo canadese della storia – dopo Shapovalov e Peliwo – a conquistare un titolo slam juniores. Così come, ça va sans dire, il più giovane di sempre a conquistare il titolo US Open juniores, al termine di una marcia pressoché perfetta suggellata dal 6-3, 6-0 ai danni dell’attuale capofila del ranking ITF, il serbo Miomir Keckmanovic.
Rispetto al battesimo di Drummondville di due anni fa, l’Auger-Aliassime che la settimana scorsa ha raggiunto la semifinale del challenger – superando Bossel, Polansky e De Minaur, prima di cedere all’amico Shapovalov – è un giocatore evoluto sotto ogni profilo. Per muscolatura e caratteristiche la sua struttura fisica è prototipica per il tennis odierno. E si riflette pienamente nell’esecuzione dei fondamentali: il servizio, già solido, si è fatto ancora più potente (200 km/h) e variegato, il dritto è una conferma, il rovescio bimane – a differenza di altri talenti della Next Gen – non è un colpo né precario né interlocutorio, bensì “dirimente” e costitutivo del suo gioco di attacco da fondo, tanto quanto il più decantato dritto.
Per avere un’idea, guardate la sequenza di scambi che conduce al decisivo controbreak nel primo set contro Alex De Minaur.
A stupire di più gli addetti ai lavori è come in Félix Auger-Aliassime il livello dei colpi – da top 100 – si coniughi alla compostezza e alla pulizia dell’esecuzione. Allo stesso modo, è da rimarcare l’evoluzione del talento canadese nei movimenti in campo, caratterizzati da una minore impazienza e istintività rispetto al passato. Un esempio di questa evoluzione è offerto dall’uso del back di rovescio: ieri rarissimo e inteso quasi esclusivamente in una logica offensiva, quasi di chip and charge; oggi ancora piuttosto infrequente ma utilizzato anche in chiave difensiva o per smorzare, all’occorrenza, il ritmo dello scambio. Se Auger-Aliassime è considerato il prototipo dell’attaccante da fondo, non si può fare a meno di notare che rispetto al modello dominante il canadese ha una sensibilità di tocco e una propensione alla rete poco comuni fra i junior – e forse non per caso affievolita nel corso del tempo.
Rovescio, dritto e chiusura a rete nel match con Polansky
I risultati conseguiti a Drummondville regalano a Auger-Aliassime il best ranking (347) e una scalata di venti posizioni nella Race to Milan (ora è 19). I sedici anni, la maturità, il talento sono dalla sua parte, ma intorno a lui si è attivato un rigido meccanismo di protezione. Recentemente, Borfiga ha individuato anche nell’atteggiamento dei genitori – presenti ma allo stesso tempo discreti – una delle chiavi del percorso tennistico del figlio: “Mi hanno ricordato i genitori di Monfils, Tsonga, Mahut e Benneteau, che mi chiamavano solo per dirmi grazie, ma non mi hanno mai parlato di tennis. E i genitori di Félix sono esattamente così. Hanno capito che bisogna lasciare ai tecnici il compito di lavorare sul tennis”.
Finora gli unici risultati di rilievo a livello challenger sono arrivati solo in casa propria, dove Félix è circondato dall’affetto straordinario del pubblico. A Drummondiville però il canadese ha lanciato un segnale forte. E se tutt’intorno, saggiamente, regnano prudenza e oculatezza, qui non si vede l’ora che giunga la prima, pesante, wild card.
Claudio Tancredi Palma