La finale degli U.S. Men’s Clay Championships vinta da Steve Johnson praticamente su una gamba sola ha attirato complimenti d’ogni sorta. Sul “marrone” di Houston la coscia sinistra del povero Steve si incrampava sul finire dell’undicesimo gioco del terzo set, con lo statunitense avanti 40-0 sul proprio servizio. Bellucci accorciava subito sul 40-30 dimostrando di aver capito come colpire le nuove debolezze dell’avversario. Poi rovesciaccio brasiliano a metà rete – pazienza, adesso la chiudiamo al tie-break – e turno di servizio tenuto senza far toccare palla a uno Steve ormai immobile. Lieve massaggio che non sembrava poter fare miracoli e via al parziale decisivo, che non poteva che essere a senso unico… e infatti finiva per vincerlo quello che sembrava spacciato. Game, set, miracolo e match.
Quarta finale persa da Bellucci (la terza perdendo un tie-break), quinto titolo statunitense del 2017 dopo Sock (due volte), Harrison e Querrey, best ranking (21) vicino per Steve Johnson che grazie al successo saliva alla posizione 25. Il nome dello statunitense più barbuto della truppa non è apparso però nell’entry list di Montecarlo: non una novità per il vincitore degli U.S. Men’s Clay Championships. Nelle ultime tredici edizioni dodici volte il torneo texano ha immediatamente preceduto quello di Montecarlo: nove volte chi ha sollevato il trofeo non si è fatto vedere in terra monegasca, in tre occasioni il campione di Houston è volato a Montecarlo soltanto per raccogliere il prize money del primo turno (sconfitte all’esordio per Isner nel 2013, Juan Monaco nel 2012 e Hewitt nel 2009).
L’ultimo in grado di compiere la titanica impresa di vincere un incontro a Montecarlo appena dopo aver sollevato il trofeo a Houston? Tommy Haas nel lontano 2004, per gentile concessione dell’avversario di primo turno Xavier Malisse. Il buon (e ahinoi soprattutto) vecchio Tommy per onore di cronaca è tornato a vincere un match nel Principato proprio quest’anno contro l’irrispettoso Paire. La “maledizione di Houston” ha come naturale termine di paragone l’ATP 250 di Marrakech, che dal 2009 viaggia a braccetto con il torneo texano nella settimana che precede Montecarlo. In questi nove anni tre volte il vincitore in Marocco non ha giocato a Montecarlo, tre volte è stato eliminato al primo turno (l’ultimo Coric, poche ore fa contro Chardy), due volte ha vinto almeno una partita e nel 2014 (Garcia-Lopez) si è spinto addirittura fino ai quarti di finale. Un bottino leggermente meno catastrofico, ma comunque non eccezionale.
La spiegazione più immediata riguarda ovviamente la carenza di energie, di cui ci suggerisce un recente esempio Borna Coric. Il croato dopo neanche 48 ore dalla rocambolesca vittoria ai danni di Kohlschreiber nella finale marocchina si è ritrovato in campo contro Chardy a Montecarlo, dove è stato comunque bravo a dar battaglia per quasi tre ore. Come spiegare invece le sei assenze del vincitore di Houston dal 2009 al 2017? Oltre allo svantaggio derivante dalla lontanza geografica, chi come Verdasco (2014), Sock (2015) e quest’anno Johnson avrebbe potuto per classifica prendere parte al torneo e ha scelto di non farlo dimostra come quello di Montecarlo sia effettivamente il meno “irrinunciabile” tra i Masters 1000, oltre che l’unico non obbligatorio. I casi di Chela, Sweeting e Monaco, vincitori a Houston rispettivamente nel 2010, 2011 e 2016, confermano l’impossibilità “logistica” di prendere parte al torneo di qualificazione monegasco per chi è ancora in corsa a Houston e Marrakech. Lo stesso Borna Coric ha avuto bisogno di una wild card per entrare in tabellone quest’anno.
La casistica riflette ovviamente una scelta di programmazione. Può essere considerato prioritaria la prospettiva di raccogliere – meno – punti più facili in un torneo minore o la rincorsa di un bottino più grosso in un torneo di livello superiore, con le difficoltà che ne conseguono. Ad ogni modo la lista dei recenti vincitori dei tornei pre-Montecarlo vede in Coric l’unico under 21, con Sock e Klizan (rispettivamente Houston e Marrakech nel 2015) unici altri under 25: è comprensibile che un tennista di maggiore esperienza possa scegliere di sacrificare Montecarlo dopo un torneo vinto, laddove un ragazzo di buone prospettive, se la classifica lo permette, può (e deve?) dare priorità ai palcoscenici in cui può affrontare (e imparare da) i migliori giocatori del mondo.
Un bravo quindi a Borna Coric, che non si è cullato sull’ottima settimana vissuta in Marocco e nel Principato ci è andato per giocare una partita vera, che avrebbe potuto anche vincere. Proprio il croato a causa di un talento meno appariscente di quello dei suoi compagni NextGen è stato un po’ derubricato nei taccuini dagli addetti ai lavori; la sconfitta appena arrivata a Budapest per mano di Vesely sembra fatta apposta per farlo ripiombare nel vortice delle critiche. In un ipotetico “entusiasmometro” sembra essere stato superato persino dai giovanissimi Shapovalov e Tsitsipas, per cui già ci si assiepa su streaming di qualità appena decente. Borna è sicuramente tennista più costruito, non dotato di alcun colpo folgorante, ma la tempra c’è. E c’è anche l’umiltà di capire che quando non hai il dono di Kyrgios tocca lavorare un po’ di più sull’attitudine, sui dettagli tattici, su un progetto di costruzione del punto. Contro Kohlschreiber si è visto un giocatore più coraggioso soprattutto nel cercare la verticalizzazione, non un fenomeno ma certamente un giocatore vero.
Il prossimo anno però, Borna, se vai a Houston o Marrakech cerca di fermarti prima della finale. Di colui che succederà a Johnson nell’albo d’oro di Houston che dire invece. Potrebbe essere una buona idea appendere un poster di Tommy Haas in camera prima di andare a Montecarlo…