Ci sono tre tipi di bugie: le bugie, le stramaledette bugie e le statistiche” (Benjamin Disraeli, Primo Ministro inglese, ca. 1850).
Seconda puntata dello spazio, inaugurato con la finale di Miami, dedicato all’analisi statistica delle finali dei principali tornei del circuito.
Sempre memori dell’ammonimento del Primo Ministro Inglese riportato in alto, ci occuperemo oggi della finale del Montecarlo Rolex Master, giocata da Rafa Nadal e Albert Ramos-Vinolas, seppure apportando alcune modifiche rispetto alla prima puntata. Considerato il modo in cui Nadal ha dominato l’incontro, il rischio di scrivere delle ovvietà era infatti decisamente alto (e non è detto che si sia riusciti ad evitarlo, anzi!). Non c’è un solo dato – fatto salvo uno sul quale ci soffermeremo – in cui Spagna 1 non sia stata nettamente superiore a Spagna 2. Quindi, adottare il metodo usato per commentare la finale di Miami – statistiche dei singoli set e poi sintesi finale – rischierebbe di rivelarsi un mero esercizio di stile. Pertanto, abbiamo deciso di andare subito alla sostanza dell’incontro prendendo in considerazioni le statistiche ufficiali ATP relative al match nel suo complesso.
In questa circostanza, anche in considerazione di alcuni commenti fatti dai nostri lettori, non sono stati inseriti tra i dati analizzati quelli riguardanti i punti vincenti e gli errori non forzati, poiché privi di oggettività.
In rosso sono evidenziate le variabili che abbiamo ritenuto più significative.
Il rendimento al servizio da parte di Ramos-Vinolas rispetto a Nadal è nel complesso deficitario; buon per lui che nel secondo set sia riuscito a migliorare la performance al servizio salendo dal 50 al 59 per cento di prime palle in campo e vincendo il 60% dei punti con questo fondamentale, altrimenti il risultato finale sarebbe stato probabilmente ancora più netto. Nadal nel primo set ha realizzato un sontuoso 19/22 di prime palle in campo, pari all’88% -vicino al 100% messo a segno da Wilander nel primo set della finale del Roland Garros del 1988 – e un più umano 12/19 nel secondo, pari al 63%; numeri sufficienti a non permettere mai a Ramos-Vinolas di arrivare a conquistare un solo break point. In compenso, Rafa nel primo set non è riuscito a trasformare tre break point consecutivi nel corso del secondo game; lasciamo al lettore dedurre quale sarebbe stato il risultato del primo parziale se in tale circostanza il diritto non lo avesse tradito altrettante volte.
Il rendimento alla risposta dei due contendenti è così disuguale da non avere bisogno di particolari commenti, bastano i numeri contenuti nella tabella. Ramos-Vinolas non è mai riuscito ad andare ai vantaggi sul servizio del suo avversario e nel secondo set, nonostante il calo percentuale di prime palle messe in campo da Nadal, è riuscito a conquistare solo tre punti, contro i sei del primo parziale.
Per fortuna, ad aiutarci a rendere meno noiosa e scontata la nostra analisi, arrivano in nostro soccorso le statistiche relative ai punti conquistati in relazione alla durata degli scambi. Nell’immaginario collettivo degli appassionati non addetti ai lavori, il maiorchino è considerato un ineguagliabile podista con la racchetta, imbattibile negli scambi lunghi, tanto che su internet sino a qualche tempo fa girava la seguente battuta: “Il tennis è quello sport in cui si deve buttare la pallina al di là della rete una volta in più dell’avversario e alla fine… vince Nadal!”. Ebbene, proprio negli scambi lunghi, ovvero oltre i nove colpi, Ramos-Vinolas è risultato superiore a Nadal. In quelli di media e, soprattutto, di breve durata è stato letteralmente spazzato via: 23 a 50! Cosa possiamo dedurne?
Nello specifico, che Nadal, così come il suo grande rivale svizzero, ha saputo con grande merito apportare delle modifiche sostanziali al suo modo di giocare. Gli anni pesano anche per lui e riuscire ad accorciare gli scambi è una priorità. Per riuscire nello scopo, Rafa ha notevolmente irrobustito il suo rovescio rendendolo un colpo spesso letale e non solamente di sbarramento; ha migliorato i colpi di volo e dato maggior incisività al servizio con il quale è ora in grado di conquistare punti “facili”: 5 ace in otto turni di battuta sono pochi per un giocatore come Karlovic , ma non per lui.
Più in generale, riteniamo si possa dedurre che il modo di giocare a tennis sulla terra rossa da parte degli attuali migliori specialisti – Nadal, Thiem, Wawrinka, Djokovic – sia diverso rispetto a quello giocato dai grandi specialisti del passato, quali Borg, Vilas, Wilander , Muster. In misura più o meno maggiore, i giocatori moderni tendono a praticare un tennis molto più di pressione, seppur da fondocampo e meno difensivo rispetto ai loro illustri predecessori, con la conseguenza di avere ridotto il numero di colpi mediamente necessari per aggiudicarsi un punto. Se avete 2’25” di tempo libero, guardate su youtube lo scambio di 86 colpi tra Borg e Vilas nella finale del Roland Garros del 1978 e ne avrete un indizio. È evidente la volontà in entrambi i giocatori di attendere esclusivamente l’errore altrui e fortuna che Borg alla fine, forse sull’orlo del colpo di sonno, decida di attaccare, altrimenti i due sarebbero probabilmente ancora oggi intenti a ributtare la palla da una parte all’altra della rete. Se di tempo libero ne avete tanto e volete un altro indizio, gustatevi (eufemismo) la finale del 1982 tra Vilas e Wilander: 4 ore e 43 minuti per disputare quattro set, di cui uno concluso con il punteggio di 6-0 ed un altro 6-1! Infine, se oltre ad avere molto tempo libero siete anche masochisti, guardate uno scambio tra Higueras e Barazzutti e tutti i vostri residui dubbi svaniranno “come lacrime (le vostre nda) nella pioggia”.
Per ora è tutto. Appuntamento a Madrid. Olé!