Più ombre che luci per il tennis italiano in questa settimana densa di appuntamenti, in campo maschile e femminile: il più importante a Stoccarda, non tanto per il torneo Premier che tradizionalmente si gioca indoor sulla terra rossa della Porsche Arena, ma perchè vi era il tanto discusso – a causa della wild card concessale dagli organizzatori – rientro nel circuito di Maria Sharapova dopo la squalifica per doping scattata nel febbraio dello scorso anno.
Curiosamente, il tennis italiano ne è stato protagonista di riflesso, visto che la russa ha giocato il suo tanto atteso primo turno contro la nostra Roberta Vinci. Sappiamo tutti come sia andata per la tarantina, che, soprattutto nel primo set, ha fatto partita pari con la tennista più celebre al grande pubblico, che poi sarebbe arrivata sino alle semifinali, mostrando di essere già in forma agonistica nonostante il lungo stop. La migliore notizia per Roberta proviene non tanto dalla sufficiente prova offerta contro Maria, ma, piuttosto, dalle sue dichiarazioni arrivate dalla Germania concernenti la diminuzione del quasi cronico dolore al tallone che nell’ultimo paio di anni la sta affliggendo: ha bisogno di stare al meglio per invertire la pessima inerzia di risultati nella quale si trova e che, dopo un buon inizio di stagione (due quarti nei Premier di Brisbane e San Pietroburgo), la vede sconfitta in sei degli ultimi suoi sette incontri (ha vinto solo con la Brengle a Indian Wells).
Per il resto, tra le donne, se Errani sembra in timida ripresa, ma non abbastanza da fare di più che dar filo da torcere alla Mertens, 65 WTA, è stata davvero pessima la figura rimediata da Giorgi nelle quali di Stoccarda, dove ha perso da una giocatrice, la Pfinzenmaier, che da giugno 2015 aveva giocato solo una partita e che, dopo averla battuta, ha perso 6-2 6-1 dalla Rodina, 75 WTA.
Tra gli uomini, prova analoga a quella della Giorgi è purtroppo stata offerta da parte di Fognini: non può perdere partite contro avversari modesti per classifica e tra l’altro non terraioli puri come il russo Kuznetsov. il fatto che Fabio, nonostante un pessimo inizio di partita, avesse avuto la forza di riprendersi e portarsi avanti di un break nel terzo, prima di cedere al tie break, è un ulteriore aggravante per un tennista talentuoso come lui che, se vuole tornare nella top 20, magari aiutandosi con una testa di serie ai prossimi Slam europei, non può sprecare occasioni simili, lasciandosi andare a prove cosi sregolate. Se da Seppi, che a Barcellona ha fatto il minimo indispensabile battendo un ancora più che acerbo Ymer, prima di capitolare forse troppo nettamente contro Carreno Busta, Paolo Lorenzi in Ungheria è stato ancora una volta il più brillante della nostra truppa, facendo come sempre il suo dovere e sconfiggendo avversari peggio classificati nel ranking (Kukushkin, Stakhovsky, Kuznetsov) impresa mai scontata nè facile, prima di capitolare, nella sua seconda semifinale stagionale, davanti ad un Pouille al momento rispetto a lui ancora di un’altra spanna, come mostra la seconda netta sconfitta in poco più di sette giorni.
L’analisi: il cammino di Lorenzi
Passando ad approfondire nel dettaglio quanto fatto dai tennisti italiani in questa sette giorni appena trascorsa, i nostri due migliori giocatori nel ranking ATP, Fabio Fognini e Paolo Lorenzi, hanno deciso entrambi di partecipare alla prima edizione del Gazprom Hungarian Open che, sostituendo in calendario la tradizionale tappa di Bucarest, si disputava a Budapest, in quella che era la prima, storica, volta che l’Ungheria ospitava un evento del circuito ATP. Il toscano, unico giocatore italiano quest’anno a raggiungere una finale (persa a Quito), ha iniziato il suo cammino in un incontro inedito contro Mikhail Kukushkin, 76 ATP: dopo aver vinto primo set in 44 minuti con un unico break nel decimo gioco, nel secondo Paolo si è involato sul 4-0, prima di subire la rimonta del kazako, il quale, dopo aver annullato un match-point nel decimo game, si è arreso poco dopo, concedendo all’azzurro, dopo 1 ora e 44 minuti, con il punteggio di 6-4 7-5 il passaggio al secondo turno.
