Gli italiani e i Masters 1000: Fabio Fognini
Ridendo e scherzando – ridendo il giusto e scherzando anche meno, sarebbe opportuno dire, vista la serietà del momento – ci troviamo inaspettatamente al cospetto dell’ennesimo capitolo di un tête-à-tête che inizia a recare i numeri di un classico minore del circuito. Una rivalità iniziata tardino, a dire il vero, considerato che anagrafe e luoghi di frequentazione tennistica, entrambi comuni, avrebbero potuto anticipare di qualche anno l’alba di una sfida vecchia appena quattro anni. Inaugurata con una mattanza perpetrata da Rafacito a Casa Italia nel 2013 e a meno di cinque ore dalla semifinale in programma a Key Biscayne, ripuliti da ogni rigurgito nazionalista ma allo stesso tempo affamati di tennis nostrano di livello, stiamo per assistere all’episodio numero undici del “Fognal“. Rafa e Fabio, il fenomeno mite di Maiorca e il chiassoso ribelle di Arma di Taggia; il re incontrastato del laterizio e un talentuosissimo sultano dello sperpero; un tizio però, quest’ultimo, che se la congiunzione astrale è favorevole; se il nemico è solo quello dall’altra parte della rete e non un esercito composto da arbitro, giudici di linea, nastri, raccattapalle, congiunti in tribuna e destino infame; uno che se – peschiamo dal tragico gergo degli addetti ai lavori – “è centrato”, può regalare momenti di pura libidine tennistica. Momenti, appunto. Che talvolta esplodono in un “quindici” secco, talaltra si espandono a un game, un set e addirittura a una partita mostruosa, forse due, ma raramente si prolungano oltre. Facendo fruttare un tabellone baciato dalla Dea bendata Fabio stavolta ha però colto l’attimo, e nonostante le vecchie, care tendenze nichiliste lo abbiano accarezzato nel folle match di secondo turno contro Joao Sousa, non si è lasciato distrarre: abbattendo nei quarti un Nishikori al solito incerottato, “Crazy Fogna” si è guadagnato un’occasione, raggiungendo la seconda semifinale in un Masters 1000 in carriera – primo italiano di sempre a riuscirci lontano dalla polvere di mattone – e la chance di accorciare la distanza negli scontri diretti con quel diavolo di Manacor, al momento avanti per 7-3.
Tutto cominciò agli Internazionali nel fomento della folla di Roma, come detto, ed era già il 2013: Rafa decise di spegnere i diffusi entusiasmi prima che un episodio qualsiasi potesse far scattare la scintilla che in molti aspettavano, e lasciò sul campo appena quattro giochi. La possibilità di rivalsa si presentò appena due settimane dopo, nel secondo turno dell’Open di Francia, torneo che il famelico ispanico si avviava a conquistare per l’ottava volta in carriera: finì tre set a zero per lui, ma come si dice in questi casi il risultato fu bugiardo: Fabio costrinse Nadal in trincea per due set buoni, sparando vincenti a raffica con il rovescio incrociato e sprecando le sue buone occasioni sotto i nuvoloni che quel giorno incombevano sul Philippe Chatrier. “Dovevo essere un set pari“, la frase carica di ira funesta pronunciata da Fabio dopo un gratuito in avvio di terza frazione intercettata dai microfoni a bordo campo. L’anno degli sprechi aveva ancora molto da dire, e l’occasione più grossa arrivò in autunno, a Pechino. Nadal, che il lunedì successivo alla fine del torneo sarebbe tornato numero 1 al mondo, stava giocando sul cemento come mai prima di allora e si presentò in Asia con un record stagionale sul duro di 25 vittorie e nessun dispiacere adornato dal trionfo a Indian Wells e dal sensazionale “summer slam”. Eppure Fabio per un set e mezzo abbondante gli nascose la palla e dominò a piacimento: vinse il primo con un parziale di venti vincenti a tre e fallì due palle per il 4-0 nel secondo, poi si spense e si inabissò perdendo dodici dei successivi quattordici giochi: dovendo scegliere, possiamo dire che i primi quaranta minuti di quel match hanno incorniciato il momento più sfolgorante della sua carriera.
Nel marzo dell’anno successivo Fognini fu travolto proprio sul cemento della Florida, e bisogna passare al 2015, l’anno santo del “Fognal” con ben cinque scontri diretti andati in scena, per veder vincere il giocatore di casa nostra, e non solo sull’amata terra battuta. Il primo hurrà arrivò nelle semifinali del Rio Open e chissà se qualcuno ancora ricorda il match point, discretamente scenografico anzichenò, con cui Fogna chiuse quell’incontro. Non contento, il Nostro concesse il bis nel feudo rivale di Barcellona, nientemeno, vincendo addirittura in due. Fabio vide la striscia interrompersi in estate, nella finale di Amburgo, dopo aver sprecato (ma toh?) il giusto e non prima di aver regalato ai posteri una plateale polemica con l’avversario durante un cambio campo: “No me rompas los huevos, si cada vez haces siempro lo mismo, no hables con migo“, la delicata protesta rivolta a un perplesso Rafa accusato di “coaching” e di perdere tempo tra un punto e l’altro.
Ma il momento clou, l’epicentro del fluttuante curriculum di Fogna era ancora di là da venire. US Open 2015, l’edizione in cui le cose, agli italiani, riuscirono piuttosto bene. Nella memoria non restano solo l’incredibile trionfo di Flavia Pennetta, futura signora Fognini, e il sommo sgarbo fatto da Robertina a Serenona in quello che forse verrà ricordato come l’atto di insubordinazione più clamoroso nella storia del gioco. Perché sulle magiche pagine scritte in quelle settimane di fine estate anche Fabio intese apporre la propria firma: in una memorabile nottata newyorkese egli si permise di rimontare due set a sua maestà Rafa Nadal – che fino a quella sera vantava un preoccupante record di 151 vittorie e nessuna sconfitta quando si era trovato avanti per due parziali a zero nei tornei dello slam – e per giunta dopo essersi trovato sotto di un break sia nel terzo che nel quarto set. Un’impresa, perché di impresa è giusto parlare, ci perdonino gli integralisti dell’autocontrollo, per nulla annacquata dalle sconfitte negli ultimi due testa a testa, disputatisi ancora a Pechino, sempre nel 2015, e di nuovo a Barcellona, giusto lo scorso anno.
Quale versione del “Fognal” vedremo oggi, per la natura stessa dei protagonisti di questa ormai lunga vicenda, è impossibile da prevedere. Abbiamo sentito dire che Fogna sta giocando il miglior tennis della carriera, e anche se non ci spingeremmo così in là siamo sicuri che di certo ha giocato peggio. Nadal, invece, pur avendo giocato bene contro il pericoloso Sock, non pare stia attraversando la sua miglior settimana. Sia come sia, se tutto andrà come deve andare non ci sarà partita, ma il tennis è bello proprio perché, almeno ogni tanto, il sadico dealer decide di rimescolare le carte.
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