Che cosa ti rende felice?
Ok, questo è un buon modo per cominciare (ride). Sono felice quando gioco a tennis e se sono in buona salute. Quando le persone intorno a me sono sane e felici e apportano alla mia vita un po’ di varietà.
Che cosa ne trai da questa varietà?
Quando sono in viaggio per un torneo e ho un paio di giorni liberi si può fare qualcosa. Per esempio a Miami sono andata a dare un’occhiata al Wunwood Wall (collezione di opere e graffiti di artisti di strada ndt). Cerco di dare più tempo a queste cose mentre in passato i tornei mi avevano così coinvolto che non prestavo attenzione a queste cose.
Durante il tuo infortunio lo scorso anno hai provato anche nuove discipline?
Ho iniziato a fare yoga e a dipingere. E ho preso lezioni di ballo. Questa cosa è stata a volte imbarazzante perché non ho il talento per farlo mentre gli altri stanno migliorando (ride). Quindi per mi risulta un po’ imbarazzante quando una donna anziana riesce a fare una mossa difficile che io non so fare. A qual punto mi chiedo: chi è l’atleta più brava tra le due?
Quali sono le nuove cose che hai scoperto di te stessa?
Sono una persona molto impaziente e per me è stato molto noioso. All’inizio del periodo di pausa era tutto fantastico, potevo dormire, incontrare i miei colleghi e uscire insieme. Ma presto mi sono resa conto che la cosa non faceva per me, condurre una vita normale intendo.
Ci sono state anche persone ostili che attraverso i social media ti hanno chiamato “maledetta mucca”. Come si gestisce una cosa del genere?
Quando arriva subito dopo una sconfitta la cosa ti ferisce un po’. Ma io non mi sento super insultata da messaggi del genere, un testo colmo esclusivamente di parole d’odio non può essere preso sul serio. Non bisogna dimenticarsi di tutti i messaggi positivi solo a causa di pochi idioti.
Molti ti considerano come un talento precoce. Quanto talento pensi di avere?
Io non credo nel talento. Quando guardo agli altri sport, o a quando ho iniziato a giocare a tennis, io ero tutto fuorché un talento (ride). Non avevo il minimo tatto con la palla. Io ho dovuto imparare tutte queste sensazione e penso sia possibile per chiunque. Volontà, perseveranza e passione e grazie a loro l’ho fatto. Mi sono presto resa conto che questa era la vita che volevo. Io non ho nessun talento. Quando ero piccola non mi rendevo ancora conto di cosa si trattava fare tutto ciò e un giorno mio padre mi disse “fa a fare jogging.” Io allora sono andata a correre e dopo aver svoltato l’angolo mi sono seduta per terra e non ho continuato a fare jogging.
Recentemente hai giocato un piccolo torneo a Parigi. Com’è stato questo contrasto per te?
È piacevole ogni tanto quando non c’è tutto quel brusio intorno mentre giochi. Ho avuto più tempo per me stessa ed è stato molto bello, quasi un’atmosfera familiare. Le condizioni in qualche modo sono peggiori e quindi bisogna organizzarsi meglio. Non ricevi asciugamani, ne palline, e non hai un posto fisso negli spogliatoi e non c’è nessuna palestra per allenarsi.
E la stanza d’hotel?
Io sono stata nel Disney Hotel fatto per le famiglie. In ogni stanza c’era un letto per i genitori e un lettino per i bambini. La cosa mi ha divertito, come a Legoland. Lì noi avevamo prenotato tre stanze e poi abbiamo notato che una sarebbe stata sufficiente (risate).
Come giudichi i primi mesi dell’anno?
La prima settimana con Roger è stata fantastica. Poi è stato tutto un calo. La fiducia in me stessa ha ricevuto un duro colpo e quindi al momento gioco tornei minori. Sono felice dopo ogni match giocato che mi da un po’ più di fiducia che mi permette di uscire da questa spirale negativa. Certe volte mi capita di pensare che l’Universo ce l’abbia con me (ride). A Parigi ho dovuto giocare contro Antonia Lottner, una delle mie migliori amiche. E a quel punto ho pensato: ok, adesso basta, queste cose non posso controllarle. Piagnucolare e dire che tutto ti va nel verso sbagliato non aiuta. Anche il mio coach mi ha detto questo.
Com’è il tuo trainer Maciej Synowka?
Ha un atteggiamento molto positivo e calmo. Fa tutto insieme a me e ci alleniamo un sacco. Andiamo a correre insieme, andiamo in palestra, non è che lui sta semplicemente là in piedi e mi dice di giocare per un’oretta e poi se ne va a casa. Lui mi supporta in tutto quello che faccio, tutto il giorno. Deve solo arrivare a conoscere me e il mio gioco, tutto qui quello di cui ha bisogno. L’ho scelto perché è uno che lavora duramente e ama molto il tennis. Io necessito di qualcuno che mi guidi.
Come mai tuo padre non è più tuo coach?
Le cose non sono cambiate di molto, lui vive ancora a casa. Mio padre ora è meno coinvolto nei tornei e ha più tempo per mia madre. Era anche questa una cosa che volevo. È piacevole ogni tanto averlo con noi, ma non sempre. È giusto mettere certe distanze tra di noi. Senza di lui non funzionerebbe, certamente ne ho bisogno, ma non tanto quanto prima.
Ti alleni ancora con la madre di Martina Hingis, Melanie Molitor?
Non sono stata con lei da molto tempo, ma spero sempre di ritornare. Ultimamente ho lavorato col mio coach e mio padre.
Osservando la cosa dall’esterno c’è l’impressione che sia facile arrivare in cima e poi cadere di nuovo. Condividi questa visione?
Sì, e io ne sono la prova migliore. Molti giovani ragazzi arrivano in cima e competono con le vecchie generazione, e al momento le carte sono completamente mischiate. Per me ora si tratta di ritornare il più velocemente possibile, ma non mi aiuta tenere d’occhio la classifica. Non mi importa se sono numero 60 o 80. L’obiettivo è arrivare al top.
Al momento comunque sei costretta a fare le qualificazioni.
La cosa non mi importa, finché il mio ranking è abbastanza alto. E poi posso sempre usare le wild card. Io amo giocare tornei minori, così da giocare più match e mettermi a lavoro di nuovo, anche se perdo tempo con delle giocatrici che dovrei battere agevolmente. Questo è sicuramente meglio che giocare grazie ad una wild card e poi avere un tabellone sfortunato.