Qui il nostro giocatore ha incontrato un lucky loser, Sergiy Stakhovsky, contro il quale aveva perso l’unico precdente sull’indoor di Bercy nel 2014: Paolo, grazie ad un tennis percentuale ed alle deficienze in risposta del 31enne tennista d’attacco ucraino, è riuscito a tenere con facilità i turni di servizio (62% di punti vinti con la seconda di servizio), concedendo un solo break, ad inizio del secondo set, costatogli il parziale. Al terzo, Paolo, una volta brekkato Stakhovsky ad inizio del set è stato bravo ad annullare due palle break nel quinto game, prima di chiudere 6-4 3-6 6-3 in 2 0re e 13 minuti .
Nei quarti, dove poteva esserci la settima edizione di un interessante derby tricolore tra lui e Fognini, vi è stata invece la sfida col giustiziere a sorpresa del ligure, il russo Kuznetsov, vincitore su Paolo (che si era ritirato nel secondo set) nel lontano precedente del 2012 nel Challenger di Todi. Nel corso di un incontro molto strano, durante il quale il servizio ha avuto scarsa incidenza nel determinare l’andamento del punteggio, (42% di punti vinti con la seconda per Paolo, addirittura solo il 18 per il russo) Lorenzi ha portato a casa in 50 minuti il primo set nonostante avesse perso il servizio per ben due volte. Nel secondo, il toscano, involatosi sul 4-0, ha chiuso al quarto match point l’incontro, dopo 1 ora e 33 minuti con un duplice 6-4.
In semifinale, il toscano si è arreso a colui che gli aveva già mostrato semaforo rosso al secondo turno di Montecarlo la settimana scorsa e nei quarti di Bucarest esattamente un anno fa, il 23enne francese Lucas Poille. Come accaduto nel torneo del Principato, una partenza lenta è costata al nostro giocatore il primo set:sotto 4-0 al pronti-via, ha ceduto in appena 26 minuti il primo set. Nel secondo, pur confermandosi il canovaccio che voleva il transalpino conservare facilmente i propri turni di battuta (0 palle break concesse, 83% di punti vinti con la prima, 73% con la seconda), Lorenzi è riuscito a fare gara pari sino al 5 pari (nel decimo gioco ha salvato due palle break), prima di dare il via libera al francese, vincitore in 1 ora e 14 minuti col punteggio di 6-2 7-5.
L’analisi: il cammino di Fognini
Passando a Fognini, è davvero una brutta sconfitta quella patita da Fabio nella capitale ungherese, dove, dopo aver beneficiato di una wild-card, era stato accreditato della terza testa di serie del tabellone, che gli aveva fruttato un bye al primo turno: Andrey Kuznetsov, 87 ATP, per svariati motivi, era un avversario piuttosto morbido, sia per il pessimo inizio di stagione del russo, per ben sette volte eliminato al primo turno, sia perché la terra rossa non era la superficie preferita del suo avversario, mai giunto in una finale di un evento ATP, ma nella top 40 lo scorso autunno. Fabio invece, che quest’anno – eccezion fatta per la disfatta a Buenos Aires con un giocatore dalla classifica però falsata dal suo lungo infortunio, Tommy Robredo – non aveva mai perso con un giocatore non compreso nella top 50 (il peggiore era Paire, 47, a Melbourne) si è prodotto in una prestazione davvero mediocre, nonostante la quale avrebbe potuto portare comunque a casa l’incontro. Infatti il taggiasco, dopo una partenza lenta che l’ha visto andare sotto 1-5 e dopo aver ceduto il primo set in 34 minuti, si era trovato ad un passo dal baratro sull’1-3 del secondo: a quel punto, però, è sembrato ritrovare il bandolo della matassa, rimontando e portando la partita al terzo set, dove è pure salito avanti 3-1. A quel punto, purtroppo, si è spenta nuovamente la luce al ligure che si è fatto rimontare e trascinare al tie-break, che per lui è stata la fine della sua avventura ungherese: Kuznetsov ha infatti guadagnato l’accesso ai quarti dopo due ore e cinque minuti di partita, col punteggio di 6-3 3-6 7-6 (4).
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