da Montecarlo, Carlo Carnevale
168 centimetri, viso tondo e sorridente, allegri occhi celesti: Diego Schwartzman si presenta sudatissimo dopo il successo contro l’altra sorpresa del torneo, il tedesco Struff. 6-3 6-0, e sono quarti di finale: i primi in un Masters 1000 per l’argentino (“di Buenos Aires” ci tiene a sottolineare), che al secondo turno aveva superato Roberto Bautista Agut, 18 ATP. Non era però la sua vittoria più importante: sulla strada verso la sua seconda finale ATP (poi persa con Gasquet), ad Anversa lo scorso ottobre, il piccoletto sudamericano aveva battuto David Goffin, all’epoca 13 in classifica. Un trofeo in bacheca (Istanbul lo scorso anno, nella finale scandalo contro Dimitrov) e best ranking che verrà certamente migliorato dalla prossima settimana: dovesse perdere domani, sarà 34 del mondo. Adesso Nadal, che sul rosso è il gigante per eccellenza. “Ma ci sono abituato, sono sempre stato il più piccolo…“, anche se non era quello il senso.
Primi quarti di finale in un Masters 1000. Che sensazioni hai?
Emozionante. Sono abituato a lavorare duro e a volare basso, ma quando si ottengono questi risultati è sempre straordinario. Ho visto che dovrò giocare con Nadal, purtroppo (ride), ma non è questo a cui sto pensando ora.
Migliorerai anche il best ranking. Ti eri prefissato obiettivi per questa stagione? Adesso ne avrai di nuovi?
In realtà no; era importante arrivare a questa fase della stagione da top 40, e direi che ci sono riuscito. Ora cerco di non mettermi troppa pressione, preferisco lavorare bene sia in campo che fuori e godermi quello che arriva. Certo migliorare ulteriormente in classifica sarebbe meraviglioso, ma non è il mio pensiero principale.
Sei argentino, fai parte di un popolo sempre molto caloroso e appassionato di sport, tennis e calcio in particolare. Cosa significa vivere in questa dimensione?
È vero, siamo molto passionali e lo si sente quando si gioca in casa o comunque nelle vicinanze. Calcio e tennis sono gli sport più sentiti, ma devo dire che non sento alcuna pressione. Anzi sono orgoglioso di poter rappresentare il mio paese: io sono di Buenos Aires, e sono molto attaccato alle mie origini.
Senti il sostegno del tuo paese?
Del pubblico, sempre. Purtroppo la Federazione non è affatto partecipativa, non ci sono fondi e per i giocatori è difficilissimo. Dobbiamo cavarcela da soli.
Sei forse il giocatore più esile del circuito, non sei certo alto o potente come gli altri. Come ci si sente a giocare, e vincere, contro giocatori che ti rendono chili e centimetri?
È vero che sono piccolo, ma ci sono abituato. Anche quando ho iniziato in Argentina, nel circuito nazionale, ero il più basso tra i miei coetanei. Non ho il servizio degli altri giocatori, ma questo mi ha portato a concentrarmi sull’azione delle gambe nei miei colpi. Direi che sto riuscendo a compensare questa distanza. È anche una questione di mentalità.
L’ultima: che possibilità ti dai contro Rafa?
Moltissime! (ride) Scherzi a parte, prima dell’incontro si parte alla pari, al 50 e 50. Starà a me concentrarmi e adottare una mentalità vincente.